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Referendum sulla Riforma Costituzionale 2016


Sbuffo

  

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  1. 1. Come voterai al referendum sulla riforma costituzionale?

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A poco meno di tre settimane dal referendum del 4 dicembre, tutti i sondaggi sono concordi nell'assegnare al “No” la vittoria. Ma il fronte del Sì non si è ancora rassegnato ad accettare una sconfitta che, anche alla luce del contesto internazionale, appare quasi inevitabile.

 

La lezione di Trump

Per i sostenitori del Sì la vittoria di Donald Trump negli Stati Uniti ha rappresentato senza dubbio una doccia fredda e costretto il premier e i suoi uomini e donne della comunicazione a ripensare, e in fretta, toni e contenuti della campagna. Sull'altro fronte, invece, la sconfitta della democratica Hillary Clinton è stata interpretata come un segnale più che incoraggiante rispetto all'esito della consultazione del 4 dicembre. Dopo la Brexit in Gran Bretagna e il successo di un candidato atipico, di rottura, come Trump, la scommessa è che anche in Italia possa prevalere un sentimento anti-establishment da parte di un elettorato sempre meno condizionabile e sempre più disposto ad affidarsi a chi si propone come alternativa al potere costituito.

 

La nuova strategia di comunicazione

Da qui la necessità per il premier di dismettere i panni dello statista puro e ritornare in quelli del rottamatore della prima ora ricominciando a parlare più che alla testa degli elettori, alla loro pancia solleticandone il più possibile l'istinto anti-Casta. Lo sforzo di concentrarsi sul merito dei contenuti della riforma non ha pagato. Ancor meno il tentativo di “spersonalizzare” la campagna come alla fine anche Renzi si era rassegnato a fare.

 

Nelle prossime settimane il messaggio sarà uno solo e ultra semplificato, al limite del populismo: "con me l'Italia cambia (qualsiasi cosa significhi), senza di me tornano quelli che c'erano prima e il Paese si auto-condanna all'inciucio permanente”.

 

L'appello gli elettori di Lega e M5S
Non è un caso che nell'ultimo #matteorisponde il premier abbia lanciato un appello proprio agli elettori di Lega e M5S invitandoli a votare Sì per fare quello che i loro rappresentanti in Senato non vogliono fare in quanto "affezionati alle loro poltrone e ai loro privilegi", ossia cambiare contro ogni desiderio di conservazione.

 

Riuscire a farsi percepire come campione dell'anti-Casta parlando da Palazzo Chigi non è comunque impresa semplice. Il rischio è che tra l'originale e la copia, come spesso accade, gli elettori preferiscano scegliere comunque l'originale. Pur di apparire il meno istituzionale possibile, a costo anche di inseguire Grillo e Salvini sul loro stesso terreno, Renzi ha deciso di passare una mano di anti-europeismo anche sullo sfondo che solitamente fa da scenografia alle sue apparizioni pubbliche.

 

L'attacco all'Europa
Non è certo passata inosservata la rimozione delle bandiere dell'Europa dalla scenografia che abitualmente fa da sfondo a #matteorisponde, il format inventato dal premier per interagire con la gente in diretta su Facebook.

 

Una scelta strategica mirata a far breccia tra gli euroscettici di casa nostra, rappresentazione plastica della distanza che il premier ha deciso di mettere tra sé e Bruxelles in una fase in cui il livello di scontro è stato fatto salire proprio allo scopo di accreditarsi come un leader che non esita a battere i pugni quando in ballo ci sono gli interessi nazionali dell'Italia e a fare la voce grossa con Jean Claude Junker nel chiedere maggiori margini di spesa per far fronte a tragedie come quella del terremoto.

 

Gli italiani all'estero: elettori chiave
In tutto sono circa 4 milioni i nostri connazionali residenti all'estero e iscritti alla lista dell'Aire. A loro il premier Matteo Renzi ha recapitato una missiva, firmata dal “segretario del Pd” e contenente un appello al voto a favore della riforma, che ha fatto infuriare il fronte del No perché ritenuta “inquinante” della consultazione referendaria.

 

Al di là delle polemiche, è evidente che per Renzi quel milione di elettori che, pur essendo residenti fuori dai confini italici, vogliono dire la loro al momento del voto in Italia, è strategico. Un milione è infatti il numero di voti che secondo i calcoli del premier deciderà l'esito della battaglia. E siccome finora gli italiani all'estero hanno tradizionalmente premiato il centro-sinistra (pur avendo ottenuto il diritto al voto dal 2001 per iniziativa dell'ex ministro berlusconiano Mirko Tremaglia), per la vittoria del Sì è considerato necessario riuscire a intercettarli.

 

Funzionerà?
Cosa potrà accadere da oggi fino al 4 dicembre nemmeno gli esperti sono in grado di dirlo. I più scommettono ormai sulla vittoria del “No”. I sondaggi, per quanto valga tenerli in considerazione dopo l'ennesima debacle subita negli Stati Uniti, continuano a dare il “Sì” perdente. 

 

A meno che esista una parte silenziosa di elettorato che non si espone ma che il 4 dicembre, nel segreto dell'urna, voterà Sì. Una cosa è certa: in caso di sconfitta, il premier ha già in mente un piano B e ha già cominciato a lavorarci su insieme ai suoi fedelissimi.

Edited by Rotwang
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siccome pure per sto giro m'è arrivata la nomina a presidente di seggio,

secondo voi quanti saranno i votanti della mia sezione?

 

Non dimentricate che, essendo un referendum CONSULTIVO, non c'è il quorum del 50% aventi diritto + 1 votante da raggiungere!

E tenete presente che alle comunali di giugno scorso gli iscritti nelle liste della sezione erano 986

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Boh? Cioè tu ne avrai una idea sulla base della

tua esperienza

 

I sondaggi prevedono una partecipazione del 58-60%

ovviamente è ciò che gli intervistati dichiarano, non è detto

che sia ciò che effettivamente faranno e/o succederà

 

Se tu sai che al tuo seggio mediamente la diserzione alle

urne è più alta, puoi detrarre quel 5-10% rispetto al dato

nazionale

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Tanto non è entusiasmante che la campagna che renzi ha impostato è oggettivamente grillina ( ora ovviamente le SS si scateneranno ma è così ) nel senso che demagogicamente si è puntato sulla riduzione delle spese, sui tagli dei senatori, su aspetti del tutto secondari e populisti Questo spiega la perplessità di molti, la demagogia ed il populismo renziano sono lo specchio di quello grillino

 

beh questo è nel DNA dell'operazione Renzi: un giovanotto catapultato alla testa del partito democratico e poi al governo senza essere neanche deputato

se vogliamo fare dietrologia, è evidente che si tratta di un'operazione organizzata a tavolino dalla vecchia guardia al grido di "rottamazione rottamazione" per contrastare la salita al potere dei 5stelle

è la famosa frase del Gattopardo: se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi

questa riforma, a voler essere benevoli, è superflua: a parte un punto, quando introduce un Senato nominato dagli apparati locali di partito

l'operazione è intesa come ultima spiaggia di opposizione contro il grillismo (che arriverà a contare davvero a livello locale solo molto tempo dopo le prossime elezioni politiche)

ma dopo la vicenda Trump, lo scenario più probabile è che, a prescindere da come andrà il voto al referendum, sono destinati ad essere spazzati via sia vinti che vincitori, il "giovane" Renzi insieme agli "anziani" D'Alema e compagnia

Edited by conrad65
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privateuniverse

Non dimenticate che, essendo un referendum CONSULTIVO, non c'è il quorum del 50% aventi diritto + 1 votante da raggiungere!

E tenete presente che alle comunali di giugno scorso gli iscritti nelle liste della sezione erano 986

 

Confondi consultivo con confermativo.

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privateuniverse

Del perché continua ad imitarlo come se fosse un ritardato.

Non direi che il ritratto che ne fa sia di un ritardato.

 

Lo ritrae come un guitto.

 

Ne imita la retorica, la mimica facciale, ne ridicolizza gli espedienti politici.

 

L'imitazione si regge su quello.

 

Prova a usare questa chiave di lettura e forse troverai, come me, l'imitazione esilarante.

Edited by privateuniverse
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A occhi storti...

 

Paradossalmente ho sempre trovato Crozza piú un cabarettista che un comico, figurarsi poi un satirico..

Crozza é uno che si esibisce per il potere non contro il potere e il concetto che veicola non va oltre al "sono tutti uguali"

 

 

Poi, se uno é fazioso..

Edited by Demò
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Forse più che di una imitazione si dovrebbe parlare di

"reinterpretazione" Renzi -quello vero -interpreta il guitto

che tratta gli Italiani da ritardati-imbecilli ( cioè fa il populista )

Crozza mostra questo aspetto alternando e condensando i due

profili nello stesso personaggio

 

Secondo me comunque fu mitica la reazione di Renzi che disse

che era una satira "vecchia" ( la risposta universale di Renzi a ciò

che non gli piace )

 

Comunque in sintesi: Renzi è un furbetto che ci tratta da ritardati

questo è il messaggio di Crozza

 

Ed ha ragione

 

Il problema non è suo, se poi noi facciamo fatica a trovare altri

politici che ci trattano meglio LOL

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Renzi -quello vero -interpreta il guitto che tratta gli Italiani da ritardati-imbecilli ( cioè fa il populista )

 

senza dubbio le roboanti prese di posizione contro il bilancio europeo per raccattare consensi al referendum appartengono al canovaccio di uno che pensa di gestire un parco buoi, più che un corpo elettorale

 

cambiando discorso... ho la fortuna di non avere la televisione in casa ma purtroppo ieri sono incappato sul web nell'imbarazzante pubblicità per il si al referendum costituzionale... guardandola mi sono domandato per quale motivo Renzi questo referendum lo voglia perdere, e non sono riuscito a darmi una risposta

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Si è affidato a chi ha curato la comunicazione

di Hillary Clinton...400.000 euro di consulenza

 

Forse visti i risultati negli USA tenta di convertirsi

in Trump antieuropeo

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Interessante il sondaggio a livello locale. Il nord-ovest, storicamente molto favorevole alla destra è l'unica zona dove viene data in vantaggio il SI (51 a 49), mentre il sud, storico serbatoio di voti per il centrosinistra è quello più ostile alla riforma con i NO al 56 contro il 44.

 

Questo dato dovrebbe far riflettere abbastanza... 

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Sembra che l'elettorato di Forza Italia sia il serbatoio

di voti per il Sì in cui pescare

 

Un terzo degli elettori di Berlusconi voterebbe Sì ed un

ulteriore terzo sarebbe ancora indeciso

 

Per il resto si tratterebbe di persone "non schierate" da

agganciare con messaggi politici generici, come quelli

che Renzi aveva scelto fino ad ora...ma che non si sono

molto smossi nei sondaggi ( dal 20 sono scesi al 16 ma per

ora è aumentato il No )

 

Da qui l'idea di investire il 15% del budget sugli Italiani

all'estero, che sono solo il 3% degli elettori, è un investimento

sostanzioso

 

E forse l'idea di Trumpizzare la tirata finale visto che il buonismo

di nonnine e bimbi, non ha reso molto ad oggi

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senza dubbio le roboanti prese di posizione contro il bilancio europeo per raccattare consensi al referendum appartengono al canovaccio di uno che pensa di gestire un parco buoi, più che un corpo elettorale

E qual è la differenza? E' ormai dimostrato con evidenza praticamente scientifica che l'elettorato vota solo in base alla fame, alla paura, alla simpatia, all'antipatia. Si può muoverne i voti solo trattandolo come bestiame, perché le sue leggi di funzionamento sono identiche a quelle del bestiame. 

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Trump antieuropeo

 

Trump-à-porter

 

Si può muoverne i voti solo trattandolo come bestiame

 

secondo me sarebbe stata più efficace una comunicazione aderente alla materia del referendum, magari semplifcata, ma che comunicasse attenzione nei confronti del corpo elettorale e delle sue capacità di discernimento, e non certo lo splatter tautologico tipo "se voti no non cambierà nulla"

Edited by conrad65
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Va anche detto che Renzi ci si è trovato a dover

maneggiare questo ruolo di riformatore, di cose

che Napolitano ha prescritto dovessero essere

riformate: non è che sia il suo programma

 

Ed il prodotto è poco vendibile

 

Insomma non la puoi vendere come riforma federale

perchè è neocentralista

 

Non la puoi vendere come neocentralista, perchè c'è il

Senato delle Autonomie

 

Non la puoi vendere come presidenziale, perchè la forma gi

governo cambia per la legge elettorale ed il ruolo populista 

interpretato da Renzi, ma non per le modifiche costituzionali

in sé ( oltre al fatto che la legge elettorale è da rifare perchè

non funziona e/o è incostituzionale e/o indigeribile al PD stesso )

 

 

 

Trump-à-porter

 

L'America ha una sua tradizione di contenimento e gestione del populismo

necessario a vincere le elezioni presidenziali

 

Poi magari Trump mi smentirà facendo cose orrende...ma Trump è stato

fatto passare per originale, per aver proposto cose già proposte da altri

( il muro di Clinton Bush  ; il giudice pro-life il taglio fiscale per i ricchi etc )

in forme nuove, più aggressive e volgari

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Linkiesta

 

La riforma della Costituzione su cui si voterà il prossimo 4 dicembre prevede, accanto a numerosi passi in avanti, un deciso passo indietro da un punto di vista della devoluzione di funzioni e poteri dallo Stato alle Regioni. Rispetto alla riforma “federalista” del 2001 si può parlare di una vera e propria “controriforma”, nata dalla constatazione – comune a quasi tutte le forze politiche, anche se diverse sono le soluzioni proposte – del fallimento delle modifiche precedentemente introdotte.

 

In particolare in seguito alla riforma varata dall’allora governo di centrosinistra si registrò un sensibile aumento dei costi (ad esempio la spesa sanitaria è passata dai 75 miliardi di euro del 2001 agli oltre 110 attuali), un conseguente aumento della pressione fiscale, un aumento della burocrazia (con la moltiplicazione di strutture, permessi e procedure diverse da Regione a Regione) e un’impressionante esplosione dei conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni di fronte alla Corte Costituzionale. Materia del contendere, quasi sempre, è a chi spetti legiferare su questo o quell’aspetto delle materie assegnate, in base alla Costituzione vigente dopo il 2001, alla “competenza concorrente” (cioè in cui lo Stato fissa i principi generali ma le Regioni legiferano nel dettaglio).

 

Per rimediare a queste storture la riforma Boschi prevede il ri-accentramento nelle mani dello Stato di competenze e poteri precedentemente devoluti. Secondo i critici adesso si starebbe esagerando nella direzione opposta, punendo eccessivamente gli enti locali, considerato che il malfunzionamento della riforma del 2001 sarebbe da imputare – secondo questa teoria – più al suo mancato completamento (ad esempio col federalismo fiscale e col passaggio dal criterio del costo storico a quello dei costi standard, per i rimborsi che lo Stato versa alle Regioni) che non alla sua natura stessa.

 

Ma vediamo nel dettaglio cosa prevede la riforma costituzionale del 2016.

Spariscono innanzitutto le Province dalla Costituzione (tranne quelle di Trento e Bolzano), sostituite dalle Città Metropolitane, enti di secondo livello – cioè non eletti dai cittadini ma dai sindaci e con funzioni ridotte – già previsti dalla riforma del 2001 ma istituiti solo a partire dal 2014.

 

Scompare poi la competenza concorrente tra Stato e Regioni. In base al nuovo articolo 117 cost. le materie che ricadevano in questo tipo di competenza sono ora quasi interamente ri-attribuite allo Stato, tra cui: assicurazioni; ricerca scientifica e tecnologica; previdenza complementare e integrativa; tutela, sicurezza e politiche attive del lavoro; commercio con l’estero; ordinamento sportivo, delle professioni e della comunicazione; protezione civile; produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia; infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione di interesse nazionale; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale.

 

In materia poi di istruzione, tutela della salute, governo del territorio, attività culturali e beni culturali (che ora sono nella competenza concorrente), e di turismo e politiche sociali (oggi di competenza regionale), con la riforma Boschi toccherebbe allo Stato fissare le disposizioni generali e comuni, mentre alle Regioni verrebbe lasciata la competenza legislativa per gli aspetti meno rilevanti. In questi casi si crea quindi un regime di co-legislazione tra Stato e Regioni. Alle Regioni resta comunque la competenza residuale rispetto alle materie non esplicitamente attribuite alla competenza statale.

 

Secondo i sostenitori del “Sì” con queste misure si dovrebbe ottenere una drastica riduzione della burocrazia (si pensi ad esempio al settore dei trasporti), una miglior tutela dell’interesse nazionale (paradigmatico il caso del turismo, dove con la Francia ad esempio ad oggi compete la singola Regione e non l’Italia) e una maggiore uniformità di trattamento per tutti i cittadini italiani (es. salute o istruzione). Il fronte del “No” lamenta che la co-legislazione faccia rientrare dalla finestra quello che è uscito (la competenza concorrente) dalla porta e soprattutto che la riforma produca un crescente divario tra le Regioni a statuto speciale – che non vengono investite da molte delle modifiche suddette – e quelle a statuto ordinario, fortemente depotenziate, mentre era da tempo anzi auspicabile in una riduzione della differenza tra i due regimi. Su quest’ultimo punto in particolare è debole la contro-risposta del fronte del “Sì”, secondo cui un simile compromesso è innegabilmente al ribasso e tuttavia si è reso necessario per far votare la riforma al Senato attuale.

 

Altra importante novità introdotta dalla riforma è la “clausola di supremazia” dello Stato sulle Regioni, che consente allo Stato di intervenire con proprie leggi anche nelle materie di competenza regionale “quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”. Secondo i favorevoli, di nuovo, si tutela meglio in questo modo il principio di eguaglianza dei cittadini e l’interesse collettivo, mentre per i contrari si dà un assegno in bianco al governo che rischia di ledere l’autonomia degli enti locali.

 

Anche da un punto di vista finanziario viene ridotta la libertà di manovra per gli enti locali. Nel nuovo articolo 119, al comma che prevede “le risorse (…) assicurano il finanziamento integrale delle funzioni pubblichi di Comuni, Città Metropolitane e Regioni”, viene aggiunto che “con legge dello Stato sono definiti indicatori di costo e fabbisogno che promuovono condizioni di efficienza nell’esercizio delle medesime funzioni”. Non dovrebbe insomma più essere possibile per una Regione spendere il triplo dell’altra per esercitare la stessa funzione, ci saranno invece dei criteri rigidi a cui doversi uniformare (anche se i dettagli dipenderanno dalla futura legge ordinaria a cui qui si rinvia).

 

Sempre da un punto di vista economico, ci sono poi alcune misure che il fronte del “Sì” ha spesso speso presso l’opinione pubblica rivendicando un’opera di riduzione dei costi: in primo luogo vengono vietati i “rimborsi o analoghi trasferimenti monetari recanti oneri a carico della finanza pubblica” per i gruppi politici presenti nei Consigli Regionali (in totale i venti gruppi costano 30 milioni di euro l’anno). Poi si stabilisce che l’indennità dei consiglieri regionali non possa superare quella del sindaco del Comune capoluogo di Regione. Su questo punto pesano diverse incognite: lo stipendio dei consiglieri regionali è un mix di indennità e diaria – cioè un rimborso – e la proporzione tra le due varia da caso a caso, e anche lo stipendio dei sindaci di capoluogo varia a seconda della popolazione residente, portando quindi l’asticella a livelli diversi da Regione a Regione.

 

Sono infine previste due disposizioni costituzionali nella riforma di carattere “premiale/punitivo” nei confronti degli enti locali e dei loro amministratori. Secondo il nuovo articolo 116, il Parlamento può – con votazione di ambo le Camere – concedere a una determinata Regione “particolari condizioni di autonomia” in alcune determinate materie che con sono attribuite alla competenza statale, solo se, e questa è la novità, “la Regione è in condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio”. Dunque più autonomia solamente alle Regioni virtuose. Specularmente, nell’articolo 120 che tratta del commissariamento da parte dello Stato degli enti locali, si introduce la possibilità di escludere i “titolari di organi di governo regionali e locali dall’esercizio delle rispettive funzioni quando è stato accertato lo stato di grave dissesto finanziario dell’ente”. Viene quindi stabilito esplicitamente che anche una gestione scellerata dei conti può portare al commissariamento. Anche in questo caso si rinvia a una legge dello Stato di futura emanazione per stabilire i dettagli.

 

Questa contro-riforma del Titolo V è solo poco controversa dunque – in particolare a causa della suddetta questione delle Regioni a statuto speciale –, ma la divisione tra favorevoli e contrarie segue logiche parzialmente diverse. Gli schieramenti dei favorevoli e dei contrari a questa ri-centralizzazione si sovrappongono solo parzialmente ai fronti del “Sì” e del “No” al referendum del 4 dicembre. Le voci critiche nei confronti dell’eccessiva riduzione dei poteri degli enti locali, che negli anni in cui tutti si dicevano federalisti sarebbero state assordanti, scontano oggi il fallimento della precedente riforma del Titolo V e l’oggettiva illogicità di alcune situazioni esistenti (per esempio la proliferazione delle autorità portuali). E tra chi ha mantenuto un orientamento federalista ci sono anche opinioni favorevoli alla riforma, che ritengono bilanciata questa riduzione del potere delle Regioni nel Titolo V con la nuova identità del Senato, destinato a rappresentare gli enti locali e non più la nazione.

Edited by Rotwang
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Quella è una vignetta satirica...non è propaganda

solo delle persone in mala fede potrebbero compararle

 

La realtà è che il NO non fa propaganda, nel senso

che non hanno soldi

 

Il Sì avendo raccolto le 500.000 firme ha avuto un

finanziamento pubblico di 500.000 euro a cui si è

aggiunto il finanziamento del PD

 

I Comitati per il NO sono divisi e non hanno denaro

ci può essere il volantino dell'ANPI ma neanche hanno

appeso dei manifesti

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Nonostante due terzi della nazione dai sondaggi e dai sentori dell'opinione pubblica sia schierata per il NO, con finanziamenti partitici, politici e culturali, con conferenze molto più diffuse del SI, azioni squadristiche, propaganda terroristica via web e altrettante numerose manifestazioni, ci sono ancora bontemponi che hanno il coraggio di dire di essere in minoranza e che non hanno soldi, come se fossero pure perseguitati. Mi ricordano qualcuno...

Edited by Rotwang
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