onlyoldmen Posted March 30, 2016 Share Posted March 30, 2016 nel libro le Realtà Parallele) Prefazio: Ognuno di noi ha un rimpianto nella vita. Può essere una stupidaggine o una cosa seria, ma tant'è. Il mio consiglio? Se vi capita qualcosa di bello, non abbiate paura di seguire il vostro cuore. Quando ho deciso di inviare la mia storia all'autore, non credevo mi liberasse da un macigno che stava per schiacciarmi. Invece, anche grazie agli schiaffi (consigli che mi ha dato anche in privato) che il pierpo mi ha dato, sto quasi credendo che ci sia una piccolissima speranza, uno spiraglio anche per me. La voglio condividere con voi, sperando possa essere di aiuto a qualcuno (soprattutto giovani). Rimpianti... Ciao Pierpo, mi chiamo Mario come il protagonista della tua storia. E anche io, dopo anni, ho scelto il mio lato omo, decidendo che il rapporto con il mio stesso sesso era ciò che volevo. Non ti farò perdere molto tempo. La farò breve ma, dopo aver letto i tuoi libri, sento il bisogno di sfogarmi, scusami in anticipo. Ho scoperto che mi piacevano gli uomini a tredici anni. Ho sempre cercato avventure, senza mai iniziare relazioni serie. Ho sempre frequentato posti di ritrovo e scopato con uomini diversi. Tutto ha avuto inizio alle superiori. Al secondo anno, per un errore fatto dalla segreteria l’anno prima, fui costretto a cambiare sezione e plesso scolastico, all’epoca la mia scuola aveva due sedi. Quando prima che iniziasse l’anno, fui chiamato dal segretario, all’ingresso m’imbattei in un professore. Quando lo vidi fu colpo di fulmine e pregai il Signore che fosse uno dei miei nuovi docenti. Dio mi ascoltò, ma non fu come avevo sperato. Effettivamente divenne un mio professore e quasi subito me ne innamorai. Un amore platonico che non sono mai riuscito a confessargli, se non in quarta… e fui respinto! Dopo la scuola, non sto a raccontarti gli anni di sofferenza che ho vissuto, ci potresti fare un’altra serie di libri… decisi di chiudere definitivamente quel doloroso capitolo della mia vita. Di punto in bianco, da un giorno all’altro. Sono sempre stato così. Questo credo sia alla base del mio successivo rifiuto a instaurare una relazione duratura. A distanza di trent’anni, ne sono ancora innamorato. Tanti uomini, sempre diversi. Ho iniziato da attivo per poi cambiare totalmente intorno ai ventisette anni. Oltre che andare nei posti di battuage, ho sempre inserito annunci in internet e nei giornali di annunci locali e nazionali. Non ho mai avuto problemi a scoparmi gli uomini che mi piacevano, dicono sia un bel ragazzo, allora... uomo adesso. E non ho mai temuto la concorrenza. Quella che ti voglio raccontare è una storia che mi ha segnato profondamente. Una rapida premessa. La maggioranza delle persone che mettono annunci sulle riviste, non è che sia bellissima e, quando trova un bel ragazzo, si “azzeccano” e, avendo avuto già diverse fregature da gente che si descriveva in un modo e poi di persona... beh lasciamo perdere, stabilivo io dove, quando e come vederci. In pratica, dovevano venire loro da me! Un giorno mi arrivò una chiamata in risposta ad un vecchio annuncio su una rivista locale. Una bella voce maschia si descrisse e mi chiese di raggiungerlo a Pompei, dove mi avrebbe portato in albergo. Non so perché, ma qualcosa mi spinse ad accettare di andare io da lui. Quando lo vidi ne rimasi colpito. Alto, fisico tonico, capelli brizzolati e un viso decisamente intrigante. Mi portò in questo complesso e non ebbe nessun disagio a chiedere un bungalow. Lo conoscevano bene. Fu un’esperienza che raramente mi era capitata! Appassionato, focoso, baciava, leccava, annusava… era dotato, resistente e seppe farmi godere anche senza toccarmi. Mi chiese se mi andava di vederci quando lui era in zona. Accettai senza pensarci. Attilio, originario della provincia di Avellino, ma trasferitosi a Torino da quando aveva vent’anni. Sposato, due figlie... segretaria amante e un’azienda internazionale che rendeva più che bene. Iniziammo a frequentarci e lui veniva due volte al mese, a volte tre. Dopo qualche settimana, al posto di andare in squallidi alberghi, stare in apprensione e non avere tutte le comodità, lo portai a casa. Si era stabilito da me, aveva le chiavi, la sua parte di armadio, i suoi cassetti e le sue cose in bagno. E dopo i primi mesi da solo attivo, iniziò a soddisfare anche me, facendo cose che, a sua detta, non avrebbe mai immaginato di riuscire a fare. Ma ancora non la vivevo come una vera relazione, data la distanza. Lui a Torino aveva moglie e amante, io qui continuavo a incontrare altri uomini. Anche se non ho più portato nessuno a casa mia. La cosa è andata avanti per sei anni! E si era instaurato qualcosa più di un semplice rapporto sessuale. Mi aveva anche proposto di andare a Torino e lavorare per lui, solo che all’epoca non riuscii a staccarmi dalle mie radici. Titti mi presentò alla sorella e ai parenti che vivono ad Avellino. Andavo da loro a mangiare e alle feste di famiglia. Lui veniva a pranzo dai miei. Sapevano che dormiva da me, e che eravamo soci in un’attività che avevo online. Addirittura conobbi le figlie e la moglie quando la maggiore fu vittima di un brutto incidente d’auto e andai per qualche giorno a dargli sostegno. Parlammo del nostro rapporto e ci trovammo d’accordo che la nostra fosse una semplice storia di sesso, anche se ognuno di noi mentiva. Ci stavamo affezionando l’uno all’altro. Dopo circa sei anni, venne da me con una proposta. Aveva intenzione di rilevare un’importante società con sede a Hong Kong, e vi doveva rimanere per almeno un anno e mezzo. La proposta consisteva nel seguirlo. Non la moglie... non l’amante... io! Capirai la gioia di una simile proposta. Ed ero pronto a lasciarmi tutto alle spalle. Il lavoro non andava bene e avevo voglia di mettermi alla prova, di ricominciare, quindi accettai entusiasta. Mentre io sistemavo le ultime cose qui, lui si era trasferito in Asia. Un mese dopo la sua partenza, all’alba dei trentaquattro anni, fui vittima di un brutto incidente di moto. Dopo anni, ero riuscito a comprare uno scooterone e quando potevo, andavo in giro, di solito ad Agropoli. Il sorpasso azzardato di un coglione, mi ha ridotto quasi in fin di vita. Mi ha preso frontalmente, provocandomi varie fratture, fra cui una lesione alla spina dorsale e uno stato comatoso durato venti giorni. Con molta fatica sono riuscito a riprendermi. Mentre ero in coma sentivo i dottori che dicevano ai miei che se mi fossi svegliato, non avrei camminato più e io per darmi forza, pensavo: ho ancora tante cose da fare. Devo raggiungere Titti… devo… Quando lo seppe, si precipitò al mio capezzale. Mi stette vicino, tralasciando i suoi impegni, per un mese intero. A dispetto di ciò che pensavano i dottori, ben presto mi rimisi in piedi e ricominciai a camminare. Purtroppo la lunga convalescenza mi aveva fatto perdere parecchio tono muscolare che non riuscivo a riprendere. Titti mi portò da tutti i migliori specialisti, addirittura in America, ma nessuno è riuscito mai a capire cos’avessi. Clinicamente ero guarito, ma non mi riprendevo. Intanto la sua avventura in Asia terminò nel peggiore dei modi. In sua assenza gli fecero le scarpe e perse vari milioni. Ma non ne risentì e soprattutto, non ne diede colpa a me. Tornato in Italia, per circa un anno abbiamo continuato a vederci, anche se meno frequentemente. Doveva dedicarsi al lavoro per riprendersi dalla ingente perdita. Dopo l’ultima visita in America, i risultati furono devastanti. Io peggioravo sempre più e mi dissero che a quel ritmo, in massimo un anno, sarei stato costretto in sedia a rotelle. Notai in lui un cambiamento. Quando veniva, lo vedevo sempre più triste. A letto non sentivo più la stessa passione che, in sei anni, non era mai calata d’intensità, anzi. Doveva aiutarmi a salire a casa mia, per queste difficoltà mi ero trasferito dai miei dove c’era l’ascensore, aiutarmi nei semplici gesti di vita quotidiana. Non riuscivo più ad andare a mare, a passeggio, al ristorante… la mia situazione invece che migliorare, peggiorava e vedevo che ne soffriva. Il culmine fu una sera a letto. Non riuscì a eccitarsi, mentre prima dell’incidente, la media era almeno due a notte. Addirittura a volte, quando lo andavo a prendere all’aeroporto, ci dovevamo fermare perché appena mi vedeva… Capii il quel momento, che avrei dovuto lasciarlo andare. Gli parlai, piangemmo, tentò di convincermi, ma da quel giorno non ci vedemmo più come prima, ma solo nelle feste comandate. Prima ci sentivamo ogni giorno, da allora le telefonate si fecero sempre più rade. Alla fine decisi di troncare del tutto… definitivamente. E non ci siamo sentiti, né visti più, fino a Natale di due anni fa. Io ho continuato la mia vita di tutti i giorni, adattandomi ai cambiamenti, anche se a fatica. Ho continuato a frequentare gli ambienti e fare sesso mordi e fuggi, ovviamente senza dire all’occasionale partner dei miei problemi. Quando si accorgevano delle mie difficoltà adducevo un mal di schiena, piuttosto che un ginocchio rotto… Due Natali fa, mi arrivò una sua telefonata. Quando sentii la sua voce mi venne un groppo alla gola, balbettai, iniziai senza accorgermene a piangere. «Ciao Silvestro, come stai?» iniziai a singhiozzare. Mi aveva iniziato a chiamare così, da quando io lo chiamavo Titti. Perché diceva, proprio come nel cartoon, che tentavo sempre di accalappiarlo, ma lui riusciva sempre ad avere la meglio! «B… bene. E tu?» «Non c’è male. Sono triste. E mi è venuta voglia di sentirti. Dove sei?» «Sono appena stato al bar. Aspetta un attimo, entro in macchina.» «Se disturbo ti chiamo dopo…» «No, il tempo che si inserisce il vivavoce. Mi sposto che c’è una macchina che deve parcheggiare.» «Ma… guidi tu?» «Certo. Io mica ho un autista!» Capii subito a cosa si riferisse. E fui cattivo, ma volli togliermi un sassolino dalla scarpa. «Vedi che io ancora cammino, guido, esco… scopo!» Fu lui questa volta a piangere. Aveva accusato il colpo! «Ho bisogno di vederti. Puoi più tardi? Ci possiamo vedere sotto casa tua?» «Salvo imprevisti, fra un’ora mi libero. Sei da tua sorella?» «Sì. Ci vediamo sotto casa?» «Forse è meglio da qualche altra parte. Non vado a casa mia da mesi.» Lo aspettai a Paestum. Quando ci vedemmo, non riuscimmo a non piangere. Eravamo molto imbarazzati, come se fossimo due estranei al primo appuntamento e ci eccitammo entrambi. Cazzo! Era ancora più bello di quanto ricordassi. Dopo i convenevoli… «Ti trovo bene. Perdonami. Ho commesso una cattiveria enorme nei tuoi confronti. Me ne sono pentito ogni giorno.» Io feci più il distaccato, ma soffrivo. «Titti, non fare così. Non l’hai fatto volontariamente e non sei di certo una persona cattiva. Anzi.» «Mi piacerebbe...» «No Titti! Le nostre strade si sono divise, per sempre. È stato difficile in quel particolare momento metabolizzare, ma non tornerei indietro, neanche se guarissi da un momento all’altro. E preferisco anche non rimanere amici. Non dopo quello che abbiamo condiviso.» «Credo che non riuscirò mai a comprendere quanto ti ho fatto soffrire. Però anch’io ho sofferto. E in questi anni non sono venuto e non mi sono fatto sentire, per ricordarti come quando ti ho conosciuto.» «Ora però devi andare, per favore…» Prima di andarsene, volle un ultimo bacio. Ci dicemmo addio e non ci siamo più visti. Mi mancano tantissimo i momenti che passavamo insieme. Spesso rivivo in sogno di quando veniva. Arrivava il venerdì sera, lo andavo a prendere all’aeroporto di Napoli. Per strada ci fermavamo a prendere due pizze. Arrivati a casa, le mettevamo nel forno… doccia e subito a letto a fare l’amore. Dopo un paio d’ore, mangiavamo, ci mettevamo sul divano e guardavamo la televisione, poi a letto, di nuovo! Il sabato mattina, dopo essere andati a fare colazione, passeggiata sul lungomare di Salerno o sul corso. Poi lui andava a pranzo dalla sorella ad Avellino. Quando nel pomeriggio, tornava a casa, com’era bello vederlo leggere il giornale sulla poltrona, chiacchierare di ciò che avevamo fatto durante la settimana, scambiarci consigli sulle nostre attività. La sera, cena al ristorante e di nuovo a letto! La domenica mattina, mi trascinava prestissimo a fare jogging, colazione al solito bar, e si pranzava a casa dei miei. Il pomeriggio, si… “riposava” a letto, e poi lo riaccompagnavo all’aeroporto. A parte le mie condizioni, di sicuro non rivivrò mai più simili sentimenti. E questa la condanna che mi è stata “disposta”... per non aver mai fatto del male a nessuno e per aver aiutato sempre chi stava peggio di me! A Pasqua mi arrivò un suo videomessaggio che mi ha letteralmente distrutto a livello morale: «Non ti ho mai confessato una cosa. Avevo un nipote affetto da una malattia genetica degenerativa, la distrofia di Duchenne. Gli volevo un bene dell’anima, era più di un figlio per me. Vederlo giorno dopo giorno peggiorare, divenire praticamente un vegetale e infine morire a soli diciannove anni, è stato per me devastante. Ho avuto paura. Non avrei sopportato di rivivere una situazione del genere. Ti volevo solo dire che mi resta poco da vivere, e forse… è stato meglio così. Perdonami e non odiarmi.» Rimasi sconvolto da quell’ultima frase. Perché non mi aveva detto nulla? Lo avessi saputo, non lo avrei quasi odiato. Forse avrei trovato il coraggio per lottare, amarlo e stargli vicino nei suoi ultimi momenti. Dopo una settimana decisi di raggiungerlo. Organizzai tutto. Mi feci accompagnare da un ragazzo che mi assisteva e corsi a Torino. Sono rimasto da lui per più di un mese, e l’ho accompagnato nei suoi ultimi momenti. Avermi al suo fianco, ha fatto sì che se ne andasse, con la consapevolezza che non lo odiavo... serenamente. Permettimi di rivolgergli un ultimo pensiero: “Ciao amore mio. Probabilmente abbiamo sbagliato entrambi. Io mi pentirò tutta la vita per essere stato così categorico nei tuoi confronti. Per non aver capito che quando venisti a Natale, volevi dirmi tutto e non te lo permisi con l’atteggiamento che tenni. TU devi perdonare me! Quando ti raggiungerò… mi darai un’altra possibilità?” Vi allego anche uno dei famosi "schiaffi" che l'autore/amico mi ha dato: Anche questa estremamente toccante, e non ho problemi a confessare di essere rimasto profondamente turbato dal finale. Questa storia ci insegna che non sempre c’è il lieto fine. A volte il destino ci fa incontrare l’anima gemella e noi non sappiamo cogliere l’occasione. Immedesimandomi mi sono chiesto… fossi stato al suo posto, avrei avuto la stessa forza di Mario? Sì, perché anche per compiere una simile scelta, bisogna essere forti di carattere, al contrario di ciò che pensa lui di se stesso. Poi mi sono arrabbiato per la facilità con la quale ha rinunciato a essere felice. Perché chi più di me può comprendere lo stato d’animo di Mario? Un giorno ti senti un Dio, sei forte, fai tutto ciò che ti pare, corri, salti, ami... l’altro, ti dicono che non riuscirai più a tornare quello di una volta. Devastante! Ma si deve riuscire a superare - anche se non ci si riuscirà mai totalmente - ed escogitare nuove soluzioni. Trovare nuovi stimoli. Ingoiare un po’ di amor proprio. Fidarsi del proprio istinto e del prossimo. La cosa più brutta, in questa testimonianza, è stato quando ha scritto di essere stato cattivo con Attilio. Di essersi voluto togliere un sassolino dalla scarpa! Ecco il risultato. Ha perso la possibilità di farsi forza a vicenda. E questi ultimi anni, di rancore prima e di rimpianti poi... sono letteralmente stati buttati! Sicuramente Mario M che caratterialmente è simile, sarebbe riuscito a tonare sui suoi passi! P.S. Prima di inserirlo, anche se non ce n'era bisogno visto che sono il protagonista, ho chiesto all'autore di poterlo pubblicare. Ovviamente ne è stato felice. Grazie Pierpo! Link to comment https://www.gay-forum.it/topic/32596-rimpianti-la-mia-storia-pubblicata/ Share on other sites More sharing options...
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