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Referendum sulla Riforma Costituzionale 2016


  

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  1. 1. Come voterai al referendum sulla riforma costituzionale?

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questo è vero, ma introdurre questo senato a nomina indiretta fornisce maggiore flessibilità di intervento, potendosi eventualmente modificare solo le modalità di elezione dei senatori lasciando inalterata la legge elettorale alla Camera

gli scenari che si aprono sono interessanti e inesplorati, e certo non possiamo esplorarli qui perché le regole del gioco sono sufficientemente intricate... ma nulla esclude che una forza politica, che in futuro prenda la maggioranza assoluta alla camera (mettiamo i 5Stelle) e che non controlli il nuovo Senato perché non sia radicata territorialmente, possa approvare una legge che modifichi le modalità elettive del Senato stesso, in modo tale da ritagliarsi una posizione di forza nell'elezione di un futuro presidente della repubblica

per questo continuo a sostenere che se introduci un Senato di garanzia su base regionale ed elezione indiretta, dovresti scrivere nella riforma stessa, ovvero in Costituzione, le modalità elettive di questo Senato, così come fatto ad esempio per i Giudici Costituzionali o per il Presidente della Repubblica

 

 

Veramente anche oggi le leggi elettorali di Camera e Senato sono diverse, oggi abbiamo L'Italicum alla Camera e il Consultellum al Senato.

Anche il Porcellum era diverso per Camera e Senato, aveva un diverso meccanismo di sbarramenti (2/4% alla Camera e 3/8% al Senato) e aveva un diverso meccanismo per il premio di maggioranza (nazionale alla Camera e 20 premi regionali al Senato).

 

Poi già oggi senza cambiare costituzione e cambiando solo la legge elettorale estendendo l'Italicum a Camera e Senato chi vince le elezioni potrebbe nominarsi il Presidente della Repubblica.

 

Inoltre il M5S non potrebbe cambiare la legge elettorale del Senato senza maggioranza al Senato perchè sulla legge elettorale del Senato rimane il meccanismo del bicameralismo perfetto, quindi non potrebbe cambiarsi a piacimento la legge elettorale perchè servirebbe il voto favorevole anche del Senato.

 

Senza contare che abbiamo una Corte Costituzionale che vigila sugli equilibri costituzionali e potrebbe dichiarare incostituzionale una legge elettorale che andasse a rompere tali equilibri.

In più con la nuova riforma costituzionale la Corte acquisisce il potere di vigilanza preventiva sulle leggi elettorali.

Edited by Sbuffo
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per questo continuo a sostenere che se introduci un Senato di garanzia su base regionale ed elezione indiretta, dovresti scrivere nella riforma stessa, ovvero in Costituzione, le modalità elettive di questo Senato

 

@Conrad65

 

Quel che dici tu può essere anche giusto ma il problema è più grave

nel senso che in realtà come ben sai neanche sono riusciti a mettersi

d'accordo sul fatto che questa fosse una elezione indiretta

 

In senso proprio una elezione indiretta prevederebbe dei Grandi elettori

questo accade alle presidenziali americane, o nel Senato Francese dove

vengono eletti 150.000 grandi elettori che poi eleggono i Senatori

 

Ma non è previsto dalla riforma italiana in cui non esistono dei grandi elettori

 

Quindi il meccanismo di elezione del Senato italiano non è vero che sia indiretto

 

I Senatori sono designati dai Consigli Regionali, più o meno come capita in Austria

solo che in Austria non esiste una formulazione così stringente come quella prevista

dal nostro Art 1 per cui per evitare contestazioni di costituzionalità si è introdotta la

"indicazione" ( in conformità a ) degli elettori per i consiglieri regionali ( ma non per i

Sindaci!! )

 

Insomma è un pastrocchio senza precedenti nella storia del diritto costituzionale

Figuriamoci se potevano mettersi d'accordo sul dettaglio del metodo elettorale

se già è incomprensibile il metodo in sé

Appunto non ha senso portare il numero di leggi se poi in quel numero non si distingue tra quelle che sono leggi di conversione e leggi su cui è stata posta la fiducia, perchè ovviamente quelle saranno approvate più velocemente ma limitano la libertà del parlamento e la possibilità di discussione.

Avevo già inserito le percentuali in un precedente post, comunque eccoti accontentato con un grafico:

2imal94.png

 

Per essere chiari, la tesi è che non c'è un ping-pong infinito tra le camere delle leggi, tant'è che, come già detto, nella XVI legislatura l'80% delle leggi sono state approvate in 100-150 giorni, e quelle leggi che hanno richiesto tempi lunghissimi non hanno rimbalzato all'infinito tra una camera e l'altra, ma hanno richiesto tempi lunghissimi di lettura in ogni camera. Non ho inserito i dati sull'uso della fiducia nel grafico, ma è stata posta sul 12% circa delle leggi, quindi una percentuale troppo bassa per giustificare la mancanza di un uso più intensivo delle "navette" parlamentari.

 

 

Anche io ho riportato i dati e i numeri, vanno solo bene quelli che porti tu? se lo fai tu è argomentare, se lo faccio io sono slogan. :asd:

Eh, no, caro Sbuffo, perché nel mio post, nelle frasi che non hai citato, ho riportato gli stessi numeri dati da te e ho anche indicato quanti voti in più servirebbero alla maggioranza rispetto a quelli garantiti dall'Italicum. Ma la mia tesi non era "la maggioranza può fare tutte queste cose da sola", ma, come scritto all'inizio del mio post, "le opposizioni in questioni in cui dovrebbero essere di garanzia escono indebolite", perché il loro peso diventa minore. Ma ne approfitterò per proporvi qualche altro bellissimo grafico, per far capire meglio la questione.

 

Sbaglio o, dopo che avevi pubblicato i tempi medi di approvazione delle leggi, ti ho fatto notare che in statistica la media aritmetica è poco significativa perché facilmente alterata da pochi valori anomali e non hai risposto?

Edited by paperino

 

 

"le opposizioni in questioni in cui dovrebbero essere di garanzia escono indebolite"
Una tragedia insomma.

 

in statistica la media aritmetica è poco significativa perché facilmente alterata da pochi valori anomali
Momento. Non entro nel caso particolare perché penso di aver già chiarito abbastanza quello che penso a riguardo del processo legislativo italiano, però non posso sentirmi dire che la "la media in statistica è poco significativa".

Può essere che in certi casi la media sia un po' falsata per via di qualche outlier, ma resta sempre e comunque la singola misura più importante di tutta la scienza statistica. Ovviamente va affiancata da misure di dispersione, e in certi rari casi valori particolarmente anomali possono spostare la media in maniera significativa (ma chi lo decide quali sono quelli "anomali" che non andrebbero presi in considerazione e quali quelli "normali ma molto grandi/piccoli"?), ma resta senza dubbio la misura più importante di tutte. Poi certo, c'è anche la mediana, volendo, che è molto meno sensibile agli outlier; ma il significato della mediana non è lo stesso della media, non è il "valore atteso". 

Chiusa parentesi.

Avevo già inserito le percentuali in un precedente post, comunque eccoti accontentato con un grafico:

2imal94.png

 

Per essere chiari, la tesi è che non c'è un ping-pong infinito tra le camere delle leggi, tant'è che, come già detto, nella XVI legislatura l'80% delle leggi sono state approvate in 100-150 giorni, e quelle leggi che hanno richiesto tempi lunghissimi non hanno rimbalzato all'infinito tra una camera e l'altra, ma hanno richiesto tempi lunghissimi di lettura in ogni camera. Non ho inserito i dati sull'uso della fiducia nel grafico, ma è stata posta sul 12% circa delle leggi, quindi una percentuale troppo bassa per giustificare la mancanza di un uso più intensivo delle "navette" parlamentari.

 

Da quel grafico emerge prima cosa un uso enorme dei decreti legge, che dovrebbe invece essere un utilizzo marginale, poi delle altre leggi quel grafico non indica quelle approvate con fiducia.

Perchè torno a ripetere che se tu approvi leggi velocemente ma poi fai un largo uso di decreti legge e fiducia, vuol dire che tu stai snaturando l'utilizzo di questi strumenti per superare la lentezza dell'iter parlamentare.

Strumenti per altro che limitano la possibilità di discussione parlamentare.

 

Con il nuovo iter più veloce non sarebbe necessario utilizzare tali strumenti.

 

Avremo un iter per sua natura più veloce, un iter in cui:

-il passaggio al senato non sarà più insensatamente obbligatorio, ma ci sarà solo se il senato avrà delle proposte di modifica.

-il passaggio al senato nel caso ci fosse avrà tempi certi di massimo 30 giorni.

-la camera avrà l'ultima parola senza più la possibilità che la legge ritorni al senato.

 

Così facendo non sarà più necessario usare decreti legge e fiducia.

 

Eh, no, caro Sbuffo, perché nel mio post, nelle frasi che non hai citato, ho riportato gli stessi numeri dati da te e ho anche indicato quanti voti in più servirebbero alla maggioranza rispetto a quelli garantiti dall'Italicum. Ma la mia tesi non era "la maggioranza può fare tutte queste cose da sola", ma, come scritto all'inizio del mio post, "le opposizioni in questioni in cui dovrebbero essere di garanzia escono indebolite", perché il loro peso diventa minore. Ma ne approfitterò per proporvi qualche altro bellissimo grafico, per far capire meglio la questione.

 

Sbaglio o, dopo che avevi pubblicato i tempi medi di approvazione delle leggi, ti ho fatto notare che in statistica la media aritmetica è poco significativa perché facilmente alterata da pochi valori anomali e non hai risposto?

 

Alle opposizioni è solo richiesto di andare a votare in aula, ma possono ugualmente impedire l'elezioni del presidente, non mi sembra una limitazione della minoranza star fuori dall'aula o entrare e votare.

Per i numeri non diminuisce perchè è vero che la platea degli elettori passa da 108 a 730 ma è anche vero che la maggioranza richiesta sale dalla maggioranza assoluta ai 3/5 dei votanti.

Se si andasse a votare oggi con costituzione vigente e con il sistema elettorale vigente (italiacum+consultellum) dal 7 scrutinio servirebbe la maggioranza assoluta quindi 505 seggi su 1008, il Pd se vincesse ne avrebbe 340 alla camera (con il premio di maggioranza)+ almeno 1/3 dei senatori quindi sui 105 senatori (perchè il Pd dai sondaggi sta sul 30/33% con un proporzionale con sbarramento all'8% per i partiti non coalizzati presumibilmente prenderebbe un numero di seggi di quel genere)+29 delegati regionali=474, quindi ad arrivare a 505 un distacco di 31 seggi.

Se si andasse a votare con la nuova costituzione e con il nuovo sistema elettorale (italicum+legge elettorale transitoria per il nuovo senato) dal 7 scrutinio la maggioranza dei 3/5 quindi 438, la maggioranza avrebbe 340 (del premio di maggioranza) + 55 senatori=395, quindi ad arrivare a 438 un distacco di 43 seggi.

 

Quindi la maggioranza continuerebbe a non potersi eleggere il presidente, per altro probabilmente il distacco di seggi necessari per la maggioranza aumenterebbe anche.

Senza contare che se venisse cambiata la legge elettorale estendendo l'italicum anche al Senato (o anche una qualsiasi legge elettorale con un effetto leggermente più maggioritario al Senato) allora la maggioranza riuscirebbe senza difficoltà ad eleggersi il presidente in modo ancora più facile con l'attuale assetto costituzionale.

 

Ma cmq la tua frase era ben chiara, la puoi mettere in tutti i contesti che vuoi ma rimane falsa.

 

 Contando che al Senato il partito che ha la maggioranza alla camera potrebbe avere la metà dei senatori, ciò significa che la maggioranza potrebbe essere in condizione di "eleggersi" il presidente della Repubblica.

 

Questo è molto semplicemente falso e ho spiegato perchè.

Edited by Sbuffo

 

 

-il passaggio al senato non sarà più insensatamente obbligatorio, ma ci sarà solo se il senato avrà delle proposte di modifica.

 

Questo comunque potevano evitarlo, se non altro perché contraddittorio rispetto al proposito di sopprimere il bicameralismo eccettuate alcune materie.

D'altronde è sempre il solito modo di fare le leggi in Italia:

si tenta di accontentare tutti edulcorandole ed in verità non si accontenta nessuno, ma si rischia di vanificare l'effetto voluto.

Ma secondo me invece ha senso, perchè il Senato essendo formato da consiglieri regionali ti fornisce una prospettiva di lettura diversa, può essere che alcuni aspetti dall'ottica del legislatore nazionale non siano stati considerati, mentre un consigliere regionale o sindaco (essendo più attento a determinate questioni che lo toccano più da vicino) può fornire la sua proposta di modifica utile al miglioramento del testo.

Poi è stato previsto anche un quorum considerevole, visto che devono farne richiesta almeno 1/3 dei senatori.

Prima il passaggio di approvazione al Senato era obbligatorio ora invece almeno diventa facoltativo, solo se c'è davvero una richiesta di modifica.

Inoltre cmq il passaggio al Senato dovrà avere tempi certi, massimo 30 giorni, non come può accadere oggi che un testo arriva al Senato e poi da lì non si smuove più.

Edited by Sbuffo

 

 

Ma secondo me invece ha senso, perchè il Senato essendo formato da consiglieri regionali ti fornisce una prospettiva di lettura diversa, può essere che alcuni aspetti dall'ottica del legislatore nazionale non siano stati considerati, mentre un consigliere regionale o sindaco (essendo più attento a determinate questioni che lo toccano più da vicino) può fornire la sua proposta di modifica utile al miglioramento del testo.

 

Mi pare improbabile che le prospettive di letture diverse risiedano tutte e solo in un centinaio di persone, che neppure saranno necessariamente la crema della cultura giuridica italiana.

Certamente potranno essere portatori d'interessi locali, ma questi credo siano noti e difesi anche dai deputati.

Quindi alla fine sarà probabilmente un inutile impedimento moratorio.

 

 

 

 

Poi è stato previsto anche un quorum considerevole, visto che devono farne richiesta almeno 1/3 dei senatori.

 

Meglio che un solo senatore....

 

 

 

 

Prima il passaggio di approvazione al Senato era obbligatorio ora invece almeno diventa facoltativo, solo se c'è davvero una richiesta di modifica
.

 

Certamente non sarà più come ora.

 

 

 

 

Inoltre cmq il passaggio al Senato dovrà avere tempi certi, massimo 30 giorni, non come può accadere oggi che un testo arriva al Senato e poi da lì non si smuove più.

 

Su questo però mi rimane qualche dubbio:

mi domando se poi, in forza di qualche regolamento dell'assemblea, non si prepari qualche cavillo per la forzatura del termine.

Noi Italiani siamo bravissimi in questo.

Staremo a vedere.

 

 

Perchè torno a ripetere che se tu approvi leggi velocemente ma poi fai un largo uso di decreti legge e fiducia, vuol dire che tu stai snaturando l'utilizzo di questi strumenti per superare la lentezza dell'iter parlamentare. Strumenti per altro che limitano la possibilità di discussione parlamentare.

 

Ti sto amando.

Cioè, è chiaro che se uno si lamenta molto dell'uso della fiducia, come fa quasi continuamente il "popolo della sinistra", evidentemente ritiene che la discussione parlamentare sia importante e non vada bypassata con la fiducia.

Ma la ragione per cui viene bypassata non è che Renzi è brutto e cattivo, o che Berlusconi era brutto e cattivo; è che l'unico modo per approvare alcune leggi in maniera efficiente, o per approvarle punto, è ricorrere a quegli strumenti lì che impediscono la discussione parlamentare. 

Quei provvedimenti che si possono mandare avanti solo a colpi di fiducia sono evidentemente quelli più divisivi, ma il fatto che un provvedimento sia divisivo sta a significare in maggior misura la sua importanza. Sulle sciocchezze ci fa presto a metter tutti d'accordo, sulle cose serie hai due scelte: o affronti una discussione infinita che potrebbe trasformare ogni legge in un pastrocchio (canguri, canguretti...), oppure usi la fiducia, blindi il testo e fai il gesto dell'ombrello a tutti. 

 

Gli eccessi degenerano sempre nei propri opposti, specialmente in politica. Il desiderio di favorire la discussione sempre e comunque, indipendentemente da qualunque considerazione sulla virtuosità e proficuità della discussione stessa e da qualsiasi considerazione di efficienza, finisce col far sì che lo scopo originario sia tradito e le discussioni virtuose non si facciano mai.

Oggi (e dico oggi, non dopo la riforma di Renzi) il governo ha un peso semplicemente mostruoso sull'attività legislativa; perché ciò accade? Perché se non interviene il governo l'unica cosa che il parlamento sa fare e votare leggi sull'allevamento dei ragni domestici. 

Il Partito socialista europeo (Pse) ha approvato all’unanimità un documento a sostegno degli “sforzi di modernizzare l’architettura istituzionale italiana” e quindi delle riforme costituzionali sulle quali voteremo al referendum del 4 dicembre. Il Pse, partito di riferimento del Pd in Europa, sottolinea, nella dichiarazione sottoscritta da tutti i partiti e le organizzazioni che ne fanno parte, l’importanza di questo passaggio storico per il nostro Paese: “Noi crediamo che i cambiamenti introdotti produrranno maggiore stabilità politica in Italia e quindi risolveranno quello che è stato considerato per anni un problema sistemico. Ci aspettiamo che con la nuova riformata Costituzione l’Italia ottenga una maggiore efficienza nel processo legislativo e giochi un ruolo guida crescente all’interno dell’Unione europea”. “Tutte le forze progressiste nel paese – continua il testo – dovrebbero contribuire a questo processo che farà la storia, mostrando la capacità del sistema politico democratico di riformare sé stesso e portare soluzioni innovative di cui l’intera società beneficerà”.


 


Leggiamo sull’Ansa: “E’ significativo che proprio oggi, anniversario della fondazione del Pd, il Pse dichiari all’unanimità il sostegno alla campagna per il sì”, ha detto il vicesegretario generale del Pse, Giacomo Filibeck, sottolineando il sostegno “convinto” di tutti i membri della famiglia socialista. Uno degli aspetti più significativi, ha spiegato, è che “su iniziativa del Pd il sistema politico italiano sia stato in grado di autoriformarsi a beneficio dell’innovazione delle istituzioni democratiche, una novità non solo per l’Italia ma per l’Europa stessa”.


Edited by Rotwang

Ti sto amando.

 

Lovviamoci fluffle.gif

 

Intanto la sparata dell'onorevole Barbara Lezzi del M5S la quale sostiene che si potrebbe fare un decreto domani mattina per ridurre il numero dei parlamentari del 50%...un decreto per cambiare una norma costituzionale...cosa tocca sentire...

http://www.unita.tv/focus/barbara-lezzi-m5s-riforma-referedum-decreto/

 

Dal comitato per il no un misto tra incompetenza e falsità.

Corriere della Sera

 

«Non è che la democrazia sarebbe sospesa se l’elezione dei nuovi senatori fosse indiretta. Detto questo, Matteo Renzi ha fatto una grande apertura alla minoranza sull’elezione diretta. Quindi dico che, per il bene del Paese, ci sono le condizioni per trovare un accordo». Graziano Delrio, ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, è preoccupato.

 

Perché? 

«Fa tremare i polsi l’idea che non troviamo un’intesa. Vorrei trasmettere agli amici della minoranza del Pd il grido che arriva dai territori. Bisogna abbassare i toni, anche nella maggioranza, e trovare un’intesa. Perché se non si trova, un No al referendum può mettere a rischio l’unità del partito».

 

Facciamo un passo indietro. Antonio Polito si chiedeva sul Corriere come verranno scelti i nuovi senatori. Mancano poche settimane al voto, ma ancora non si sa. 

«Partiamo da un dato: avere una Camera delle autonomie è un passo avanti enorme. Fa partire un federalismo ordinato, che elimina i contenziosi infiniti che si sono creati negli ultimi anni. È un’operazione culturale, nel segno di autonomisti come Einaudi, Sturzo e Cattaneo. E una semplificazione».

 

E i senatori?

«L’elezione indiretta dei nuovi senatori non sarebbe uno scandalo. Basti guardare al Senato francese e quello tedesco. Ma siamo pronti a lavorare, come ha detto il premier, sulla proposta della minoranza Chiti-Fornaro. Che prevede due schede: una per l’elezione dei consiglieri regionali, una per i senatori».

 

Lei quale preferisce?

«Io preferisco il Senato delle autonomie. Non cambia molto con i due sistemi, mi interessano di più le funzioni».

 

Ma la legge elettorale arriverà dopo il referendum. E chi garantisce che la Chiti-Fornaro venga approvata? C’è anche da trovare una maggioranza.

«Sì, è una questione che va considerata. Ma molti nella minoranza sono per questa opzione. E comunque si può fare un accordo con un ordine del giorno vincolante in Parlamento, prima del referendum. Per me la politica non è fatta di ricatti e minacce, ma di strette di mano».

 

L’elezione diretta avvantaggerebbe il Pd, grazie al premio di maggioranza. Mentre con l’elezione indiretta si userebbe il metodo proporzionale.

«Nessuno ha mai avuto la pretesa di trasferire l’egemonia del Pd nel Senato. E comunque l’apertura di Renzi dimostra a maggior ragione che noi badiamo alla sostanza».

 

L’elezione sarebbe con metodo proporzionale, ma in dieci Regioni gli eletti sarebbero solo due. Come si fa?

«Sì, c’è da lavorare sulla legge. Ma del resto le leggi elettorali hanno sempre pro e contro e non sono mai la soluzione dei problemi».

 

I sostenitori del No dicono che è una riforma fortemente centralista, che riduce drasticamente i poteri delle Regioni.

«Non è vero. Siamo nel filone dell’autonomia. Le Regioni continuano ad avere competenze molto forti: sarà solo un autonomismo più ordinato, senza i conflitti che ci sono stati finora. È accettabile che alcuni farmaci oncologici non abbiano regolazione nazionale? Che la Flaminia sia regionale nel Lazio, statale in Umbria e provinciale nelle Marche? Non togliamo poteri, ma diamo un quadro più ordinato».

 

Viene sollevata la questione dell’immunità, estesa ai consiglieri. Anche se la vera immunità è stata abolita. 

«Infatti, si tratta solo di arresti, perquisizioni e intercettazioni. Nulla impedisce che un consigliere possa essere processato e, se condannato, messo in galera. Abbiamo visto i molti casi di assoluzione di uomini politici».

 

Voi dite: riduciamo i costi. Ma chi pagherà spostamenti e permanenza a Roma dei senatori? Le cronache giudiziarie sono piene di abusi su note spese e scontrini.

«Rispetto alla situazione attuale si risparmierà. E ci sarà una riduzione della struttura burocratica del Senato».

 

La sindaca Raggi dice: come faccio a fare sindaco di Roma, sindaco della città metropolitana e senatrice? Non si può.

«Non sono d’accordo. È lo stesso lavoro fatto in due sedi diverse. Molte questioni sono intrecciate in Comuni, città metropolitane e Senato».

 

 

un decreto per cambiare una norma costituzionale..

 

Se è per questo un paio d'anni fa l'Agenzia delle Entrate differì una scadenza, pur stabilita da una legge, con .... un comunicato stampa!

 

 

 

 

Barbara Lezzi del M5S la quale sostiene che si potrebbe fare un decreto domani mattina per ridurre il numero dei parlamentari del 50%

 

Suppongo che in questo caso i Grilli non lamenteranno la democrazia offesa, la rappresentanza popolare calpestata, l'arbitrio dell'oligarchia partitocratica rafforzato..... ;-)

 

Sempre all'insegna della massima coerenza!

 

 

«Non è che la democrazia sarebbe sospesa se l’elezione dei nuovi senatori fosse indiretta. Detto questo, Matteo Renzi ha fatto una grande apertura alla minoranza sull’elezione diretta. Quindi dico che, per il bene del Paese, ci sono le condizioni per trovare un accordo».

 

sull'elezione dei senatori stanno lavorando Delrio e Chiti, con l'obiettivo di ricomporre l'unità del PD attorno alla riforma: a me sembra un buon punto di caduta per la minoranza Pd, forse sufficiente a convincere alcuni scettici a sostenere (o non ostacolare) la riforma

 

 

a me sembra un buon punto di caduta per la minoranza Pd, forse sufficiente a convincere alcuni scettici a sostenere (o non ostacolare) la riforma

 

Ho il sospetto che quelli della minoranza del PD non abbiano il problema della riforma o di certi punti della riforma, ma abbiano il problema del "principato" renziano e che dunque, qualunque concessione sia loro fatta, non sarà mai sufficiente a fare che sostengano una riforma che, se respinta dagli elettori, sarà, se non la tomba politica di Renzi, certo una sua cocente sconfitta.

Internazionale

 

Dal 1992 il conto è presto fatto: cinque primi ministri britannici, quattro presidenti della repubblica francesi, addirittura tre cancellieri tedeschi ma, in Italia, quattordici presidenti del consiglio. Quattordici! Nemmeno la Grecia ha conosciuto un’instabilità maggiore (ad Atene “solo” undici governi in 25 anni).

 

Basta uno sguardo fuori dei confini per vedere che l’Italia è da record, non ci sono paragoni. Se non con la quarta repubblica francese, molto simile a quella italiana, che fu approvata nel 1946 e che produsse 24 governi in 12 anni, uno ogni sei mesi. Finché, nel 1958, arrivò al potere il generale De Gaulle che cambiò radicalmente le istituzioni attraverso un potenziamento dell’esecutivo, completato quattro anni dopo con l’introduzione dell’elezione diretta, a suffragio universale, del capo dello stato.

 

All’epoca ci furono durissime critiche alla riforma. Quasi tutta l’opposizione gridò alla deriva autoritaria e François Mitterrand, già all’epoca leader della sinistra francese, pubblicò un libro dal titolo molto chiaro: “Il colpo di stato permanente”. Però, una volta arrivato al potere, nel 1981, si adeguò così bene alle istituzioni gaulliste che rimase all’Eliseo per quattordici anni. Altro che deriva autoritaria o oligarchica: la quinta repubblica non ha impedito l’alternanza destra-sinistra al potere.

 

Non è un insulto ai suoi promotori dire che la riforma Boschi-Renzi non è, nella forma, paragonabile alla quinta repubblica francese. Tuttavia, benché scritta male, ha il grande merito di mettere fine al bicameralismo perfetto e di conseguenza di rafforzare l’esecutivo. Il vero nodo del testo è in effetti il ridimensionamento del senato e la competenza di concedere la fiducia al governo riservata solo alla camera dei deputati. Se il 4 dicembre sarà approvata, la riforma eviterà il ripetersi di situazioni come quelle del 1994 e del 2006, quando le coalizioni maggioritarie alla camera vedevano il loro destino sospeso al voto di uno o due senatori, addirittura a volte di un senatore a vita. Oppure la situazione ingestibile successiva al 2013, quando nessuna forza aveva una maggioranza chiara al senato.

 

La riforma proposta non è una garanzia assoluta di stabilità. Quella dipende anche in parte dalla legge elettorale. Ma, de facto, le istituzioni strutturano la vita politica di un paese e il testo Boschi-Renzi dovrebbe permettere all’Italia di fare un grande passo avanti verso la stabilità politica al pari dei suoi partner europei.

 

Se non fosse personalizzata intorno alla figura di Matteo Renzi, sicuramente il sì sarebbe favorito (i sondaggi d’opinione sul contenuto del testo sembrano confermarlo). Ma è un’illusione pensare che un referendum di questa portata non si trasformi in un voto sul governo in carica. Nel 1968 con De Gaulle (sulla riforma del senato) e nel 2005 (sul trattato costituzionale europeo) con Jacques Chirac, il no dei francesi è stato anche un segnale contro i presidenti in carica.

 

Renzi ha commesso un errore politico. Come De Gaulle nel 1968, ha detto che in caso di sconfitta, lascerà la politica. Per depontenziare la coalizione degli oppositori intorno al no avrebbe dovuto scegliere una soluzione opposta: annunciare durante la campagna referendaria le sue dimissioni e la convocazione di elezioni anticipate in caso di vittoria del sì. Con regole nuove, nuova ridistribuzione del gioco politico. Nel 1958, subito dopo l’approvazione per referendum della nuova costituzione, De Gaulle sciolse la camera dei deputati e così, meno di due mesi dopo l’avvento della quinta repubblica, ridiede la parola ai cittadini.

 

In Italia questa via delle elezioni anticipate in caso di una vittoria del sì sarebbe ancora più logica, dal momento che la nascita del governo Renzi (come prima nel caso di quello di Letta) aveva avuto, nel 2014, il mandato prioritario da parte del presidente Giorgio Napolitano di riformare le istituzioni. Una volta raggiunto l’obiettivo, un ritorno alle urne sarebbe dunque nella natura delle cose.

 

Ma con quale legge elettorale? Se la riforma Boschi-Renzi va senz’altro nella giusta direzione per uno snellimento delle procedure e una maggiore stabilità politica, la nuova legge elettorale, l’Italicum, pone seri problemi, come sostengono (in buona e cattiva fede) gli oppositori del presidente del consiglio. Così com’è scritta (con il 55 per cento dei seggi attribuiti alla lista che ottiene più del 40 per cento dei voti al primo turno o il 50 per cento dopo un eventuale ballotaggio), la legge rischia di portare al potere una formazione minoritaria nel paese, senza veri contropoteri istituzionali.

 

Basta immaginare cosa sarebbe successo in Italia se nel 2001 Silvio Berlusconi avesse vinto le elezioni con la nuova costituzione Boschi-Renzi abbinata all’Italicum. È molto delicato fare ipotesi, ma si può immaginare che nel 2001 Forza Italia, senza nessun alleato, avrebbe avuto (con circa il 30 per cento dei voti al primo turno, e immaginando una sua vittoria al secondo turno) il 55 per cento dei seggi alla camera, con dei deputati scelti da Berlusconi e in grado di esercitare una forte influenza sul Consiglio superiore della magistratura, sulla composizione della corte costituzionale e, nel caso, in grado di orientare fortemente la scelta sull’elezione del presidente della repubblica.

 

È difficile fare fantapolitica, però si può immaginare che una situazione del genere avrebbe provocato grande tensioni, con proteste di piazza e infine una paralisi del paese (come insegnano le manifestazioni contro la modifica dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori del 2002). Per funzionare bene, la democrazia ha bisogno di luoghi istituzionali in grado di favorire mediazioni.

 

Paradossalmente, si può quindi sostenere che l’Italicum indebolisce l’obiettivo della riforma costituzionale. Perché un esecutivo forte sulla carta, ma non pienamente legittimato dai cittadini, rischia di rivelarsi in realtà molto debole. Infatti la futura legge elettorale non garantisce questa legittimità. In Francia, François Hollande ha ottenuto solo il 28,6 per cento dei voti al primo turno delle presidenziali del 2012 e oggi la sua popolarità è bassissima nei sondaggi. Ma nessuno ne contesta la legittimità, nessuno gli contesta il diritto di concludere il suo mandato. Perché il presidente della repubblica è stato scelto direttamente dai cittadini al secondo turno, sulla scheda c’era il suo nome. Inoltre in Francia la scelta del presidente è distinta dalla scelta dei parlamentari, che a loro volta sono eletti dal popolo con un sistema maggioritario a doppio turno (senza capolista bloccati, come nell’Italicum). Il potere esecutivo francese può dunque essere controbilanciato dal potere legislativo, cosa improbabile con l’Italicum.

 

È tutta una questione di equilibri. Dopo settant’anni di una costituzione che, per comprensibili motivi storici, ha privilegiato i poteri del parlamento, il potenziamento dei poteri del capo del governo è una buona notizia. Ma a volere forzare il riequilibrio si rischia di ottenere il risultato contrario. Soprattutto perché un esecutivo forte sulla carta creerà anche molte aspettative tra i cittadini. Aspettative per forza eccessive, perché oggi gran parte degli strumenti della politica (monetaria, di bilancio, commerciale) non è più solo nelle mani dei governi nazionali e perché le sfide (migratorie, ambientali, di controllo della finanza internazionale) superano il quadro nazionale.

 

Matteo Renzi saprà il 4 dicembre se il suo nome resterà legato alla più importante riforma della costituzione dal dopoguerra a oggi. E poi? Per un giovane politico, la vera scommessa non è solo cambiare la costituzione italiana ma riformare urgentemente le istituzioni e la governance europee.

ma resta sempre e comunque la singola misura più importante di tutta la scienza statistica. [...] ma il significato della mediana non è lo stesso della media, non è il "valore atteso". 

La media aritmetica la singola misura più importante di tutta la scienza statistica? La media aritmetica sarebbe il valore atteso?  :banghead:

 

 

Quindi la maggioranza continuerebbe a non potersi eleggere il presidente, per altro probabilmente il distacco di seggi necessari per la maggioranza aumenterebbe anche.

Proviamo a prendere la questione dall'altra parte. Continui, di fatto, a equiparare i tre quinti degli aventi diritto coi tre quinti dei votanti, ma se è la stessa cosa, perché specificare che da un certo punto in poi servono i tre quinti dei votanti, quando già erano richiesti i tre quinti degli aventi diritto.

 

 

«L’elezione indiretta dei nuovi senatori non sarebbe uno scandalo. Basti guardare al Senato francese e quello tedesco. Ma siamo pronti a lavorare, come ha detto il premier, sulla proposta della minoranza Chiti-Fornaro. Che prevede due schede: una per l’elezione dei consiglieri regionali, una per i senatori».

Quindi, a differenza di quanto sostenuto finora da alcuni, è vero che la riforma costituzionale prevede l'elezione dei senatori da parte dei consigli regionali e lo fa con una formulazione ambigua e contraddittoria. Il fatto che non sia chiaramente indicato in costituzione se la nomina dei senatori debba essere diretta o indiretta è un difetto della riforma costituzionale.

 

Tra l'altro, alcuni giuristi sostengono che la proposta Chiti-Fornaro potrebbe essere incostituzionale rispetto alla nuova costituzione: http://phastidio.net/2016/10/16/elezione-diretta-dei-senatori-soluzione-impossibile/

Di nuovo, poca chiarezza su questo punto.

 

 

Da quel grafico emerge prima cosa un uso enorme dei decreti legge, che dovrebbe invece essere un utilizzo marginale, poi delle altre leggi quel grafico non indica quelle approvate con fiducia.

Quel grafico mostra che la grande maggioranza delle leggi fanno un solo passaggio nella camera e nel senato e solo una parte minoritaria di queste sono decreti legge e le leggi su cui è stata posta la fiducia (12%) sono ancora meno. Quindi, è semplicemente falso affermare che l'attività legislativa sia rallentata da un frequente e fuori controllo ping-pong tra le camere.

 

I problemi di lentezza nell'approvazione di alcune leggi sono politici, non istituzionali, come dimostrano gli elenchi delle leggi più rapidamente approvate e di quelle più lente:

  • D.d.l. Cicchitto di iniziativa parlamentare per evitare che i referendum del 2009 si svolgessero in contemporanea alle elezioni europee: approvato in 6 giorni senza fiducia.
  • Decreto legge "salva-liste" per far riammettere il Pdl alle elezioni regionali laziali del 2009: approvato in 7 giorni senza fiducia.
  • Ratifica convenzione internazionale anticorruzione: 1456 giorni.
  • Contrasto usura ed estorsione: 1357 giorni...

Ma se il problema è politico e non di "navette" parlamentari, non è chiaro come ridurre il numero di interventi di una delle due camere possa risolverlo.

 

Quindi, benissimo se si vuole dire che piace o non piace il bicameralismo perfetto, ma non attribuiamogli problemi che non provoca. Su questo punto, solo una piccola correzione a quanto ho letto nei vari post: come ha giustamente sottolineato il prof. 

Zagrebelsky, le due camere hanno gli stessi poteri ma non le stesse funzioni, perché l'una controlla l'operato dell'altra (o dovrebbe farlo).

Proviamo a prendere la questione dall'altra parte. Continui, di fatto, a equiparare i tre quinti degli aventi diritto coi tre quinti dei votanti, ma se è la stessa cosa, perché specificare che da un certo punto in poi servono i tre quinti dei votanti, quando già erano richiesti i tre quinti degli aventi diritto.

Ma è un quorum come un altro per garantire che non sia la maggioranza ad eleggerselo da solo, è un quorum già utilizzato per eleggere anche altri organi istituzionali, ad es. i giudici del Csm di nomina parlamentare sono eletti con quel quorum.

L'aspetto importante ai fini del sistema istituzionale è determinare se quel quorum permette o meno alla maggioranza di avere i seggi per eleggersi il Presidente della Repubblica o se invece garantisce alle opposizioni la possibilità di impedire il raggiungimento del quorum.

La risposto come ho argomentato è no, la maggioranza non potrà eleggersi presidente, e le opposizioni conservano la possibilità di impedire alla maggioranza di eleggersi il presidente, anzi il distacco di onorevoli necessari probabilmente si incrementa.

Inoltre l'aver previsto che sia la maggioranza dei votanti semmai mette potenzialmente più in difficoltà la maggioranza che in quanto tale può avere maggiori difficoltà a garantire sempre la presenza di tutti i suoi onorevoli.

 

Quindi, a differenza di quanto sostenuto finora da alcuni, è vero che la riforma costituzionale prevede l'elezione dei senatori da parte dei consigli regionali e lo fa con una formulazione ambigua e contraddittoria. Il fatto che non sia chiaramente indicato in costituzione se la nomina dei senatori debba essere diretta o indiretta è un difetto della riforma costituzionale.

 

Tra l'altro, alcuni giuristi sostengono che la proposta Chiti-Fornaro potrebbe essere incostituzionale rispetto alla nuova costituzione: http://phastidio.net/2016/10/16/elezione-diretta-dei-senatori-soluzione-impossibile/

Di nuovo, poca chiarezza su questo punto.

I consigli regionali li eleggono ma lo fanno come ratifica della volontà degli elettori visto che si devono conformare alle loro scelte.

Semmai sarebbe incostituzionale che i consiglieri regionali nominassero a piacimento chi vogliono loro senza conformarsi alle scelte degli elettori.

Perchè i principi costituzionali sono due cioè l'elezione da parte dei consigli e il fatto che questi nell'eleggere si conformino alla volontà degli elettori, sono entrambi principi costituzionali e devono stare assieme, per tenerli assieme l'unico modo è che di fatto l'elezione sia una semplice ratifica, perchè così facendo l'elezione materialmente avverrebbe da parte dei consigli regionali ma di fatto sarebbe solo una ratifica per conformarsi alle scelte degli elettori.

 

Renzi per togliere qualsiasi dubbio ha aperto alla minoranza decidendo di prendere come testo base il ddl di Chiti-Fornaro.

Quel disegno di legge prevede appunto che agli elettori siano fornite due schede, una per l'elezione del consiglio regionale e una per decidere chi mandare tra i consiglieri in senato, una volta che i consigli regionali saranno insediati questi eleggeranno i consiglieri-senatori in conformità alle scelte espresse dagli elettori con la loro seconda scheda, di fatto ratificheranno la scelta degli elettori.

In questo modo si tiene assieme i due principi costituzionali della riforma.

 

Quel grafico mostra che la grande maggioranza delle leggi fanno un solo passaggio nella camera e nel senato e solo una parte minoritaria di queste sono decreti legge e le leggi su cui è stata posta la fiducia (12%) sono ancora meno. Quindi, è semplicemente falso affermare che l'attività legislativa sia rallentata da un frequente e fuori controllo ping-pong tra le camere.

Mi sembra che mostri un gran numero di leggi se uniamo le leggi approvate con fiducia e quelle con decreto, contando che dovrebbero essere strumenti eccezionali e assolutamente residuali.

Qui ad esempio si sostiene che le leggi approvate con fiducia siano circa 1/3 del totale, con Monti erano addirittura il 45% cioè quasi la metà.

http://blog.openpolis.it/2016/03/02/approvare-le-leggi-questione-fiducia/6150

Qui anche afferma che in quest'ultima legislatura su 150 provvedimenti 55 sono leggi, 42 decreti legislativi e 39 decreti legge e 14 regolamenti di delegificazione.

http://documenti.camera.it/leg17/dossier/Pdf/CL0002.pdf

Sarebbe per altro interessante poi vedere anche qualitativamente su quali provvedimenti è stata posta la fiducia, perchè penso sia molto probabile che siano poi quelli di maggiore importanza.

C'è oggettivamente un utilizzo fuori norma di strumenti che dovrebbero essere eccezionali per riuscire a bypassare la lunghezza del nostro iter legislativo.

Se noi superassimo il bicameralismo renderemmo non necessario l'utilizzo di tali strumenti.

 

I problemi di lentezza nell'approvazione di alcune leggi sono politici, non istituzionali, come dimostrano gli elenchi delle leggi più rapidamente approvate e di quelle più lente:

  • D.d.l. Cicchitto di iniziativa parlamentare per evitare che i referendum del 2009 si svolgessero in contemporanea alle elezioni europee: approvato in 6 giorni senza fiducia.
  • Decreto legge "salva-liste" per far riammettere il Pdl alle elezioni regionali laziali del 2009: approvato in 7 giorni senza fiducia.
  • Ratifica convenzione internazionale anticorruzione: 1456 giorni.
  • Contrasto usura ed estorsione: 1357 giorni...

Ma se il problema è politico e non di "navette" parlamentari, non è chiaro come ridurre il numero di interventi di una delle due camere possa risolverlo.

 

Quindi, benissimo se si vuole dire che piace o non piace il bicameralismo perfetto, ma non attribuiamogli problemi che non provoca. Su questo punto, solo una piccola correzione a quanto ho letto nei vari post: come ha giustamente sottolineato il prof.

Zagrebelsky, le due camere hanno gli stessi poteri ma non le stesse funzioni, perché l'una controlla l'operato dell'altra (o dovrebbe farlo).

Ma nessuno dice che non ci sia anche un problema politico, semplicemente si dice che il problema è anche istituzionale cioè dato dal meccanismo istituzionale.

Logico che se hai una legge semplice magari fatta di pochi articoli o su cui c'è una unanimità di consenso può anche essere che si approvi velocemente e senza necessità di decreti legge e fiducia, ma quei casi riportati di approvazioni in pochi giorni sono appunto eccezioni alla regola, perchè se abbiamo una riforma importante, strutturale composta quindi di molti articoli come può essere chessò la riforma del codice degli appalti o se hai alcuni partiti di opposizione che vogliono fare ostruzionismo allora con un sistema bicamerale perfetto si possono allungare e dilatare di molto i tempi e quindi rendere necessario l'utilizzo di strumenti che poi vanno a sopprimere la discussione parlamentare.

 

Poi in generale non si capisce per quale motivo dovremmo tenere un sistema per cui dobbiamo pagare 2 rami del parlamento per fare due volte la stessa identica cosa come minimo due volte.

Perchè ad esempio il Senato dovrebbe essere obbligato forzatamente a discutere e votare una legge se è d'accordo e non ha modifiche da proporre.

Perchè questa inutile perdita di tempo e soldi?

Sarebbe come se io chiamassi una persona a fare una lavoro a casa mia e una volta che questo ha finito chiamassi un altro a rifarmi lo stesso identico lavoro per una seconda volta, con annessa perdita di soldi e tempo.

Edited by Sbuffo

Ma è un quorum come un altro

Non mi sembra una risposta accettabile. Se il legislatore ha scelto che dal settimo scrutinio non servono più i tre quinti dei voti degli aventi diritto ma bastano solo quelli dei votanti non l'avrà fatto a caso, si spera. Qual era il suo intento?

 

 

 

I consigli regionali li eleggono ma lo fanno come ratifica della volontà degli elettori visto che si devono conformare alle loro scelte.

Semmai sarebbe incostituzionale che i consiglieri regionali nominassero a piacimento chi vogliono loro senza conformarsi alle scelte degli elettori.

È una tua interpretazione che non sta in piedi.

 

«Chiunque può notare un fatto semplicissimo: una legge ordinaria non può, senza violare esattamente l’articolo 57 riformato, assegnare al corpo elettorale il compito di eleggere direttamente i senatori, per la semplice ragione che il nuovo articolo 57 assegna in via esclusiva questa competenza ai consigli regionali. Punto. La legge ordinaria proposta, dunque, sarebbe immediatamente incostituzionale.

 

La realtà è che questa proposta spaccia per “elezione diretta” null’altro di diverso da una mera “designazione”. Gli elettori, cioè, al momento delle votazioni regionali non potrebbero mai eleggere nessun senatore, ma solo indicare ai consigli quali tra i consiglieri nominare (non per altro chiaro in quale modo ciò avverrebbe). La nomina dei senatori, però, spetterebbe comunque ai consigli regionali, i quali, alla luce dell’articolo 57 riformato, conserverebbero piena e assoluta potestà di nominare chi vogliano, anche nonostante le designazioni del corpo elettorale. Se ci fosse, ad esempio, da assicurare l’immunità a qualche consigliere regionale, non è difficile immaginare che questo verrebbe nominato in Senato, a disdoro di qualsiasi designazione popolare.

 

La proposta, dunque, oltre a rivelarsi incostituzionale e priva di qualsiasi efficacia, appare solo una foglia di fico, una scusa per giustificare il “sì” alla riforma. Come se esprimere il consenso alla riforma costituzionale fosse una vergogna e non l’espressione piena e libera di una scelta consistente in un diritto assoluto di votare esattamente come si crede, senza doversi giustificare. Chi crede nella riforma, o si senta vincolato alla disciplina di partito o qualsiasi altra ragione lo spinga, ha la totale libertà di votare sì, senza andare proponendo formule alchemiche assurde ed inefficaci, come quella dell’elezione diretta dei senatori.

 

Anche perché tale bislacca proposta non potrebbe aiutare a superare nessun’altra delle storture della conservazione del Senato. Per esempio: anche ammettendo fosse possibile e non incostituzionale eleggere direttamente i senatori con le elezioni regionali, comunque un 25% dei componenti del Senato sarebbe non elettivo: i sindaci e i 5 nominati dal Presidente della Repubblica. Comunque, quindi, il corpo elettorale sarebbe privato della rappresentanza, in violazione dell’articolo 1 della Costituzione. Non si risolve il paradosso che il Senato, nelle intenzioni finalizzato ad interessarsi solo della materia dei rapporti tra Stato ed autonomie locali, conservi invece potestà legislativa (in parte obbligatoria, in parte facoltativa) praticamente su tutte le materie.

 

Non si risolve l’altra aporia di un Senato composto da senatori solo a part-time che però assicura loro l’immunità, coprendone anche l’attività di consiglieri regionali o sindaci. Non si risolve l’aspetto di enorme inefficienza di un Senato a “porte girevoli”: i componenti, infatti, potranno sedere sugli scranni di palazzo Madama non per i 5 anni di mandato elettorale, ma solo per la durata del loro mandato come consiglieri regionali o sindaci. Dunque, la composizione del Senato sarà un magma continuamente mutevole, con buona pace della necessità di una camera che possa programmare ed affrontare con un minimo di competenza e stabilità organizzativa le tantissime materie ancora di sua competenza.

 

La realtà è che nessuna proposta in “zona Cesarini” può modificare gli effetti della riforma del Senato. Si poteva porre rimedio al bicameralismo paritario in moltissimi altri modi, fuorchè il sistema escogitato. Non può certo essere la proposta di una legge ordinaria incostituzionale ed inutile a mutare la situazione. Chi intende votare sì eserciti in piena libertà la propria intenzione di voto, ma, cortesemente, non cerchi proseliti con ideuzze propagandistiche.»

 

Riporto l'articolo perché introduce nuovi spunti di discussione.

 

Sarebbe come se io chiamassi una persona a fare una lavoro a casa mia e una volta che questo ha finito chiamassi un altro a rifarmi lo stesso identico lavoro per una seconda volta, con annessa perdita di soldi e tempo.

Paragonarlo all'idraulico è alquanto svilente per il parlamento. Non diciamo sciocchezze.

 

Se noi superassimo il bicameralismo renderemmo non necessario l'utilizzo di tali strumenti.

Questa tesi è valida solo se è vero che il sistema è lento (e i dati dicono di no) e solo se tale ipotetica lentezza fosse causata dal bicameralismo e non da altri problemi, per esempio politici. A quanto pare, dati alla mano, le leggi non fanno questo ping-pong infinito tra Camera e Senato, quindi... Edited by paperino

Non mi sembra una risposta accettabile. Se il legislatore ha scelto che dal settimo scrutinio non servono più i tre quinti dei voti degli aventi diritto ma bastano solo quelli dei votanti non l'avrà fatto a caso, si spera. Qual era il suo intento?

 

Semplicemente hanno mutuato un quorum che era già utilizzato per altre istituzioni come i giudici del Csm e su cui si è trovato un consenso parlamentare.

Ma la questione di fondo è: permette o no alla maggioranza di eleggersi il presidente e impedisce o no all'opposizione di impedire l'elezione alla maggioranza?

La risposta è che non permette alla maggioranza di eleggersi il presidente da sola e continua a permettere all'opposizione di impedire alla maggioranza di eleggersi il presidente.

 

È una tua interpretazione che non sta in piedi.

Riporto l'articolo perché introduce nuovi spunti di discussione.

 

Ma è falsa quella argomentazione contenuta nell'articolo.

In quell'articolo fa prevalere un principio costituzionale sull'altro, dice che la legge sarebbe incostituzionale perchè i consiglieri-senatori dovrebbe eleggerli il consiglio regionale, ma semmai sarebbe incostituzionale una legge elettorale di quel tipo perchè permetterebbe ai consigli regionali di eleggere a loro piacimento chi vogliono in contrasto al principio costituzionale della conformità alle scelte degli elettori.

Entrambi i principi costituzionali hanno pari valore, quindi l'unico metodo possibile per tenere assieme i due principi è quello di una sostanziale ratifica da parte dei consigli regionali, cioè gli elettori esprimono la propria preferenza con apposita scheda indicando chi vogliono come consiglieri-senatori e poi dopo i consigli regionali eleggono quei consiglieri-senatori conformandosi alle scelte degli elettori.

 

Paragonarlo all'idraulico è alquanto svilente per il parlamento. Non diciamo sciocchezze.

 

Ma quella non è una risposta, svicoli dal problema, non paragonarlo a un qualsiasi lavoro ma rimane la questione:

Non si capisce per quale motivo dovremmo tenere un sistema per cui dobbiamo pagare 2 rami del parlamento per fare due volte la stessa identica cosa come minimo due volte.

Perchè ad esempio il Senato dovrebbe essere obbligato forzatamente a discutere e votare una legge se è d'accordo e non ha modifiche da proporre.

Perchè questa inutile perdita di tempo e soldi?

Che male c'è a superare il bicameralismo e a risparmiare tempo e soldi (non essendo per altro più costretti ad utilizzare strumenti d'urgenza che limitano il dibattito parlamentare)?

 

Questa tesi è valida solo se è vero che il sistema è lento (e i dati dicono di no) e solo se tale ipotetica lentezza fosse causata dal bicameralismo e non da altri problemi, per esempio politici. A quanto pare, dati alla mano, le leggi non fanno questo ping-pong infinito tra Camera e Senato, quindi...

 

Ripeto che dati alla mani c'è un largo uso di strumenti come fiducia e decreti legge.

Tu fai finta che non ci sia.

Ma se le leggi si approvano con un largo uso di questi strumenti non è rilevante il tempo che ci impiegano, perchè hai dovuto utilizzare impropriamente uno strumento che sacrifica il dibattito parlamentare per riuscire ad approvare una legge in tempi decenti.

Se per ovviare alla lentezza utilizzi certi strumenti non vuol dire che il problema non ci sia.

Edited by Sbuffo
La media aritmetica la singola misura più importante di tutta la scienza statistica? La media aritmetica sarebbe il valore atteso? 

Ah, ho capito, vuoi giocare alla "puntualizzazione inutile" :asd: ... Ok, la media aritmetica converge al valore atteso. Ti piace di più?

Resta il fatto che "la media aritmetica è poco significativa" non se po' sentì.

Edited by FreakyFred

Semplicemente hanno mutuato un quorum che era già utilizzato per altre istituzioni come i giudici del Csm e su cui si è trovato un consenso parlamentare.

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In quell'articolo fa prevalere un principio costituzionale sull'altro

Secondo chi ha scritto quell'articolo è falsa la tua interpretazione. D'altra parte a chi dovrei credere? A tutti i giuristi che dicono che la costituzione riformata dà il potere di eleggere i senatori ai consigli regionali con metodo proporzionale e scegliendo chi gli pare o a una persona su un forum che non conosco e che fa campagna elettorale per una parte politica?

 

Piuttosto, cosa rispondi alle altre critiche mosse in quell'articolo al senato riformato?

 

Che male c'è a superare il bicameralismo e a risparmiare tempo e soldi (non essendo per altro più costretti ad utilizzare strumenti d'urgenza che limitano il dibattito parlamentare)?

La tua domanda è posta in modo tendenzioso, ma, in ogni caso:

  1. Perché lo chiedi a me?
  2. Al referendum dobbiamo votare una riforma costituzionale nel suo complesso, non indicare se ci piace o no il bicameralismo perfetto; anche per superare il bicameralismo perfetto c'è modo e modo.

 

Se per ovviare alla lentezza utilizzi certi strumenti non vuol dire che il problema non ci sia.

Nella XVI legislatura l'80% delle leggi sono state approvate in 100-150 giorni. Ora, dati alla mano, mostrami che quell'80% è stato raggiunto con l'uso di decreti legge e fiducia.

 

Detto questo, il ping-pong infinito tra le camere non c'è, quindi il problema dev'essere altrove...

 

 

Ah, ho capito, vuoi giocare alla "puntualizzazione inutile" :asd: ...

Certo, perché confondere la definizione di valore atteso con la legge dei grandi numeri è un minuscolo refuso. Un microscopico lapsus del tipo "torni al prossimo appello".

privateuniverse

Internazionale

 

Dal 1992 il conto è presto fatto: cinque primi ministri britannici, quattro presidenti della repubblica francesi, addirittura tre cancellieri tedeschi ma, in Italia, quattordici presidenti del consiglio. Quattordici! Nemmeno la Grecia ha conosciuto un’instabilità maggiore (ad Atene “solo” undici governi in 25 anni).

 

Basta uno sguardo fuori dei confini per vedere che l’Italia è da record, non ci sono paragoni. Se non con la quarta repubblica francese, molto simile a quella italiana, che fu approvata nel 1946 e che produsse 24 governi in 12 anni, uno ogni sei mesi. Finché, nel 1958, arrivò al potere il generale De Gaulle che cambiò radicalmente le istituzioni attraverso un potenziamento dell’esecutivo, completato quattro anni dopo con l’introduzione dell’elezione diretta, a suffragio universale, del capo dello stato.

 

All’epoca ci furono durissime critiche alla riforma. Quasi tutta l’opposizione gridò alla deriva autoritaria e François Mitterrand, già all’epoca leader della sinistra francese, pubblicò un libro dal titolo molto chiaro: “Il colpo di stato permanente”. Però, una volta arrivato al potere, nel 1981, si adeguò così bene alle istituzioni gaulliste che rimase all’Eliseo per quattordici anni. Altro che deriva autoritaria o oligarchica: la quinta repubblica non ha impedito l’alternanza destra-sinistra al potere.

 

Dal 1994 (il 1993 non conta, il parlamento del 1992 fu ancora eletto con il proporzionale senza soglie di sbarramento) l'Italia ha avuto tredici governi: Berlusconi, Dini, Prodi, D'Alema (due volte), Amato, di nuovo Berlusconi, di nuovo Prodi, di nuovo Berlusconi (due volte), Monti, Letta, Renzi. In media, uno ogni poco meno di due anni. I presidenti del consiglio sono stati, però, soltanto otto, come in Francia nello stesso periodo, e sono cambiati undici volte, di cui cinque per effetto di elezioni.

 

E' falso dipingere i governi italiani come instabili sulla base di questi elementi. La stabilità dei governi degli altri grandi paesi europei è la stessa dell'Italia negli ultimi ventidue anni. E' vero che i primi ministri britannici sono stati cinque nello stesso periodo, ma i governi non sono stati cinque: sono stati nove: Major, Blair 1, Blair 2, Blair 3 (nel Regno Unito ci sono state elezioni nel 1997, nel 2001 e nel 2005), Brown, Cameron 1, Cameron 2, May. Totale: otto governi.

 

Un po' meglio per la Germania: tre cancellieri dal 1994, ma sei governi. In Germania praticamente il cancelliere non può cambiare nel corso della legislatura: successe nel 1982, quando l'FDP (i liberali) ruppero l'alleanza con l'SPD e ne fecero una nuova con la CDU-CSU, ma pochi mesi dopo si andò alle elezioni per suggellare il cambiamento.

 

I problemi di instabilità nella politica italiana dipendono principalmente da due fattori.

 

In primo luogo, il passaggio al maggioritario, in varie forme: per accaparrarsi il cospicuo premio di maggioranza è diventato indispensabile vincere le elezioni formando coalizioni anche molto eterogenee, che sono quasi sempre franate prima della fine della legislatura. Questo è successo tre volte su cinque (nel 1996, nel 2001 e nel 2008). Questo problema non sarà risolto dalla riforma attuale: anche l'Italicum (che non sarà cambiato in caso di vittoria del Sì) attribuisce un premio di maggioranza sproporzionato al partito vincente, e quindi anch'esso incentiva a mettere insieme una lista anche eterogenea pur di ottenere un voto in più dell'avversario, lista che, con alta probabilità, si sfascerà dopo le elezioni.

 

In secondo luogo, i partiti sono diventati comitati elettorali, come nell'Italia liberale, che, non a caso, conosceva una certa instabilità dei governi. Anche quest'elemento, che costituisce anche una lesione del diritto di partecipazione politica dei cittadini, è completamente ignorato dalla riforma di Renzi. 

Vogliamo più stabilità? Semplice: eleggiamo direttamente il presidente del consiglio, che a questo punto diventerebbe simile al presidente della repubblica in Francia. Era quanto propose Berlusconi con la riforma costituzionale del 2005, che fu respinta con il referendum confermativo del 2006. All'epoca quelli che oggi erano per una riforma simile dissero che la riforma di Berlusconi non andava bene perché dava troppo potere a un uomo solo. Tra i capofila del fronte del No c'era Napolitano.

 

All'epoca gli argomenti di Berlusconi erano gli stessi di quelli di Renzi oggi: che in Italia c'era troppa instabilità, che bisognava cambiare, che la Costituzione era superata, che il governo doveva fare i conti con troppi ostacoli.

 

Ora il PD, al governo grazie a una legge elettorale incostituzionale e in alleanza con partiti con cui non aveva detto, alle elezioni, che si sarebbe alleato, ha fatto una riforma costituzionale simile a quella alla quale i DS e la Margherita si opposero nel 2005, con l'avallo di quello stesso Napolitano che nel 2005 si opponeva alla stessa riforma costituzionale di Berlusconi.

 

Come mai?

 

Semplice: nel 2005 Berlusconi si era fatto una riforma costituzionale su misura, studiata per assicurargli il potere; nel 2016 il PD di Renzi si è fatto una riforma costituzionale su misura, studiata per assicurargli il potere. Gli argomenti a favore sono gli stessi: tutti strumentali e opportunistici.

 

Il resto dell'articolo, peraltro, ripete quanto non solo io, ma anche Hinzelmann, conrad65, paperino, fra gli altri, diciamo da pagine: la riforma è sbagliata ma è resa ancora peggiore dalla legge elettorale, che da un potere abnorme al partito di maggioranza e che istituisce un senato non elettivo, contro l'art. 1 della Costituzione ("la sovranità appartiene al popolo").

Edited by privateuniverse

il 1993 non conta, il parlamento del 1992 fu ancora eletto con il proporzionale senza soglie di sbarramento

 

La data non è casuale amore, dato che la fine della Prima Repubblica inizia nel 1992, con Tangentopoli, e si conclude nel 1994 con la vittoria elettorale di Berlusconi.

Edited by Rotwang

Secondo chi ha scritto quell'articolo è falsa la tua interpretazione. D'altra parte a chi dovrei credere? A tutti i giuristi che dicono che la costituzione riformata dà il potere di eleggere i senatori ai consigli regionali con metodo proporzionale e scegliendo chi gli pare o a una persona su un forum che non conosco e che fa campagna elettorale per una parte politica?

 

Piuttosto, cosa rispondi alle altre critiche mosse in quell'articolo al senato riformato?

 

Certo, perché confondere la definizione di valore atteso con la legge dei grandi numeri è un minuscolo refuso. Un microscopico lapsus del tipo "torni al prossimo appello".

 

Quel giurista non mi sembra siano "tutti i giuristi", ci sono giuristi a sostegno delle posizioni del no come giusti a sostegno delle posizioni del sì, il manifesto del sì alla riforma costituzionale è stato sottoscritto da 250 giuristi, una 50ina hanno sottoscritto quello del no.

Io non faccio campagna elettorale per un parte politica, io difendo posizioni e leggi che ritengo sensate così come qualsiasi altro elettore.

 

Cmq non è che devi credere a me, non è un atto di fede, ho argomentato.

Sulla base di cosa fai prevalere un principio costituzionale su un altro?

Entrambi i principi hanno pari valore sia quello che prevede che ci debba essere un'elezione dei consigli regionali sia quello che prevede che quella elezione debba conformarsi alle scelte degli elettori in sede di elezione regionale.

Quindi è evidente che non puoi fare una elezione del consiglio regionale in cui si può scegliere quello che vuoi senza conformarti alle scelte degli elettori.

Serve un metodo di sostanziale ratifica, perchè con quel metodo fai salvo il principio per il quale debba esserci un passaggio in consiglio per l'elezione però quella elezione debba essere vincolata al voto dei cittadini per rispettare anche il principio di conformità alle scelte dei cittadini.

Anche perchè le'elzione diretta dei senatori è nata proprio dal dibattito parlamentare da un accordo tra maggioranza e minoranza Pd scaturita dalla presentazione di un emendamento proprio finalizzato ad introdurre ciò.

 

La tua domanda è posta in modo tendenzioso, ma, in ogni caso:

  1. Perché lo chiedi a me?
  2. Al referendum dobbiamo votare una riforma costituzionale nel suo complesso, non indicare se ci piace o no il bicameralismo perfetto; anche per superare il bicameralismo perfetto c'è modo e modo.

 

Lo chiedo a te perchè qui ci sei tu e sei tu che preferisci rimanere con l'attuale bicameralismo perfetto, sei tu che preferisci che si debba obbligatoriamente passare al Senato per ogni legge.

Perchè è preferibile un sistema in cui devi obbligatoriamente discutere tutte le leggi almeno due volte (ma anche molte di più) rispetto a un sistema in cui il passaggio al senato può esserci solo se il senato ha qualche proposta da fare e cmq deve farlo in un tempo preciso e non infinito e poi cmq c'è un limite massimo di passaggi perchè dopo il passaggio al Senato cmq la Camera ha l'ultima parola. 

 

Nella XVI legislatura l'80% delle leggi sono state approvate in 100-150 giorni. Ora, dati alla mano, mostrami che quell'80% è stato raggiunto con l'uso di decreti legge e fiducia.

 

Detto questo, il ping-pong infinito tra le camere non c'è, quindi il problema dev'essere altrove...

 

Io ho già argomentato dati alla mano che c'è un utilizzo estremamente alto di fiducia e decreti legge.

http://documenti.camera.it/leg17/dossier/Pdf/CL0002.pdf

http://blog.openpolis.it/2016/03/02/approvare-le-leggi-questione-fiducia/6150

Quindi ripeto che magari puoi anche arrivare a tempi decenti ma per farlo si fa largo uso di strumenti che dovrebbero essere eccezionali e che limitano la discussione e il dibattito

Edited by Sbuffo

 

 

Certo, perché confondere la definizione di valore atteso con la legge dei grandi numeri è un minuscolo refuso. Un microscopico lapsus del tipo "torni al prossimo appello".

No, non boccerei un ragazzo per questo, anche se forse qualche collega lo farebbe... Il valore atteso è una media aritmetica pesata, e la media campionaria è uno stimatore del valore atteso, sono due definizioni molto vicine. 

La tua puntualizzazione è esatta, non c'è dubbio, ma qui è anche del tutto irrilevante, e anche su questo non c'è dubbio; si può spiegare la relazione esatta fra media aritmetica e valore atteso in una lezione di statistica inferenziale; passo, a meno che non mi pagate come tutti gli altri.

Quello che mi premeva chiarire è che la media è una misura cardine della statistica; dire che non è significativa è praticamente eresia, a meno che l'osservazione non sia molto più circostanziata di come l'hai espressa qui. A volte la media campionaria così com'è è in effetti poco interessante o perfino fuorviante; presenza di dati censurati, osservazioni in cluster, distribuzioni heavy tailed. Se ritieni che siamo in questo caso, prendi i numeri e vediamo. Se vuoi spippettarti sul fatto di sapere la definizione di valore atteso temo che lo farai da solo. 

In primo luogo, il passaggio al maggioritario, in varie forme: per accaparrarsi il cospicuo premio di maggioranza è diventato indispensabile vincere le elezioni formando coalizioni anche molto eterogenee, che sono quasi sempre franate prima della fine della legislatura. Questo è successo tre volte su cinque (nel 1996, nel 2001 e nel 2008). Questo problema non sarà risolto dalla riforma attuale: anche l'Italicum (che non sarà cambiato in caso di vittoria del Sì) attribuisce un premio di maggioranza sproporzionato al partito vincente, e quindi anch'esso incentiva a mettere insieme una lista anche eterogenea pur di ottenere un voto in più dell'avversario, lista che, con alta probabilità, si sfascerà dopo le elezioni.

Corto circuito logico :look:

Insomma non si può mettere insieme una maggioranza abbastanza solida da accaparrarsi il premio di maggioranza, ma senza premio di maggioranza invece ci si riuscirebbe. La colpa dell'instabilità è il maggioritario. 

Credo di averle veramente sentite tutte.

privateuniverse

La data non è casuale amore, dato che la fine della Prima Repubblica inizia nel 1992, con Tangentopoli, e si conclude nel 1994 con la vittoria elettorale di Berlusconi.

 

Non ripeto quel che ho già detto, se non l'hai capito la prima volta il motivo per cui il 1993 è arbitrario non lo capiresti neanche se te lo ripetessi.

Quel giurista non mi sembra siano "tutti i giuristi", ci sono giuristi a sostegno delle posizioni del no come giusti a sostegno delle posizioni del sì, il manifesto del sì alla riforma costituzionale è stato sottoscritto da 250 giuristi, una 50ina hanno sottoscritto quello del no.

 

Altra affermazione falsa.

 

I cinquanta (anzi, 56) firmatari dell'appello per il No sono cinquanta costituzionalisti, cioè esperti di diritto costituzionale, peraltro di chiara fama.

 

I duecentocinquanta firmatari dell'appello per il Sì solo in parte sono accademici; quelli che lo sono spesso non sono neanche né giuristi, né tanto meno costituzionalisti.

 

Tra i duecentocinquanta ci sono Liliana Cavani che è una regista, Susanna Tamaro e Federico Moccia che sono scrittori, Massimo Ammaniti che è uno psicoanalista. Piero Craveri e Lucio Villari sono accademici, ma sono storici, non giuristi; così come Angelo Panebianco, che è un politologo o Guido Tabellini, che è un economista.

 

Tiziano Treu è un giurista ma è un esperto di diritto del lavoro e dovete ringraziare lui se siete precari a vita.

 

Bassanini è un costituzionalista, sì: è l'autore di quella riforma del Titolo V della Costituzione che fu approvata dal centrosinistra nel 2001 e che ora lo stesso PD vuole cancellare, tanto era ben scritta; del resto, ha dato luogo a un enorme contenzioso con centinaia di cause per conflitto di competenze fra stato e regioni davanti alla stessa Corte Costituzionale, per quanto era scritta male.

Edited by privateuniverse

Non ripeto quel che ho già detto, se non l'hai capito la prima volta il motivo per cui il 1993 è arbitrario non lo capiresti neanche se te lo ripetessi.

 

Altra affermazione falsa.

 

I cinquanta (anzi, 56) firmatari dell'appello per il No sono cinquanta costituzionalisti, cioè esperti di diritto costituzionale, peraltro di chiara fama.

 

I duecentocinquanta firmatari dell'appello per il Sì solo in parte sono accademici; quelli che lo sono spesso non sono neanche né giuristi, né tanto meno costituzionalisti.

 

Tra i duecentocinquanta ci sono Liliana Cavani che è una regista, Susanna Tamaro e Federico Moccia che sono scrittori, Massimo Ammaniti che è uno psicoanalista. Piero Craveri e Lucio Villari sono accademici, ma sono storici, non giuristi; così come Angelo Panebianco, che è un politologo o Guido Tabellini, che è un economista.

 

Tiziano Treu è un giurista ma è un esperto di diritto del lavoro e dovete ringraziare lui se siete precari a vita.

 

Bassanini è un costituzionalista, sì: è l'autore di quella riforma del Titolo V della Costituzione che fu approvata dal centrosinistra nel 2001 e che ora lo stesso PD vuole cancellare, tanto era ben scritta; del resto, ha dato luogo a un enorme contenzioso con centinaia di cause per conflitto di competenze fra stato e regioni davanti alla stessa Corte Costituzionale, per quanto era scritta male.

 

No, ci sono 251 che sono quasi tutti giuristi che hanno sottoscritto l'appello per il sì e poi ci sono anche 300 accademici e personalità della cultura italiana che hanno firmato un altro appello sempre a sostegno del sì (tra cui appunto ci sono Craveri, Villari, Ammaniti, la Cavani, la Tamaro, ecc...).

 

Questo è il manifesto per il sì con le 251 firme dei giuristi:

http://www.bastaunsi.it/manifesto/

 

Questo è il manifesto per il sì con le 300 firme di accademici e personaggi della cultura:

http://www.repubblica.it/politica/2016/06/02/news/l_appello_per_un_pacato_si_al_referendum-141165133/

 

Cmq il punto della mia affermazione era che puoi trovare giuristi per il sì come giuristi per il no, giuristi che affermano una cosa e giuristi che affermano il contrario.

 

Vogliamo più stabilità? Semplice: eleggiamo direttamente il presidente del consiglio, che a questo punto diventerebbe simile al presidente della repubblica in Francia. Era quanto propose Berlusconi con la riforma costituzionale del 2005, che fu respinta con il referendum confermativo del 2006. All'epoca quelli che oggi erano per una riforma simile dissero che la riforma di Berlusconi non andava bene perché dava troppo potere a un uomo solo. Tra i capofila del fronte del No c'era Napolitano.

All'epoca gli argomenti di Berlusconi erano gli stessi di quelli di Renzi oggi: che in Italia c'era troppa instabilità, che bisognava cambiare, che la Costituzione era superata, che il governo doveva fare i conti con troppi ostacoli.

 

Ora il PD, al governo grazie a una legge elettorale incostituzionale e in alleanza con partiti con cui non aveva detto, alle elezioni, che si sarebbe alleato, ha fatto una riforma costituzionale simile a quella alla quale i DS e la Margherita si opposero nel 2005, con l'avallo di quello stesso Napolitano che nel 2005 si opponeva alla stessa riforma costituzionale di Berlusconi.

 

Come mai?

 

Semplice: nel 2005 Berlusconi si era fatto una riforma costituzionale su misura, studiata per assicurargli il potere; nel 2016 il PD di Renzi si è fatto una riforma costituzionale su misura, studiata per assicurargli il potere. Gli argomenti a favore sono gli stessi: tutti strumentali e opportunistici.

 

Il resto dell'articolo, peraltro, ripete quanto non solo io, ma anche Hinzelmann, conrad65, paperino, fra gli altri, diciamo da pagine: la riforma è sbagliata ma è resa ancora peggiore dalla legge elettorale, che da un potere abnorme al partito di maggioranza e che istituisce un senato non elettivo, contro l'art. 1 della Costituzione ("la sovranità appartiene al popolo").

 

Falso.

 

La riforma Berlusconi era profondamente diversa perchè andava a modificare la parte della costituzione riguardante il governo e introduceva il premierato, questa riforma costituzionale non tocca gli articoli della costituzione sul governo e non introduce il premierato, non vengono dati più poteri al presidente del consiglio.

 

Più precisamente la riforma Berlusconi:

-dava al premier il potere di sfiduciare i ministri, potendo in questo modo avere un controllo totale sul governo e sui ministeri.

-dava al premier il potere di sciogliere le camere, potendo così tenere il parlamento sotto costante ricatto.

-introduceva la sfiducia costruttiva a difesa del premier, nella sostanza il premier non poteva essere sfiduciato da una maggioranza diversa da quella che lo aveva eletto.

-aumentava i giudici costituzionali di nomina parlamentare che passavano da 5 a 7.

 

Era per questo che fu avversata all'epoca.

 

Per altro quando si cita l'art.1 bisognerebbe citarlo tutto: "La sovranita` appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione."

Questo vuol dire che se la costituzione come forme e limiti indicasse una elezione indiretta sarebbe perfettamente compatibile.

Ma poi non è nemmeno vero perchè in costituzione è stato inserito il principio di elezione in conformità alle scelte degli elettori per il Senato, senza contare che i consiglieri regionali sono già persone elette dal popolo.

 

Corto circuito logico  :look:

Insomma non si può mettere insieme una maggioranza abbastanza solida da accaparrarsi il premio di maggioranza, ma senza premio di maggioranza invece ci si riuscirebbe. La colpa dell'instabilità è il maggioritario. 

Credo di averle veramente sentite tutte.

 
Voglio vedere poi a formare una maggioranza con un parlamento spappolato in nmila partiti.
 
Che poi un ritorno a leggi proporzionali farebbe risorgere Berlusconi che ora è fuori gioco, perchè qualsiasi governo dovrebbe necessariamente chiedere il suo sostegno (visto che il M5S per statuto non si allea e non forma governi con altri).
Così come  in questa legislatura per formare una maggioranza è stato necessario accordarsi con Ncd, nella prossima sarebbe necessario farlo con Forza Italia.
Gli stessi che oggi si lamentano di questa legge elettorale e questa costituzione si lamenterebbero per la frammentazione e per i governi di unità nazionale tra Pd e Forza Italia che sarebbero necessario fare per formare una maggioranza. 
L'alternativa sarebbe una situazione di caos senza possibilità di formare un governo.
Edited by Sbuffo

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