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Brexit: risultati e conseguenze


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Dopo la Brexit il nuovo pericolo per l'Europa viene dall'Ungheria, domani infatti ci sarà il referendum voluto dal governo Orban contro la quota europea di circa 1300 profughi da redistribuire nel paese:

 

http://tg24.sky.it/tg24/mondo/2016/10/01/ungheria-referendum-migranti.html

 

è molto probabile che se il referendum supererà il quorum (il si è dato per scontato oltre l'80%) anche Polonia, Romania e l'ex Cecoslovacchia facciano altrettanto, rifiutando così le quote obbligatorie.

 

La scusa utilizzata dai governi è che nell'Europa dell'est non sono abituati a vedere popolazione di etnia non europea e potrebbero esserci reazioni violente al loro arrivo... stiamo a vedere.

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Dal link dell'articolo che citi, tutto mi pare

si possa dire degli Ungheresi tranne che non

parlino chiaro:

 

“Volete che l’Unione Europea possa prescrivere l’insediamento obbligatorio

di cittadini non ungheresi, anche senza il consenso del Parlamento ungherese?”.

 

Cioè non mi sembra siano alle ricerche di scuse

 

“Volete che l’Unione Europea possa prescrivere l’insediamento obbligatorio

di cittadini non ungheresi, anche senza il consenso del Parlamento ungherese?”.

 

Cioè non mi sembra siano alle ricerche di scuse

 

Le scuse i governi dell'est le hanno trovate prima, dicendo che non vogliono l'arrivo dei profughi perchè la popolazione, a detta loro, non è abituata a vedere altre etnie. 

Che non siano abituati è un fatto, non è che lo dicono così, per dire.

 

Vero, ma anche l'Europa mediterranea fino a 5-10 anni fa non era abituata. Il fatto è che le quote per questi paesi sono minime : 5082 in Polonia, 2475 in Romania, 1591 in Repubblica Ceca, 1294 in Ungheria, 802 in Slovacchia.

 

Per fare un paragone ecco i numeri nelle regioni italiane a inizio agosto di quest'anno (con gli arrivi di agosto-settembre il numero è aumentato) : 19363 in Lombardia (stessi abitanti dell'Ungheria), 13780 in Sicilia, 10666 in Campania (stessi abitanti della Slovacchia), 11305 in Veneto, 10740 in Piemonte, 11490 nel Lazio, 10658 in Toscana, 9812 in Puglia, 9702 in Emilia Romagna, ecc...

 

 

Vero, ma anche l'Europa mediterranea fino a 5-10 anni fa non era abituata. Il fatto è che le quote destinate a questi paesi sono a dir poco ridicole : 5082 in Polonia, 2475 in Romania, 1591 in Repubblica Ceca, 1294 in Ungheria, 802 in Slovacchia (mancano i dati delle tre repubbliche baltiche).

 

Per fare un paragone ecco i numeri nelle regioni italiane a luglio di quest'anno : 19363 in Lombardia, 13780 in Sicilia, 11490 nel Lazio, 11305 in Veneto, 10740 in Piemonte, 10666 in Campania, 10658 in Toscana.

Edited by Fabius81

Ho vissuto in UK, lavorato, mangiato, dormito con loro. Dalla mia esperienza e prima del risultato loro non si sono mai e dico mai sentiti europei. Lungo discorso dalla moneta, transitando per la Regina e sul fatto che gli affari maggiori loro li fanno [settore bancario a parte, dove a Londra sono preoccupati] con tutti senza troppi problemi e/o dazi.

 

Tutto dipenderà da cosa e come dovranno lasciare sul piatto certe " agevolazioni " che beneficiano come membri e riprendersene delle altre che hanno perso. Leggo economisti e giornali finanziari e nessuno fino ad oggi è in grado di dire che cosa effettivamente accadrà. Vedrete che quando succederà ci saranno i soliti commenti del dopo-partita della serie [io lo avevo detto !!]

 

Di certo i signori di Bruxelles e Strasburgo la lezione non la hanno imparata proprio e in giro per l'Europa e non solo c'è molto fermento che da un lato auspicherei ma dall'altro mi fa tremare i polsi.

 

Anche se un Europa così a me non piace [anche qui discorso lungo] penso che essere come paese esposti alle varie tempeste della globalizzazione e delle varie crisi finanziarie, sociali, petrolio, guerre, da soli anche se sottobraccio agli USA e strizzando l'occhio all'asia e con una Europa offesa nell'orgoglio, beh !! non dormirei sonni tranquilli.

 

Ora vediamo questa pornocopia della Tacher, che porella se non la prendeva in mano chi si prestava ? ma noi e soprattutto qui in Italia ritengo che siamo così avvitati in problemi che sapete bene non uttimi 300 Miliardi di Npl che ritengo in mio modesto pensiero l'uscita della UK ci fa sorridere come in una commedia Felliniana.

Edited by Andy42

La Repubblica

Liste di proscrizione per lavoratori stranieri nella Gran Bretagna cosmopolita, multietnica e globalizzata del ventunesimo secolo. Potrebbe sembrare uno scenario di fantapolitica, invece è una proposta della ministra degli Interni Amber Rudd: così clamorosa che ha scatenato un'ondata di polemiche, finendo per oscurare o almeno far passare in secondo piano quello che doveva essere il principale argomento politico della giornata, il discorso della premier Theresa May a conclusione dell'annuale congresso del partito conservatore.

Le parole della ministra Rudd sono state anticipate dal Times di Londra, che ha aperto la prima pagina con un titolo allarmante: "Firms must list foreign workers", le aziende dovranno fare liste dei lavoratori stranieri. Un'idea che Rudd ha precisato al congresso dei Tories: "Ci sono troppi lavoratori stranieri in Gran Bretagna", ha detto, aggiungendo subito dopo che sono troppi anche gli studenti stranieri. Gli uni e gli altri tolgono posti, spazio e risorse ai cittadini britannici, sostiene la ministra. Per invertire la tendenza non basta, evidentemente, porre limiti all'immigrazione, come il Regno Unito si appresta a fare con Brexit, ovvero uscendo dall'Unione Europea e mettendo fine alla libertà di movimento dei lavoratori, anche pagando il prezzo dell'uscita dal mercato comune. Occorre qualcosa di più: "Svergognare" le aziende che, perlomeno nella visione del governo, privilegiano le assunzioni di stranieri. Per questo, l'obbligo di pubblicare "liste" per nazionalità, in modo che l'opinione pubblica sappia quanti britannici e quanti non britannici vi lavorano: una pressione che, nelle intenzioni di Amber Rudd, spingerebbe le imprese ad assumere più britannici.

"Xenofobia pericolosa", accusa il partito laburista. "Non sono razzista", si difende la ministra - che forse, avendo preso il posto occupato per sei anni da Theresa May prima di conquistare Downing street, pensa di dover farsi notare per favorire il resto della sua carriera. Ma la Confindustria britannica e la City segnalano scontento, commentando che, senza gli stranieri, l'economia nazionale andrebbe in tilt. E sui social network esplode lo sdegno, anche da parte di molti italiani di Londra, increduli all'idea di poter finire in una "lista", identificati come diversi: un'iniziativa che risveglia i peggiori fantasmi del passato europeo. Del resto Liam Fox, uno dei tre "ministri per Brexit" nominati da Theresa May, afferma tranquillamente che gli europei residenti in Gran Bretagna, 3 milioni di persone, potrebbero essere usati "tatticamente" come merce di scambio al tavolo della trattativa fra governo britannico e Ue sui termini del divorzio. Anche questa una proposta che suscita proteste e indignazione, peraltro smentita dalla premier May secondo cui i diritti degli europei residenti nel Regno Unito saranno protetti finché lei è a
 capo del governo, seppure aggiunga subito "a patto che i britannici ricevano protezione analoga in Europa". Insomma, per quanto appaia incredibile, il grido che si insinua nella capitale multietnica, cosmopolita e globalizzata d'Inghilterra è "non passa lo straniero".

Edited by Rotwang

La notizia che emerge dal Congresso del Partito Conservatore inglese

è che la Gran Bretagna rifiuta di partecipare all'area di libero scambio

EFTA al pari di Svizzera e Norvegia

 

Al contrario di ciò che ci piacerebbe e ci era stato fatto intendere sta avvenendo

qualcosa che sembra l'opposto. L'UE ha offerto l'EFTA e la Gran Bretagna dice NO

 

Rimane la possibilità di una Unione Doganale o un accordo ad hoc, che spero sia

barattata con la libera circolazione di studenti e lavoratori

 

Altrimenti si ripiegherà sulle regole generali del WTO

Internazionale

Qualcosa di straordinario e sinistro sta accadendo nel Regno Unito. Dopo i mesi di limbo seguiti allo shock del referendum sulla Brexit, il nuovo volto del paese – quello che avrà una volta fuori dell’Europa – ha cominciato a definirsi. E per adesso non ha tratti molto piacevoli.


A disegnare questo nuovo volto è anzitutto la leader conservatrice e prima ministra Theresa May. Durante il congresso annuale dei tory che si è tenuta a Birmingham, la premier ha tracciato la sua visione per la nuova società britannica.

Passate le divisioni della campagna per il referendum, il congresso ha chiarito che la Brexit è diventata la fede assoluta del governo: quando Theresa May ha annunciato che il processo formale di divorzio dall’Unione europea comincerà entro marzo, la notizia è stata accolta con grande entusiasmo.


May ha anche ribadito che il controllo dell’immigrazione – ovvero il divieto di libera circolazione per i cittadini europei che vengono nel Regno Unito – sarà il cardine di ogni trattativa con l’Europa. L’intero congresso tory ha abbracciato una retorica antimmigrazione e le figure di spicco del governo hanno gareggiato nel lanciare proposte in questo senso, inclusa una drastica riduzione degli studenti stranieri ammessi nel Regno Unito.

Opinione pubblica raggelata
Amber Rudd, ministra dell’interno, ha dichiarato che bisogna mettere al primo posto “gli interessi della gente britannica” e ha proposto che ogni azienda del paese renda pubblico il numero dei suoi dipendenti stranieri, in modo da “svergognare” le aziende che non assumono abbastanza britannici.


La proposta ha raggelato l’opinione pubblica liberale e conquistato le prime pagine, con toni di giubilo sui tabloid populisti di destra, e di preoccupazione sui giornali moderati. In un video diventato subito virale, si vede un conduttore della Lbc, popolare emittente radiofonica di commenti politici, mentre legge un brano di un discorso che suona simile a quello di Amber Rudd, salvo poi rivelare che si tratta di un brano del Mein kampf.

Le polemiche hanno spinto il governo a fare marcia indietro, ma sarebbe un errore pensare che si sia trattato di un isolato passo falso. Un sondaggio di YouGov ha mostrato che il 59 per cento dei britannici appoggia l’idea di Rudd. Ed è significativo il commento del principale finanziatore del partito nazionalista Ukip, l’imprenditore Arron Banks: “È bello che certe idee, considerate finora marginali, siano ora diventate senso comune”.

In molti, inclusa la leader scozzese Nicola Sturgeon, hanno accusato i tory di usare un linguaggio uguale a quello dell’Ukip. Con la sua virata a destra e il “pugno di ferro” su immigrazione e trattative europee, il governo cavalca il nuovo clima sociale successivo al referendum.

A Birmingham, d’altro canto, Theresa May ha affrontato anche altri temi. Ha parlato di economia e stato sociale, aprendo in questo caso a posizioni di centro e perfino, almeno in apparenza, di sinistra. Ha avanzato proposte per aumentare la spesa pubblica, rompendo con la tradizionale avversione tory per l’investimento statale. Ha parlato di diritti dei lavoratori, di difesa dei consumatori e di giustizia sociale. Ha criticato i grandi poteri economici, la politica monetaria, e le “élite metropolitane” che non capirebbero le ansie della “gente comune”. Ha lodato i valori patriottici.

Quadratura del cerchio
In pratica, ha confezionato una visione politica che include posizioni di estrema destra sull’immigrazione, posizioni di apparente centrosinistra sull’economia, condite da dosi di populismo e nazionalismo. In questo modo conta di sottrarre elettori da un lato all’Ukip e dall’altro al Labour, già in disfatta per i suoi travagli interni.


Soprattutto, la visione di May – definita “maysmo” da un commentatore del Times – ha l’ambizione di rimodellare la società britannica. Una straordinaria quadratura del cerchio capace di intercettare, perfettamente, le inquietudini della maggioranza che ha votato per la Brexit. I principali nemici restano ovviamente l’Europa, con la sua libertà di movimento dei lavoratori, e più in generale la società globalizzata, troppo aperta e troppo complessa.

Ciò che risulta sinistro in questa visione è il filo diretto che viene teso tra giustizia sociale e attacco all’immigrazione. Le proposte antimmigrati fatte a Birmingham sono emblematiche di un approccio che pensa a una società postglobale, in cui la retorica preferita è quella della protezione delle comunità locali.

Questa protezione appare certo giusta e necessaria. Un posto di lavoro dovrebbe essere disponibile anzitutto per i componenti della comunità locale, ma il criterio per stabilire chi appartiene alla comunità può essere davvero la nazionalità? In questo modo non si superano gli aspetti problematici della globalizzazione; si creano invece spaventose tensioni regressive.


Per i tre milioni e mezzo di immigrati europei, italiani inclusi, che vivono nel Regno Unito, il nuovo corso del governo apre l’ennesima crepa psicologica con il paese che li ospita. Notizie di aggressioni xenofobe si sono susseguite per tutta l’estate, culminate nel pestaggio mortale di un cittadino polacco a Harlow, una cittadina a nord di Londra.

Alcuni casi di “immigrati di alto profilo” che hanno deciso di andarsene sono diventati simbolici: come il direttore del Victoria & Albert Museum (uno dei principali musei di Londra), il tedesco Martin Roth, che si è dimesso in polemica con la “retorica di guerra” del referendum. La sua assunzione era stata un simbolo del carattere internazionale di Londra. Le sue dimissioni sono un segno che quel carattere è in pericolo.

Quanto a Londra, la capitale cosmopolita che ha accusato con più forza lo shock del referendum, il sindaco Sadiq Khan ha espresso varie volte la proposta di istituire visti esclusivi per la città. Tali visti consentirebbero ai lavoratori europei e stranieri di continuare a venire a Londra anche in caso di pesanti cambiamenti nelle leggi nazionali sull’immigrazione.

Dopo la prima fase di incredulità, Londra pare essersi rassegnata all’incubo della Brexit, divenuta una sorta di crisi sistemica, di sottofondo, accanto alla crisi immobiliare e al rischio terroristico. Ma ora che l’obiettivo guida della Brexit è più esplicito – smantellare determinati aspetti della globalizzazione, a partire dalla mobilità della forza lavoro – si trova sotto attacco il modello stesso di vita della capitale, ciò che ha determinato la sua prodigiosa crescita economica e culturale negli ultimi vent’anni.


I segnali economici, sia a Londra sia nel resto del paese, restano contraddittori. L’occupazione e i consumi finora hanno retto. In compenso la sterlina è crollata ai minimi dagli anni ottanta e gli esperti si aspettano un aumento dei prezzi dei beni importati. Le previsioni di crescita economica per il prossimo anno sono state ridotte, e Philip Hammond, il ministro delle finanze, ha ammesso che ci saranno “montagne russe” nel futuro prossimo. Molti investimenti restano fermi in attesa di vedere cosa accadrà.

Come in un romanzo di spie
La realtà raccontata solo in parte da May e dai suoi ministri è che l’esclusione dal mercato unico europeo – che sarà una conseguenza del divieto di libera circolazione dei cittadini stranieri – farà entrare il Regno Unito in acque del tutto inesplorate. Le pulsioni politiche alla base della Brexit continuano a prevalere sulle cautele economiche. I politici sostenitori della hard Brexit, ovvero di un distacco radicale dall’Unione, hanno ripetuto per mesi come un ritornello che accetteranno volentieri di ritrovarsi più poveri, se questo servirà a fermare l’immigrazione. Ma a ritrovarsi più poveri saranno, inevitabilmente, i lavoratori che il governo sostiene di voler proteggere.


Gli uffici del dipartimento governativo che dovrà gestire i negoziati per l’uscita dall’Europa (Department for exiting the European union), lavorano intanto a pieno ritmo. Il Regno Unito e l’Unione dovranno contrattare, punto per punto, un divorzio senza precedenti. L’Economist l’ha chiamato “il divorzio più complesso del mondo”, e sarà un divorzio senza amore. Merkel e Hollande hanno risposto con toni di forte polemica alla svolta di May. La “retorica di guerra” si fa sempre più evidente.

In questi giorni, il governo britannico ha rifiutato di assumere come consulenti alcuni accademici della London school of economics, studiosi di politiche europee, perché non sono cittadini britannici (nel timore, pare, che venissero in contatto con informazioni sensibili sui negoziati). Quasi come in un romanzo di spie. Per la prima volta in decenni, gli interessi del Regno Unito e quelli dell’Europa si trovano in aperto, brusco contrasto.

Edited by Rotwang

la politica inglese è a pezzi, tra un partito conservatore che sembra la caricatura del Front National e un partito laburista su posizioni marxiste e antisemite

non si vede come possano conciliare il neo-nazionalismo con la tradizionale ospitalità verso emiri, nuovi miliardari indiani e oligarchi russi in trasferta, su cui si regge gran parte del settore immobiliare e del benessere finanziario di Londra

chissà, magari ci riescono, staremo a vedere; per ora la sterlina è in caduta, e questo significa che ci sono dei capitali in fuga

Io sono sicuro che gli Inglesi faranno del loro meglio per fare

il nostro peggio

 

E' la storia che ce lo dice

 

Certo per un Liberale inglese non si prospetta un futuro denso

di soddisfazioni, ma questo c'entra più con le predilezioni politiche

di ognuno, piuttosto che coi fatti

 

Temo che i nostri lavoratori saranno sacrificati dalla Merkel a vantaggio

delle esportazioni tedesche e della loro bilancia commerciale

 

 

Temo che i nostri lavoratori saranno sacrificati dalla Merkel a vantaggio delle esportazioni tedesche e della loro bilancia commerciale

 

questo è sicuramente il punto di vista della Germania.. saranno pronti a sacrificare la libera circolazione dei lavoratori pur di tenere l'UK dentro un sistema senza dazi doganali che favorisca le loro consistenti esportazioni

visto dal lato UK, il problema fondamentale è mantenere una sterlina forte, dato che ormai importano tutto, anche la carne per il roastbeef

dovranno per forza di cose mettere in atto una serie di misure da paradiso fiscale, in grado di attrarre capitali stranieri

anzi, non escludo che uno dei fattori politici che possono aver favorito la Brexit sia proprio questo: lasciar cadere le regole europee che impedivano al Regno Unito di divenire un paradiso fiscale a tutti gli effetti

non vedo invece alcuna convenienza per il Regno Unito ad ostacolare il flusso di studenti stranieri nelle loro università

ottimo, dare lavoro prima ai locals e poi, eventualmente, accettare un immigrato dovrebbe essere un buon cardine per una nazione che pensa ai propri cittadini. 

 

"i will have order!"

 

brava may, le masse si guidano con il pugno di ferro. 

Trovo che la strategia propagandistica del terrorismo apocalittico, sebbene possa portare buoni risultati nel breve termine, nel lungo sia molto pericolosa. 

Il Brexit non c'è stato. E, per come lo intendono gli antieuropeisti che ci stanno dietro, non ci sarà mai. L'UK era già un membro UE a statuto speciale, ed è quello che in sostanza continuerà ad essere anche dopo che il Brexit sarà ultimato, cioè fra almeno un paio d'anni. 

Tutti sanno che il mercato europeo è il più importante del mondo, tutti vogliono avervi libero accesso; mentre qui i nazionalisti ripuliti giocano a fare i no euro e sparlano dell'Europa, dall'est tutti quanti premono per potervi entrare. Figurarsi se l'UK ha il benché  minimo interesse ad uscirne... ci resterà dentro, solo che ci resterà a condizioni diverse e, molto probabilmente, più svantaggiose per loro, visto che hanno rinunciato al diritto di voto. 

 

Quindi l'esito negativo del Brexit, sebbene potenzialmente catastrofico, non è stato catastrofico per niente, e personalmente non credo che lo sarà mai se non nel lunghissimo termine, ovvero quando il progetto europeo sarà in fasi molto più avanzate e l'UK si ritroverà ad esserne fuori. Questo perché oggidì, quando si prevede un disastro, si prevedono anche le contromisure; nel nostro caso, due anni abbondanti di dilazione che serviranno ad attutire il colpo e tutta una serie di accordi sostitutivi che serviranno a lasciare la situazione sostanzialmente invariata. Non è che il Brexit sia stato una cosa bella per l'UK (Per l'UE lo è stato), semplicemente si è riuscito ad attutire il colpo abbastanza efficacemente... Almeno per ora. 

 

Questo discorso vale con un po' tutte le paventate apocalissi dei tempi moderni; che so io, una vittoria di Trump alle elezioni, una sconfitta del Sì al nostro referendum costituzionale... sono sicuramente eventi che andrebbero evitati con tutte le forze, ma sono pronte anche le contromisure per evitare che se si verificassero arrivasse l'apocalisse.

Il problema è che su questi argomenti si usa una tattica comunicativa essenzialmente disonesta, che è quel terrorismo di cui parlavo prima. La catastrofe che accadrà... andiamo, ovvio che un Trump sarebbe un pessimo presidente, ma non è la letterale apocalisse che ha invocato la Clinton. E se poi Trump viene eletto e l'apocalisse tanto attesa non c'è, perché il suo partito non lo sostiene e gli fa guerra spietata in congresso, o perché Trump si circonda di collaboratori validi che riescono a minimizzare i danni?

A quel punto sentiremo gli stessi analisti internazionali improvvisati che stiamo sentendo sul brexit dire "visto che non c'è stata nessuna apocalisse?"

E avranno paradossalmente ragione; non siamo stati onesti a minacciare apocalissi, anche se siamo stati onesti a prevedere no good.

 

In questi casi sarebbe secondo me molto più lungimirante mantenersi aggressivi ma onesti e coi piedi per terra. Tenere la tensione così alta è possibile per un po', ma presto o tardi si abbassa per forza per assuefazione.

Trovo che la strategia propagandistica del terrorismo apocalittico, sebbene possa portare buoni risultati nel breve termine, nel lungo sia molto pericolosa. 

Il Brexit non c'è stato. E, per come lo intendono gli antieuropeisti che ci stanno dietro, non ci sarà mai. L'UK era già un membro UE a statuto speciale, ed è quello che in sostanza continuerà ad essere anche dopo che il Brexit sarà ultimato, cioè fra almeno un paio d'anni. 

 

La Brexit deve ancora esserci (cioè l'uscita del Paese dalla comunità continentale), i Britannici hanno scelto, avverrà e saranno solo affari loro, l'UK non sarà più membro della UE, non a statuto speciale, sarà proprio fuori con tutte le conseguenze catastrofiche che si meritano dei bifolchi euroscettici. Hai capito o no?

Edited by Rotwang

La Brexit deve ancora esserci (cioè l'uscita del Paese dalla comunità continentale), i Britannici hanno scelto, avverrà e saranno solo affari loro, l'UK non sarà più membro della UE, non a statuto speciale, sarà proprio fuori con tutte le conseguenze catastrofiche che si meritano dei bifolchi euroscettici. Hai capito o no?

Formalmente, sì. Probabilmente finirà come la Svizzera: UE in tutto e per tutto, ma senza votare. 

Staremo a vedere chi ha ragione.

Certo, se il brexit avesse davvero le conseguenze disastrose paventate... in un certo senso sarebbe meglio, perché sarebbe una lezione per tutti. Ma a contempo il libero mercato ha la caratteristica di diventare estremamente vincolante per tutti: non solo loro hanno bisogno del mercato europeo, ma il mercato europeo ha bisogno di loro, quindi anche nel nostro interesse probabilmente ci tocca evitare di fargli troppo male. 

 

 

non vedo invece alcuna convenienza per il Regno Unito ad ostacolare il flusso di studenti stranieri nelle loro università

 

Saranno abrogate le agevolazioni, in pratica lo studente UE

pagherà il doppio come gli altri studenti stranieri, non potendo

godere delle agevolazioni riservate ai cittadini inglesi

Formalmente, sì. Probabilmente finirà come la Svizzera: UE in tutto e per tutto, ma senza votare. 

Staremo a vedere chi ha ragione.

 

La Norvegia e la Svizzera non hanno mai fatto parte della UE, quindi godono di status speciali che le consentono di avere qualcosa in cambio dalla comunità continentale, la Gran Bretagna sì e ha voltato le spalle al progetto europeo, inoltre Oslo ha respinto la sua ammissione nell'EFTA, godo male.

Edited by Rotwang

https://www.theguardian.com/society/2016/oct/08/homophobic-attacks-double-after-brexit-vote

 

Dopo mesi dal voto Brexit, nel Regno Unito gli attacchi omofobici sono cresciuti del 147% e solo 3mila denunce di crimini d'odio una settimana successiva al voto. Un campione di 467 persone LGBT ha confessato di non fidarsi della polizia britannica o di esserne scontenta in relazione alle denunce per crimini d'odio.

Qua si specula che il brexit beneficerà gli investimenti in Spagna. Comunque riflettevo che il Brexit è l'anteprima di ciò che avverrà in altri paesi. Londra può essere l'affascinante melting pop per il turista, ma per l'inglese che deve farsi una vita sarà un inferno tra affitti stellari e lavori infernali. Il fatto che gli inglesi abbiano detto basta fa pensare che la globalizzazione abbia dei limiti e a un certo punto diventi ingestibile.

I Consulenti stranieri vengono allontanati dal Foreign Office

 

Gli Inglesi non si fidano di persone che potrebbero fare l'interesse

della propria controparte:

 

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/10/14/brexit-consulenti-esteri-ostracizzati-da-londra-caos-totale-qui-i-politici-hanno-perso-razionalita/3094264/

La Brexit riesce a tirar fuori un inaspettato lato volgare di Prodi:

 

Quindi per me la Brexit è stata una grande sconfitta e se si poteva sperare che almeno servisse a dare la sveglia all'Unione europea, mi sono disilluso anche su questo punto vedendo la lentezza della reazione. A marzo iniziano i negoziati, che dureranno due anni e mezzo,  e nessuno ancora reagisce. L'incertezza ci sputtana in giro per il mondo , la frammentazione e il populismo fanno progressi e la Germania rinvia e non decide. I tedeschi hanno sempre una marcia in più,

ma stavolta è quella sbagliata".

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