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Percezione della cattiveria


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FlightOfIcarus

Mi sono sempre posto una domanda: se un uomo cattivo, è cattivo perché tale, oppure lo è semplicemente perché noi lo dipingiamo tale, in base alle sue azioni che noi percepiamo secondo la nostra società e cultura come sbagliate ?

Ho trovato risposta nel dualismo, nel modo in cui esso esiste solo in base a quella che è la nostra percezione. Per me nessuno è buono o cattivo, nemmeno un omicida (sopratutto i paranoici e sociopatici) che di istinto noi lo collocheremo immediatamente nella categoria "cattivi" ma che per altri esso abbia rappresentato un figura positiva nella propria esistenza. Io credo rappresenti un grande limite per l'essere umano, anche se nella storia ha permesso all'uomo di evolversi e di diventare razionale, ma come nel caso di un omicida, siamo noi a creare i nostri dualismi in base alla nostra necessità di sopravvivenza. Lo stesso atto di uccidere lo vedo come un espressione estrema dei istinti animali che ci appartengono, sicuramente espresso, in alcuni casi, in modo negativo dovuto probabilmente a molti fattori. 

Ovviamente nulla è assoluto, nell'uomo stesso nulla è assoluto. Voi cosa ne pensate?

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https://www.gay-forum.it/topic/33005-percezione-della-cattiveria/
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ma lui parlava della considerazione dei terzi rispetto alla "cattiveria" altrui

quasi tutto è relativo ed il quesito è anche interessante e di difficile soluzione

 

io interpreto la cattiveria come sadismo=gusto nell'infliggere dolore, sofferenza...e penso che in ogni cultura questo sia valutato  negativamente eticamente e scientificamente, oltre ad essere un comportamento sconosciuto al resto del mondo animale

mentre il concetto di azione cattiva o buona è mutevole

Edited by prefy

A mio avviso è l'atto ad esser cattivo, non la persona. 

Una persona può definirsi tendenzialmente cattiva nel momento in cui, numericamente, il numero degli atti cattivi da essa compiuti prevalga sulla controparte buona.

E' chiaro che la cattiveria di una persona, se non universale, sarà circoscritta alla percezione di coloro che han subito le angherie e le molestie del soggetto accusato: chi, invece, lo conoscerà per i lati positivi tenderà ad identificarlo in maniera contraria.

La cattiveria, tra l'altro, si esprime in un largo numero di gesti, pensieri, azioni sfumati e soggettivi tali per cui non è facile etichettare qualcuno come universalmente cattivo od universalmente buono. 

Edited by Laen

Il cattivo ''perché tale'' non esiste. Tali giudizi sono relativi a dei criteri che, di contro, definiscono il ''buono''. La categoria di ''male'' e ''bene'' non esistono di per sé in natura, sono una costruzione umana* - costruzione che certo si basa sulle possibilità permesse dal cervello umano (grazie all'evoluzione biologica) e su una tendenza innata all'autocontrollo (che può essere più o meno sviluppata), ma che trovano la loro definizione anche in una processo culturale, cioè appunto artificiale, nell'ambito della socializzazione umana e delle società umane.

 

Però, ecco, la componente ''fisica'', quella sociale e le scelte personali sono spesso collegate in modo dinamico e determinano poi la moralità dei comportamenti**. Un bell'articolo cartaceo di Le Scienze ne parlò in un dossier apposito (riguardo l'evoluzione della morale), se vuoi - e se riesco - posso passartelo via PM.

 

* In quanto tali, possono variare nel tempo e nello spazio.

 

** Sul fatto che un comportamento sia culturalmente ''morale'' o meno, ma non necessariamente giusto o buono aprirebbe un ulteriore (e complessa) riflessione.

Edited by Layer

 

 

Mi sono sempre posto una domanda: se un uomo cattivo, è cattivo perché tale, oppure lo è semplicemente perché noi lo dipingiamo tale, in base alle sue azioni che noi percepiamo secondo la nostra società e cultura come sbagliate ?

Marzullo, esci da questo corpo!!!!

Io direi che può darsi il caso che io abbia una percezione distorta

della cattiveria, nella misura in cui avendo uno spiccato bisogno di

approvazione da parte degli altri e non ricevendola, mi convinco del fatto

che sono -per questo solo fatto -cattivi.

 

Se però chiedo aiuto, o anche mi mostro in difficoltà oggettiva, in un certo

contesto e tutti se ne fregano, la mia percezione di vivere in una società

menefreghista in cui è più un valore la cattiveria competitiva, che la bontà

( vista come debolezza ) mi pare abbastanza fondata.

Tranne che nei romanzi fantasy

Se leggi romanzi fantasy che non siano fuffa per bambini, ti accorgi di come rappresentano bene tutte le sfaccettature dell'essere umano.

 

Tanto per stare in tema, come dice il buon geralt di rivia: Non esiste giusto o sbagliato, esistono azioni e conseguenze.

Io sono abbastanza d'accordo con ció che sosteneva l'antico filosofo greco Protagora.

 

Egli affermava che non esistessero verità certe, fisse e immutabili, ma che, per l'appunto, tutto fosse relativo. Sosteneva che una cosa potesse essere sia buona che cattiva, a seconda dei punti di vista.

 

Sosteneva inoltre che gli uomini per giudicare le cose, si attenessero al principio dell'utilità e che gli uomini giudicassero una cosa buona e giusta, se fosse stata a loro utile, e che invece giudicassero brutte e ingiuste le cose che erano per loro inutili e dannose.

 

Per fare un esempio: prendiamo in considerazione la morte di un nostro amico, per noi è una cosa brutta e triste (dato che è per noi inutile e dannosa psicologicamente) per i becchini e gli impiegati di un'agenzia funebre è invece una cosa bella, (dato che è per loro utile e fonte di sostentamento).

Edited by Maxy

Per conto mio la cattiveria e la bonta' sono definibili in ambito religioso o filosofico ma la scienza e la psicologia o psichiatria non se ne occupano.

 

Per questo che non ci sono studi sulla cattiveria o sulla bonta' perche' anche tutti se le definiscono a loro gusto.

 

Anche la giustizia non se ne occupa. Mai sentito qualcuno condannato per cattiveria.

Edited by marco7
AndrejMolov89

Da un lato la complessità di una persona, salvo eccezioni, impedisce una totale definizione di cattiveria. Per esempio, sono sicuro che un serial killer ha degli affetti, e con quelli si comporta benevolmente. 
Dall'altro, c'è anche la totale eliminazione del concetto antropologico di malvagio, e questo impedisce, per esempio, un'aperta condanna verso chi commette qualcosa di brutto. Sono dell'idea che alcune persone siano cattive e di queste persone possiamo distinguere almeno due categorie: una fetta che non agisce, pur avendone intenzione (qui cito Karibu e la strega Karaba, che è esemplare "La strega Karaba è cattiva", "No, Kiribu, è che a differenza degli altri, ha il potere di fare del male") e l'altra fetta che agisce, però non ha la percezione della sua cattiveria, ovvero è anestizzato dal punto di vista empatico. 
Detto questo, questo non toglie che una definizione di malvagio in senso canonico sia irrealistica, ma che esistano delle persone che agiscano o pensino per fare danno agli altri, sia per piacere personale che per interesse personale, è fuor di dubbio. Poi, bisogna precisare, che l'azione a danno degli altri deve essere contestualizzata sempre: un conto è agire per un interesse comune reale, un conto è agire per ciò che si ritiene giusto (esempio, sono sicuro che i fascisti credano di agire per la giustizia, ma non è sicuramente una giustizia inclusiva) e infine un conto è agire gratuitamente. E' una questione un po' sfumata, ed è difficile dare una definizione univoca della persona malvagia. Si ha solo una delle miriadi di sfumature. 

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