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Referendum sulla Riforma Costituzionale 2016


  

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  1. 1. Come voterai al referendum sulla riforma costituzionale?

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Il Fatto Quotidiano

 

La data del voto slitta ancora una volta. Sarà una domenica tra fine novembre e inizio dicembre, infatti, che si apriranno le urne per il Referendum Costituzionale. A comunicarlo alla platea della Festa dell’Unità di Torino, il ministro che ha messo la sua firma sulla riforma della Carta, e cioè Maria Elena Boschi. Un periodo  – quello tra fine novembre e inizio dicembre – che stavolta è stato confermato anche da Matteo Renzi, alla conferenza stampa convocata al termine del G20. “Il referendum – ha detto il premier – deve essere fissato a norma di legge entro il 13 ottobre, e a quel punto dal giorno in cui verrà fissato, decorrono tra i 50 e 70 giorni di tempo. Ascoltando i soggetti interessati il Cdm fisserà la data, ragionevolmente nei tempi già previsti”.

 

Entra a questo punto nel vivo, dunque, la campagna elettorale in vista della consultazione referendaria. E a tenere banco in questi giorni di fine estate sono soprattutto gli esponenti del Pd meno ortodossi, quelli più lontani dall’universo di Matteo Renzi: gli ex Ds, o addirittura ex Pci.

 

Il primo della lista è, manco a dirlo, Massimo D’Alema, autore di un’attacco a tutto tondo contro il premier – segretario, il Pd e la riforma costituzionale dal palco della Festa dell’Unità di Catania, che lancia ufficialmente “I dem per il No“. Al Cinema Farnese di Roma, l’ex premier raduna i suoi per lanciare una campagna che surriscalda gli animi all’interno del Pd. Dieci i parlamentari Pd che hanno firmato un documento in cui spiegano il loro voto contrario alla riforma – Paolo Corsini, Nerina Dirindin, Luigi Manconi, Claudio Micheloni, Massimo Mucchetti, Lucrezia Ricchiuti, Walter Tocci, Luisa Bossa, Angelo Capodicasa, Franco Monaco. Secondo il Corriere della Sera, poi con D’Alema andranno i parlamentari Massimo Paolucci e Antonio Panzeri, più una serie di amministratori locali che “pesano” in termini elettorali. Ed è proprio qualcuno dei suoi che descrive le parole di D’Alema come molto vicine “all’idea di un’uscita del Pd in caso di vittoria del Sì al referendum”.

 

Una posizione, quella dell’ex presidente del Consiglio, che ha infiammato gli animi, suscitando la replica di altri due fondatori del Pd: Dario Franceschini e Piero Fassino. “A D’Alema, potrei dire di guardarsi alle spalle: ci sono le migliaia e migliaia di parole spese per invocare il superamento del bicameralismo, per chiedere più poteri per il premier, per chiedere la riduzione dei parlamentari. Tutte cose che ci sono nella riforma”, ha detto il ministro dei Beni culturali. “Ma anche senza guardare il passato – ha aggiunto Franceschini – lo inviterei a guardare in avanti, a immaginare cosa succede in Italia se il sistema resta così com’è, bloccato, bicamerale con le sue lentezze, con i suoi ritardi e inefficienze denunciati da tanti anni; o se invece il giorno dopo il referendum, si mette in condizione chi vincerà le prossime elezioni – noi speriamo di essere noi, speriamo che sia Renzi naturalmente – di trovarsi con un legge elettorale che dà una maggioranza stabile, con un parlamento con una sola camera che fa le le leggi e dà la fiducia; davvero un altro mondo, un mondo che tutti hanno sempre invocato”.

 

Risponde a D’Alema anche Fassino, che con lui ha condiviso tutta o quasi la carriera politica, prima nel Pci, poi nei Ds e quindi nei dem. Ed è proprio la tradizione di sinistra che rivendica l’ex sindaco di Torino per argomentare la sua posizione sul referendum. “I contenuti della riforma – dice intervistato dalla Stampa – sono coerenti con battaglie antiche della sinistra italiana. I militanti della Cgil o dell’Anpi che votano sono numerosi pure loro. Io sono vicinissimo alla tradizione partigiana, anche per vicende legate alla mia famiglia, ma non per questo mi sento in contraddizione votando Sì. Trovo sbagliato dare a questo voto una connotazione ideologica o, peggio, classista”.

 

E mentre D’Alema monopolizza l’agenda elettorale in vista della sfida a Renzi, anche gli altri ex Ds si organizzano in chiave Referendum. Lancia la sua Sinistra per il Sì, il ministro della Giustizia Andrea Orlando – che venerdì scorso non ha rinunciato a definire il Pd come un partito “che va rifondato, anzi fondato proprio” – mentre la corrente dei Giovani Turchi si è associata a quella del ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, lanciando un appello sottoscritto anche da Matteo Orfini, Anna Finocchiaro, Nicola Zingaretti, Sergio Zavoli, Gianni Pittella e Paola De Micheli.

 

E Gianni Cuperlo? L’ex presidente dei dem si fa segnalare soprattutto per un’aspra polemica con L’Unità, che gli attribuisce un attacco a D’Alema (“Un errore l’incontro per il No”).”Spiace molto che L’Unità, giornale a cui siamo tutti legati per ragioni politiche e affettive, abbia titolato la mia intervista con un virgolettato che non ho mai pronunciato”, ha replicato Cuperlo. Che però non ha ancora aderito al comitato per il No di D’Alema. L’ipotesi di un’ulteriore spaccatura dello stesso fronte del No interno al Pd non è da sottovalutare.

Edited by Rotwang

Una vittoria del no al referendum costituzionale sarebbe un “passo indietro” per attrarre gli investimenti stranieri in Italia. E’ il parere dell’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, John Phillips, che è intervenuto a un convegno a Roma. Resta una “decisione italiana”, precisa l’ambasciatore, ma “l’Italia deve garantire di avere una stabilità di governo” proprio per attrarre investimenti. Perché, prosegue Phillips, “63 governi in 63 anni non danno garanzie”. Per Phillips, “il referendum offre una speranza e una opportunità per la stabilità di governo”. E quindi soprattutto per questo le grandi aziende “stanno osservando” quanto avviene in Italia. Tra le altre cose l’ambasciatore americano ha spiegato che Renzi “ha svolto un ruolo importante ed è considerato con grandissima stima da Obama che apprezza la sua leadership”.

 

Intanto anche la CGIL e l'USB (Unione Sindacale di Base) si schierano per il No.

oggi sui giornali c'è tanta gente che strilla contro l'intervento di ieri dell'ambasciatore Phillips... è un intervento irrituale, ma personalmente preferisco di gran lunga le prese di posizione chiare ai silenzi ipocriti e alle manovre da sottobosco

la posizione americana non mi sembra originata da una volontà di ingerenza politica, piuttosto esprime il punto di vista del mondo produttivo americano che guarda soprattutto all'efficienza ed efficacia del sistema istituzionale italiano in termini di capacità di governo e leadership

certo un simile parere sarebbe stato meglio veicolato da qualche economista o politologo sul New York Times o sul Washington Post, ma non è questo il punto essenziale

Edited by conrad65

Diciamo che certe vautazioni lasciano il tempo che trovano, un pò come quando ci hanno rifilato la riforma delle pensioni come panacea dei mali italiani o quella del lavoro come vitale per la riprese dell'economia che non c'è stata.

Quindi gli investitori non investono in Italia per altri motivi

Diciamo pure che Obama è intervenuto addirittura in prima

persona e direttamente nel caso del referendum sulla Brexit

per sostenere il Remain

 

 

E gli Inglesi hanno fatto il contrario esatto votando per l'uscita

 

 

Per cui forse abbiamo poca fiducia nella capacità degli Italiani di decidere

con la propria testa senza farsi influenzare da fattori esterni

 

Poca fiducia che - in parte - ha ragioni storiche, per dire l'Inghilterra

sotto le bombe tedesche decise di resistere fino alla fine, l'Italia sotto

le bombe alleate di fare l'armistizio segreto

Analizzando e seguendo bene dibattiti e pareri di esperti ho deciso di votare SI per una serie di motivi:

 

 

- l'armata Brancaleone che sostiene il no : mettere insieme Vendola, Brunetta, Salvini, Di Maio, Di Battista, ecc... uniti solo per andare contro il governo 

 

- la situazione politica è completamente diversa dal 1946-48, non abbiamo più una dittatura alle spalle e non c'è più la cortina di ferro, il pericolo comunista, ecc...

 

- è necessario che il sistema legislativo sia semplificato

 

- la soppressione delle province e la creazione di macroregioni al posto delle attuali è ottima

 

 

Dire che la riforma costituzionale sia l'attuazione del programma della P2 di Gelli è la classica bufala che gira in rete.

La Repubblica

 

La data del referendum costituzionale "la deciderà il Consiglio dei ministri che si terrà il 26 settembre". Lo dice il premier Matteo Renzi, ospite a Uno Mattina, che negli studi della Rai è tornato a parlare dei temi più caldi dell'agenda del governo. E tenta di allentare i toni delle polemiche. Per questo non risponde alle accuse che gli ha rivolto il Cinquestelle, Luigi Di Maio, anche se ammette: "Mi dispiace che il vicepresidente della Camera abbia detto questo perché i dittatori ammazzavano le persone. Dire che l'Italia è una dittatura non offende il presidente del Consiglio, ma l'Italia e la sua storia". E prosegue:"Mi hanno chiesto di tranquillizzare il clima, smettere di parlare della durata della legislatura, della vita del governo. Mi hanno chiesto di aprire sulla legge elettorale. Io ho cercato di sparecchiare il tavolo da tutti i problemi. Quindi abbiamo dato un'apertura vera sulla legge elettorale, non parliamo più delle questioni personali del futuro, ma solo del referendum".

Referendum. Sulla consultazione elettorale, intorno alla quale, ha ribadito, il presidente del Consiglio "stiamo cercando di diradare la nebbia", ha sottolineato: "Se passa il sì al referendum "ci sarà un fondo di 500 milioni di euro per la povertà. Se passa il referendum la cinghia la stringono i politici", assicurando che "dalla politica i soldi passerebbe alla povertà". In serata il premier incontra il presidente dell'Anpi, Carlo Smuraglia, per un confronto sulle ragioni del 'sì' e quelle del 'no': "A lui dirò che ci sono dei partigiani che votano no, ci sono dei partigiani che votano sì e grazie ai partigiani c'è la democrazia di vedere chi avrà un voto in più. Ringrazierò i partigiani per quello che hanno fatto 70 anni fa, vorrei scrivere la storia dei prossimi anni. Tenere viva la memoria di quella del passato, ma scrivere la storia dei prossimi anni".

Italicum. Resta confermata, da parte di Renzi, l'apertura alle modifiche per la legge elettorale, ma, ha chiarito il presidente del Consiglio, "chiederemo ai partiti, gli altri partiti delle opposizioni, quali sono le loro idee altrimenti è una discussione surreale". "Per me l'Italicum è un'ottima legge elettorale, ma se qualcuno ha proposte che le tiri fuori. Altrimenti è un dibattito surreale. Ma se ci viene chiesto: siete disponibili a cambiare la legge elettorale come segnale di ascolto e apertura? Io rispondo assolutamente sì".

Edited by Rotwang

La soppressione delle province sì è nella riforma costituzionale, ma la creazione di macroregioni no.

 

Quella della riduzione delle regioni è una proposta ma non si è mai concretizzata.

http://www.corriere.it/politica/15_ottobre_27/da-20-12-ecco-taglia-regioni-pd-ma-c-subito-stop-serracchiani-1804fbc8-7c7a-11e5-8cf1-fb04904353d9.shtml

 

 

Quella della riduzione delle regioni è una proposta ma non si è mai concretizzata. http://www.corriere....4904353d9.shtml
 

 

e con la riforma del senato neanche mai si concretizzerà, atteso che i consiglieri dovrebbero votare per l'abolizione dei loro seggi...ma in fondo rappresentare le regioni al senato non è il corrispettivo per la riduzione delle competenze?

 

Poco male, veder sparire il nome "Toscana" in favore di una Regione Appenninica, la Basilicata spartita tra Puglia e Calabria (poveri lucani!), un Triveneto che non starebbe insieme neanche inchiodandolo...strani ed arbitrari esperimenti di ingegneria sociale venduti in nome di un risparmio tutto da verificare

 

Piuttosto dovremmo chiederci come la riforma del senato, confermata, ostacolerebbe altre eventuali più utili riforme delle attuali regioni ...anche se...sia mai che è la volta che vediamo abolire le regioni a statuto speciale, poche e privilegiate rappresentate in una camera di eguali

Personalmente una volta eliminate le province non vedo impellente una riduzione anche delle regioni, anche se io non sono un fan del federalismo in Italia, visto che generalmente federalismo da noi coincide sempre con aumento esponenziale della spesa pubblica.

 

Attualmente cmq non è compresa nella riforma costituzionale nessuna riduzione delle regioni (e nemmeno mi sembra sia al momento in agenda) quindi non ha senso parlarne.

quindi non ha senso parlarne

 

be', se permetti, ha senso qualsiasi considerazione sugli effetti della riforma, dal momento che dobbiamo decidere come votare. 

 

...

....

sei contrario al federalismo perchè sei un piddaro, punto. Non vedo come il federalismo vero aumenti la spesa pubblica. Il regionalismo amministrativo senza federalismo fiscale certamente.

Edited by Demò

Sì ma la riduzione delle regioni e la reazione di macroregioni non è nella riforma.

 

Mi sembra ci sia già abbastanza da parlare su quello che c'è, piuttosto che parlare di quello che non c'è nella riforma.

Edited by Sbuffo

Mi sembra ci sia già abbastanza da parlare su quello che c'è, piuttosto che parlare di quello che non c'è nella riforma.

 

 

Piccola cara, cosa'hai stasera?

 

Nella riforma c'è il senato delle regioni. Il fatto è che il senato, con le sue competenze, certo ridotte, ma intatte in ambito di riforme costituzionali, è composto da rappresentanti dei consigli regionali.

In totale onestà d'animo, ti sembra che questo fatto sia neutro e privo di conseguenze?

A me pare che le regioni d'ora in poi avranno un peso enorme in tutti i casi di cui al primo comma dell'articolo 1 della riforma:

 

 

 

1. L'articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente:

«Art. 70. – La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all'articolo 71, per le leggi che determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di senatore di cui all'articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma. Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma.

 

 

se ti sembra una cosa da non discutere...be' sono problemi tuoi. 

Edited by Demò

Ma io parlavo della riduzione delle regioni e delle macroregioni in riferimento al commento di Fabius...

 

Quello semplicemente non c'è nella riforma costituzionale.

Edited by Sbuffo

 

 

Mi sembra ci sia già abbastanza da parlare su quello che c'è

Spesso quando chi sostiene una tesi cerca di evitare certi argomenti e di indirizzare la discussione altrove è perché ci si sta addentrando in territorio sfavorevole alle sue argomentazioni. Oppure, solo se molto abile e un po' manipolatore, lo fa apposta per spingere l'avversario a insistere sul punto, ma non mi sembra sia l'intenzione qui.

La soppressione delle province sì è nella riforma costituzionale, ma la creazione di macroregioni no.

 

Quella della riduzione delle regioni è una proposta ma non si è mai concretizzata.

http://www.corriere.it/politica/15_ottobre_27/da-20-12-ecco-taglia-regioni-pd-ma-c-subito-stop-serracchiani-1804fbc8-7c7a-11e5-8cf1-fb04904353d9.shtml

 

 

?

Ti prego dicci cosa di cosa ti fai, questa cosa non è contemplata nella riforma

 

La soppressione delle province porterà, nell'immediato futuro alla creazione di macroregioni, c'è già in cantiere la riforma, nasceranno anche "unioni di comuni" che unificheranno a breve i comuni medio-piccoli. Sono in contatto con un pezzo grosso di ANCI che ha spiegato che se passa il referendum l'iter è inevitabilmente questo.

Spesso quando chi sostiene una tesi cerca di evitare certi argomenti e di indirizzare la discussione altrove è perché ci si sta addentrando in territorio sfavorevole alle sue argomentazioni. Oppure, solo se molto abile e un po' manipolatore, lo fa apposta per spingere l'avversario a insistere sul punto, ma non mi sembra sia l'intenzione qui.

 

Sì ma se uno parla di questioni presenti nella riforma costituzionale ben venga, ma visto che la riduzione delle regioni e l'istituzione di macroregioni non c'è mi sembrava insensato dilungarsi sopra, anche perchè mi pare ci siano già abbastanza questioni di cui parlare su questa riforma costituzionale.

Edited by Sbuffo

mi pare ci siano già abbastanza questioni

E questo è vero. Ed è negativo, non perché sia un male che la riforme siano ampie, ma perché, appunto, si tratta in realtà di tante riforme su temi diversi e anche slegati tra loro su cui però ci obbligano a esprimerci in un blocco unico. Così, siccome come in tutte le cose ci sono parti buone e meno buone, ci tocca scegliere se far passare le buone turandoci il naso su quelle che disapproviamo o a rifiutare il tutto in blocco perdendo così l'occasione dei passi avanti che pur ci sono. E anche questo contribuisce a ridurre il tutto a un voto politico pro o contro il governo Renzi (sigh!).

 

Se non ricordo male questo aspetto era stato sottolineato da un gruppo di costituzionalisti tempo fa, ma non sento mai nessuno riprenderlo.

Edited by paperino

 

 

La soppressione delle province porterà, nell'immediato futuro alla creazione di macroregioni, c'è già in cantiere la riforma, nasceranno anche "unioni di comuni" che unificheranno a breve i comuni medio-piccoli. Sono in contatto con un pezzo grosso di ANCI che ha spiegato che se passa il referendum l'iter è inevitabilmente questo.

 

Amore, stai delirando . Le unioni di comuni sono una cosa profondamente diversa dalle macroregioni. Macroregione significa che il consigliere scelto in seno al consiglio regionale molisano in Senato voterà per l'annessione del Molise ad una qualche altra regione, è più facile che scenda in terra Gesù Cristo cavalcando il Drago Shenron

Dire che la riforma costituzionale sia l'attuazione del programma della P2 di Gelli è la classica bufala che gira in rete

 

L'idea di Licio Gelli, non certo originale ma mutuata dal

fascismo era quella di fare del Senato una sorta di camera

delle corporazioni e dei mestieri, con funzioni economiche

mixata all'idea inglese della camera dei lord

 

E' vero che si prevedeva una elezione di 2° grado su base

regionale, come nella riforma di Renzi, ma riterrei che il suo

concetto fosse più quello di una sorta di camera di cavalieri

del lavoro, ex alti funzionari pubblici, insomma una sorta di

"aristocrazia repubblicana"

 

Il problema della riforma di Renzi è che, la riforma del Senato

si inserisce nel quadro di un "neoefficientismo statalista"

 

L'idea di fondo è che le autonomie locali costituiscano un freno

allo sviluppo, all'innovazione ed all'azione di governo:

 

Bloccano la TAV, bloccano gli inceneritori, spendono troppo etc

 

Quindi si è fatto un Senato che ha poteri molto modesti nelle materie

di interesse regionale

La Repubblica

 

Domenica 4 dicembre: il Consiglio dei ministri ha approvato la data del referendum costituzionale, dopo il voto alla Camera sulle mozioni e la spaccatura interna ai dem. Il giorno prescelto, proposto dal premier Renzi e su cui il governo ha dato il suo via libera, è domenica 4 dicembre.

 

"Si vota il 4 dicembre. Per cambiare la Costituzione, per cambiare il Paese #bastaunsi #referendum", scrive su Twitter Ettore Rosato, capogruppo Pd alla Camera.

 

"Il capo ha deciso 4 dicembre. Se poteva portava referendum a Natale. Ma due mesi in più di propaganda non cambiano esito. Tanto vince il No", così Arturo Scotto, deputato capogruppo di Sinistra italiana, gruppo che contestava da giorni la data di dicembre perchè ridurrebbe l'affluenza e farebbe recuperare gli avversari del Sì.

M5s spara a zero. "Data indegna, Renzi non ha consultato le opposizioni, prestigiatore del gioco delle tre carte", affermano i deputati M5S della commissione Affari costituzionali della Camera: "Grave che Renzi abbia scelto la data del referendum costituzionale senza neanche consultarsi con le opposizioni. Ed è altrettanto grave e vergognoso che abbia negato ai cittadini, per così tanto tempo, la possibilità di esprimersi su un tema così delicato e importante, facendo un'indegna melina. Inoltre, se avesse potuto, il Presidente del Consiglio ci avrebbe fatto votare a Natale o, magari, a Capodanno, nella speranza di scoraggiare la maggioranza degli italiani, che è a favore del no, a recarsi presso le urne e nel tentativo di arrivare a mangiarsi il panettone", incalzano i grillini.

Ma Renzi va dritto e sceglie la sua Firenze, giovedì 29 settembre, per dare il via alla campagna ufficiale per il Sì. E, nella sua newsletter scrive: "La partita è adesso e non tornerà. Non ci sarà un'altra occasione. Sono certo che non la sprecheremo". E aggiunge, rispondendo a chi, come Brunetta, polemizza col testo scritto sulla scheda, che sarebbe uno spot per il Sì: "Il quesito referendario è stato "stabilito dalla legge, non dal marketing. Ma potremmo ridurlo a un concetto più semplice. Vogliamo avere un paese più stabile e più semplice o vogliamo tornare alle bicamerali D'Alema-Berlusconi o consegnarci a una strana forma di democrazia diretta in cui una srl di Milano controlla la democrazia interna di uno dei più grandi partiti del paese e si lega ai propri amministratori da contratti privati con tanto di penali da pagare? La partita è tutta qui. Qui e ora. Chi vuole cambiare, ci dia una mano".

Edited by Rotwang

Il Post

 

La sera del 30 settembre il direttore del TgLa7 Enrico Mentana ha condotto un dibattito sulla riforma della Costituzione, sulla quale si voterà al referendum del prossimo 4 dicembre, tra il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky. Il confronto è stato molto lungo (è durato circa due ore e mezza) e in alcuni momenti è stato abbastanza teso, soprattutto nell’ultima parte, quando entrambi i partecipanti sono apparsi abbastanza stanchi. Sono stati toccati punti molto tecnici, ma anche questioni di principio. Lo speciale ha ottenuto l’8,04% di share, con 1.747.000 di spettatori.

 

La prima parte del dibattito si è concentrata sulla questione della cosidetta “deriva autoritaria”, un punto sul quale Zagrebelsky ha insistito molto. Secondo il professore, gli effetti di riforma della Costituzione e della nuova legge elettorale, l’Italicum, rischiano di produrre un sistema “oligarchico” in cui il governo riceve la fiducia da un’unica camera, dove la maggioranza dei seggi è assegnato a una forza politica che rischia di essere sostanzialmente minoritaria nel paese. Renzi ha respinto le critiche, dicendo che la riforma non cambia i poteri del premier e sostenendo di essere a favore di una modifica dell’Italicum (che è stata approvata all’inizio dell’anno anche grazie a numerosi voti di fiducia e con l’appoggio esplicito di Renzi).

 

Uno dei momenti più interessanti del dibattito è stato il confronto a proposito degli effetti della riforma sulla stabilità dei governi. Renzi ha sottolineato più volte che in Italia in 70 anni di storia repubblicana si sono succeduti 63 governi diversi, mentre con la sua riforma sarà assicurata una maggiore stabilità. Zagrebelsky ha risposto dicendo che la stabilità dipende dalla compattezza delle forze politiche e che in passato maggioranza sostanziali, come quelle raccolte da Silvio Berlusconi, si sono frammentate per contrasti al loro interno, più che per causa dell’assetto costituzionale.

 

Intorno alle 23, a circa due ore dall’inizio del dibattito, entrambi gli ospiti hanno cominciato a mostrare segni di stanchezza. Zagrebelsky in alcuni momenti è sembrato confuso, mentre Renzi non è riuscito a nascondere la sua insofferenza. In uno dei momenti più tesi, Renzi ha rimproverato Zagrebelsky per avergli rivolto alcune domande, ripetendo diverse volte di non essere “un suo studente”. Di fronte a una critica politica piuttosto dura, Renzi ha anche minacciato di “togliersi la giacchetta“, come a dire che avrebbe potuto spostare il discorso dal piano istituzionale a quello politico, abbandonando quindi l’atteggiamento istituzionale e conciliante.

voterò no , non che sia tutta da buttare la riforma ma alcuni punti non mi piacciono proprio,poi non mi piace come renzi porta avanti il discorso del referendum e non mi piace quello che renzi vorrà fare soprattutto sulla sanità pubblica mi sa.

Edited by fabriz

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