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Stefano Parisi alla guida del centrodestra


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Stefano Parisi va avanti a costruire il polo dei moderati con la benedizione di Silvio Berlusconi e lo convoca nel capoluogo lombardo in settembre.

 

Annuncia una convention aperta, stile USA e in una mail già inviata alla sua mailing list, e che sarà rilanciata sui social, spiega: "Si è fatto un gran parlare di leadership, quando il primo problema sono i contenuti: io ho dato la mia disponibilità a costruire un programma liberal-popolare concreto e vincente, la cui definizione è preliminare a qualsiasi discorso". Invita: "Ci ritroveremo tutti per far sì che da Milano parta la rigenerazione del centrodestra prima e del paese poi. Il cantiere è appena aperto".

 

La partita tuttavia è appena cominciata. In Forza Italia, la corazzata del centrodestra ridotta ora al lumicino, che proprio nella vittoria di Parisi a sindaco di Milano puntava per riscattarsi e invece è stata sconfitta, c'è aria di rivolta. In un colloquio con Repubblica, Parisi parla del futuro politico del centrodestra: "Voglio creare una alternativa liberale a Renzi. Altrimenti la gente pensa che se il premier perde il referendum e va a casa, poi vincono i 5Stelle o c'è il baratro. Per questo serve un progetto di rinnovamento nei contenuti e Forza Italia deve tornare a essere forza di governo". Ribadisce: "Ho un progetto e rispondo solo a Berlusconi". Rivela anche che gli è stato offerto il ruolo di coordinatore di FI, ma ha rifiutato perché ci vuole altro.
 
Giovanni Toti per alcuni anni "consigliere politico" di Berlusconi, unico esempio di vittoria recente avendo conquistato la Regione Liguria di cui è governatore, critica e in uno sfogo ha minacciato di andarsene. La piega che stanno prendendo le cose nel centrodestra non piace neppure al capogruppo al Senato, Paolo Romani. L'operazione Parisi di fatto è un reset dell'attuale classe dirigente forzista. Dalla sua Parisi ha il sostegno di Fedele Confalonieri, il presidente Mediaset e fidato consigliere dell'ex premier, di Marina Berlusconi e di Niccolò Ghedini, l'avvocato e amico. 
 
Dovrebbe quindi nascere un nuovo partito dalle mani di Parisi e c’è un nome che circola «L’altra Italia», che già Berlusconi aveva ipotizzato in passato. Comunque in autunno Parisi non solo sfornerà il programma ma anche un’idea di nuovo partito dei moderati. Se si chiamerà L'altra Italia è da vedere. 
Edited by Rotwang

Parlando da militante di sinistra, che in Italia si crei un partito di centrodestra SERIO è nei miei sogni da anni, in lista dopo la completa bolscevichizzazione del PD e una buona dittatura di scienziati.

 

Però trovo tutte e tre queste situazioni altamente improbabili, soprattutto se chiunque voglia parlare di destra sembra che debba per forza stare attento a non allontanarsi troppo dalle sottane di Berlusconi.

  • 2 weeks later...

La Repubblica

 

Propongo l’Assemblea Costituente perché sostenere le ragioni del No impone di battere la propaganda renziana del “o Sì o caos”. Chi è per il No e ha uno spirito riformatore deve indicare una prospettiva e determinare un campo di ragionevolezza e responsabilità per il dopo referendum. L’Assemblea Costituente non ha nulla a che vedere con le larghe intese, che sono la causa del nostro gigantesco debito pubblico. Anzi, è l’esatto contrario, proprio per avere Governi con una maggioranza chiara, non rabberciata di giorno in giorno con lo scempio dei transfughi, con migrazioni opache che certo non aiutano l’immagine di una politica ormai logorata nell’opinione pubblica, è necessario separare il luogo delle riforme costituzionali da quello dell’attività legislativa. Il centrodestra e il centrosinistra sono alternativi, competono per il futuro Governo del Paese.

L’Assemblea Costituente non è un modo per sdrammatizzare il referendum. E’ l’unica proposta concreta per avviare una fase riformatrice efficace, rapida e consapevole. Se c’è volontà e forza politica una legge snella, di 2 o 3 articoli, che abolisce il Senato e istituisce l’Assemblea Costituente, può essere approvata in pochi mesi, insieme alla legge elettorale, per poi andare al voto già nella primavera del 2017.

La riforma costituzionale del Presidente del Consiglio è confusa, rischia di creare un grave contenzioso tra Regioni, Comuni e Stato, non garantisce nessuna stabilità di Governo né rapidità nel processo decisionale. Ha avuto un percorso parlamentare confuso, con maggioranze mutate nel tempo, circostanza che ha ulteriormente squalificato sia il suo contenuto che il dibattito politico che ha accompagnato il processo parlamentare e oggi, la campagna referendaria.

Ha ragione il Presidente della Repubblica, dobbiamo portare il confronto sul merito della riforma. Non dobbiamo arrivare a votare sotto la minaccia del crollo della nostra economia. La riforma Renzi non è l’ultima spiaggia. Subire questa pessima riforma pensando che per parecchio tempo non si potrà mettere mano all Costituzione vuol dire condannare il nostro Paese alla inefficienza, alla marginalità, al declino politico ed economico. Questa riforma va respinta. Bisogna votare No. E devono poter votare No anche coloro, e sono tanti, che pensano che questa riforma sia un gran pasticcio ma che sia necessario scongiurare il vuoto politico.

Nei prossimi anni i Paesi europei saranno chiamati a prove molto difficili, abbiamo molta incertezza di fronte a noi. Risultati elettorali incerti in molti Paesi, una forte spinta anti-europea, gravi fratture politiche e sociali conseguenti la pressione migratoria, un’evidente drammatica debolezza dell’Europa sul difficile fronte del terrorismo accompagnata da un sempre maggiore disimpegno degli Stati Uniti. Una evidente marginalizzazione dei Paesi europei proprio nello scenario dal quale sono più colpiti. Il rafforzamento delle relazioni politiche tra la Russia e la Turchia la dicono lunga sull’incapacità dell’Europa di gestire il drammatico scenario internazionale. A questo quadro di grave incertezza dobbiamo aggiungere i problemi interni generati da un Governo che assolutamente non all’altezza della situazione: crisi del sistema bancario, gravissimo debito pubblico al quale non si mette mano, crisi economica, disoccupazione, aumento della povertà, incapacità di gestire i flussi migratori, finanziamento del sistema sanitario, incapacità di attrarre investimenti.

La profonda frattura che sarà generata dall’esito del referendum rischia di portare l’Italia in un lungo periodo di instabilità, debolezza e ulteriore vulnerabilità. L’Italia ha bisogno di riforme, profonde, efficaci, chiare. Abbiamo bisogno di un Governo sì forte, ma soprattutto stabile, di una chiara ripartizione di competenze tra Governo centrale e Amministrazioni locali, una sola Camera, meno Regioni, una chiara scelta verso il federalismo fiscale che avvii una dinamica positiva tra territori competitivi, e un Parlamento la cui maggioranza corrisponda alla maggioranza degli italiani. E’ necessario costruire con ordine una nuova Costituzione che, dopo 70 anni, dia un quadro solido e coerente al nostro Stato. Una Costituzione che accompagni l’Italia nel futuro con solide basi democratiche, che le consentano di tornare ad essere un’economia forte, luogo di crescita e di opportunità per tutti.

 

Stefano Parisi

Osservo con curiosità.

Parisi non mi dispiace affatto: è equilibrato e ha buone idee, a partire da quelle in campo economico.

Sull'immigrazione ha idee realistiche e pragmatiche, lontane dagli estremismi di ambo le parti (accoglienza indiscriminata a sinistra e chiusura totale a destra).

Riguardo le istanze lgbt, verso febbraio si era detto favorevole alle unioni civili e anche alle adozioni, sebbene poi qualche giorno prima dei ballottaggi di giugno si fosse messo a corteggiare i comitati del Family Day e l'elettorato che fa riferimento ad essi con dichiarazioni che non mi sono piaciute affatto (anche se non riguardavano unioni civili e adozioni, ma il cosiddetto "gender" nelle scuole), ma penso che non ci credesse veramente e che siano state dette solo per opportunismo politico per accaparrarsi qualche voto nel tentativo di battere Sala, visto che secondo i sondaggi erano molto vicini.

Se sarà in grado di costruire un partito autenticamente liberale, lontano dagli estremismi illiberali simil-lepenisti di Meloni e Salvini, lontano dal bigottismo clericale e con una classe politica giovane e rinnovata senza le solite facce presenti sulla scena politica da anni e anzi decenni, allora potrei farci un pensiero.

Dubito fortemente che sarà così, però.

Edited by Uncanny

PERCHÉ NON CREDO ALLA SCOMMESSA DI PARISI

 

Scritto da Benedetto Della Vedova

 

È inevitabile per me seguire con attenzione quello che sta accadendo nel centrodestra, anche grazie all'iniziativa di Stefano Parisi voluta da Silvio Berlusconi.

 

Tanti, immagino, sperano sia ancora possibile quello che in molti ci eravamo illusi potesse accadere qualche anno fa, quando, contro una coalizione di "sinistra-sinistra", Berlusconi prometteva un'iniziativa liberale in economia, almeno tollerante sui diritti civili, garantista per tutti, europeista ed atlantista sul piano internazionale. Quell'occasione venne totalmente sprecata, probabilmente per scarsa convinzione e dedizione dello stesso Cavaliere e per l'idea, un po' troppo banalmente "pubblicitaria", che di fronte agli esiti disuguali del processo di globalizzazione economica e alle comprensibili paure che questi iniziavano a suscitare nel vecchio Primo Mondo, si dovesse opporre la "speranza" tremontiana della precipitosa marcia indietro verso una modernità politica, economica e civile pre-contemporanea, in cui l'Italia e l'Europa potessero trovare rifugio.

 

Oggi, come era previdibile, proprio grazie a quelle scelte e a quella cultura "antimercatista" eletta a ideologia di riferimento, lo schieramento del cosiddetto centrodestra è segnato da riflessi precisi ed univoci. Basta seguire un po' i dibattiti parlamentari per averne quotidiana conferma: sopravvive la retorica anti-tasse ma, in economia, la lotta contro le liberalizzazioni, la concorrenza e l'apertura dei mercati, vede tutto il centrodestra schierato in prima linea. Il passaggio dal liberismo al protezionismo è avvenuto non per errore, per una scelta di mercato politico-elettorale che forse, nelle intenzioni del Cav. avrebbe dovuto drenare lo scontento diffuso di un elettorato smarrito, mentre ha finito per rinchiudere il centro-destra in un perimetro ristretto ad una visione anti sistema, se non anti occidentale, comune in Europa soprattutto ai movimenti della destra nazionalista.

 

Parisi è il primo ad ammettere che a un centro-destra potenzialmente competitivo oggi mancano all'appello milioni di elettori delusi e diffidenti dei suoi attuali equilibri. Ma la ragione di questa diffidenza non dipende dalla rissosità e dalle divisioni delle forze politiche che compongono la compagine post-berlusconiana, bensì dall'esclusione prima programmata e poi realizzata di chiunque non fosse interessato o disponibile a sposare una linea deliberatamente estremista in senso antiliberale. A mancare all'appello, insomma, sono milioni di liberali e moderati che trovano ridicolo immaginare di rilanciare la crescita del Paese proteggendo le sue imprese e i suoi lavoratori dalla concorrenza internazionale o cancellando la riforma Fornero o il Jobs Act.

 

Pur con qualche eccezione, inoltre, lo schieramento che Parisi intende rimettere in carreggiata per le prossime politiche si è battuto contro il riconoscimento delle unioni civili con parole durissime e richiamando indefinite ma comunque pericolose "derive antropologiche". Sulla legalizzazione della cannabis, di cui si discute ormai come tema politico ovunque, si è ufficialmente raccolto attorno a un'opposizione proibizionista senza se e senza ma, con la brillante eccezione dell'on. Antonio Martino. Sul tema dei rifugiati l'unica risposta politica ammessa è quella delle ruspe e dei muri, che si accompagna all'indignazione per l'accordo con la Turchia che non garantirebbe i diritti basilari dei profughi: ricordo sommessamente che nell'accordo Berlusconi-Gheddafi, da questo punto di vista, non fu possibile nemmeno inserire la riapertura dell'ufficio libico dell'UNHCR. Sul piano internazionale il nemico pubblico numero uno è diventata l'Unione Europea con la cancelliera Merkel (il più longevo e riconosciuto leader del PPE) e domina la retorica della riconquista della sovranità anche monetaria, mentre all'atlantismo è andato sostituendosi come punto di riferimento il leader russo Putin (in attesa di Trump?), e non solo per Salvini. Il garantismo resta vivo per Berlusconi e per altre questioni mediatiche, ma altrimenti si invocano pene sempre più severe e si esclude perfino di discutere di indulto e carceri.

 

Nel bipolarismo che sempre più si profila nella politica occidentale, quello tra "aperto" e "chiuso", di cui parliamo da oltre un anno e che sta sostituendo il discrimine novecentesco destra-sinistra, il fronte a cui Parisi si rivolge e che si candida a rappresentare si situa sempre in quello della chiusura. Intendiamoci, è un fronte potente e in crescita ovunque, da Trump a Farage, dalla Le Pen ad Orban e non solo: la chiusura nazionalistica, la retorica contro le organizzazioni multilaterali e gli accordi per il libero commercio, la difesa dei mai ben definiti "nostri valori" (che se fossero quelli cristiani come minimo cozzerebbero con quelli della Chiesa di Francesco sui profughi), l'avversione all'ampliamento dei diritti delle persone omosessuali e l'ostilità al riconoscimento delle famiglie gay, l'illusione che le migrazioni si gestiscano con slogan più o meno xenofobi a anti Islam, l'attacco agli uomini di governo che diventa attacco alle istituzioni, la diffidenza nei confronti della scienza più avanzata.

 

Vedremo quello che Parisi farà, naturalmente: il No al referendum sembra però finalizzato a compattare il centrodestra così com'è, non a costruire un fronte nuovo in nome della società aperta e di una cultura antagonista a quella trasversalmente prevalente in Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia.

 

Per questo io penso che quanti non hanno una storia di centrosinistra, ma credono che il futuro migliore per i propri figli si costruisca nel libero mercato dell'Unione Europea sempre più integrata, patria comune di nuovi diritti e antiche libertà; che il tema centrale dei rifugiati non vada cavalcato per qualche voto di (legittima) paura ma gestito con respiro decennale usando risorse e strategie adeguate in chiave europea, e non nazionale; che il commercio internazionale e la globalizzazione distribuiscono le opportunità ma non sono una minaccia per l'Occidente... ebbene, io penso che costoro oggi in Italia non guardino alla ricostruzione dell'attuale centrodestra, nè confidino nella sua miracolosa riconversione liberale, ma vogliano costruire un luogo politico-culturale autonomo nel campo dell'"aperto" contro quello del "chiuso".

 

http://stradeonline.it/istituzioni-ed-economia/2215-perche-non-credo-alla-scommessa-di-parisi

Mi sembra l'ennesima operazione di marketing fatta da Berlusconi.

 

Cerca un delfino per mettere un volto nuovo, prima era Alfano, poi Toti, ora è Parisi, cambia il nome e il simbolo, prima era Pdl, poi Forza Italia, ora chi lo sa, ma alla fine non cambia nulla.

 

Berlusconi viene dal mondo della tv dal mondo del marketing, quindi è portato a pensare che basti cambiare la confezione senza cambiare il contenuto.

 

Il vero leader rimarrà sempre Berlusconi, i rappresentanti che contano del partito rimarranno sempre gli stessi, dalla Santanchè a Gasparri alla Gelmini.

 

Poi il centrodestra se si divide non ha nemmeno la possibilità di giocarsela alle elezioni, ma se rimangono uniti assieme a Salvini e la Meloni allora è un centrodestra lepenista di estrema destra.

  • 3 months later...

La Stampa

Stefano Parisi ha lancia il suo nuovo movimento politico di centrodestra a Milano. Si chiama Energie per l’Italia e, secondo il suo fondatore, sarà «alternativo a Renzi e alla sinistra». L’ex candidato sindaco mette in guardia Berlusconi dalle avventure di Salvini. «Con Energie per l’Italia mi sono assunto la responsabilità di rigenerare l’area liberale, popolare e riformista del paese. Continuo a lavorare per offrire agli italiani una proposta credibile, alternativa al centrosinistra, per ricostruire un rapporto di fiducia con l’elettorato. Per rappresentare la maggioranza degli italiani. Le coalizioni vengono dopo. Non so perché Berlusconi abbia cambiato idea rispetto a quello che mi ha sempre detto. Penso che il centrodestra a guida Salvini ci porterebbe a perdere». 


Ha chiesto spiegazioni a Berlusconi? 
«Mi sembra che non ci sia nulla da spiegare. Non so cosa gli abbia fatto cambiare idea. La priorità non può essere quella di mettere tutti d’accordo con un’operazione di Palazzo. Il vero problema è che queste continue oscillazioni disorientano gli elettori che hanno bisogno chiarezza. Il centro destra liberale ha perso dieci milioni di elettori. Affermare che Renzi è l’unico leader politico in Italia disorienta il nostro elettorato, quando l’economia è a pezzi, l’immigrazione sta soffocando l’Italia, la burocrazia è a livelli pazzeschi, le tasse troppo alte, l’Italia non ha una politica estera. Ecco, gli elettori rischiano di non capire più niente». 

Doveva aspettarselo da Berlusconi che è sempre stato un Saturno che sbrana i suoi figli. Anche lei «licenziato»? 
«Per la verità non sono mai stato assunto e non sono mai entrato in Fi. Sono fuori da meccanismi così incerti. Io sto costruendo una comunità politica con tantissimi cittadini, amministratori e sindaci che sono la parte viva di Fi, che vengono ai miei incontri e stanno ritrovando la voglia di fare politica. Spero che Berlusconi capisca, come credevo visto che me l’ha detto lui stesso, che questa è la base per costruire un’alternativa maggioritaria basata su programmi di governo». 

Allora perché il Cavaliere l’ha scaricata?
«Immagino per le pressioni da parte di chi ha in testa uno schema diverso, a mio avviso perdente, e dice che l’alleanza con la Lega è la precondizione per qualsiasi percorso politico. Io invece credo che le coazioni non servono solo a vincere le elezioni ma anche a governare. Anche Renzi è vittima di questa situazione, oggi senza Verdini non governerebbe. Credo che le coalizioni debbano essere solide, basate su programmi chiari e condivisi. Che reggano per un’intera legislatura. E programmi si costruiscono su un confronto serrato e serio, non con operazioni di palazzo».

Berlusconi è stato convinto da Toti e Brunetta?
«Non lo so, ma certo le fasi di rinnovamento trovano sempre delle resistenze. Di chi ha paura di perdere il proprio ruolo. Oggi serve una grande azione di rinnovamento delle idee, dei volti, del linguaggio. Berlusconi lo sa benissimo. Ha cambiato idea? Non lo so. So di sicuro che la strada degli accordi di Palazzo, delle coalizioni attaccate con lo scotch non funziona più». 

Si è sentito usato da Berlusconi? 
«Non mi sono sentito usato. Sono convinto che Berlusconi chiarirà meglio il suo progetto».

Ad oggi non penso che riesca veramente a diventare il nuovo leader del centro destra,in quanto è arrivato per ultimo e a quelli della vecchia guardia non va proprio giù il fatto di farsi guidare dall'ultimo arrivato. Sicuramente con il nuovo movimento non penso possa fare più di tanto nel centro destra da solo, ci sono troppi partiti e soprattutto troppi che puntano al posto di capo.

  • 1 month later...

La Repubblica

 

Un partito unico (e nuovo) dei moderati. Diverso e distante dalla Lega di Salvini. Niente primarie a marzo coi "lepenisti" e no al maggioritario che sta tanto a cuore ai due "Matteo". Stefano Parisi rientra in Italia e torna al fianco del Cavaliere, la telefonata e presto un incontro dopo i mesi di gelo ("Non era accaduto niente di insanabile"). In coincidenza con la svolta moderata dell'ex premier.

Stefano Parisi, dunque è di nuovo idillio con Silvio Berlusconi?
"Mi sembra esagerato definirlo idillio. C'è un'oggettiva convergenza sull'esigenza di costruire un'area politica, liberale, popolare e riformista, che abbia nel Ppe il suo punto di riferimento. Questo sì. Un'area che tornerà protagonista, non certo al traino di slogan che rischiano di consegnare l'Italia ai 5Stelle".

Lei entra in Forza Italia?
"No. Non mi è stato più chiesto e non è questo il mio ruolo. Il percorso sarà parallelo, come sempre è stato fin da settembre. Fi consoliderà il blocco di consensi, io mi muovo da tempo per rigenerare una nuova offerta politica popolare potenzialmente molto consistente: ci sono 10 milioni di voti che il centrodestra ha perso in questi anni e che si sono rintanati nell'astensione".

Per fare poi cosa?
"Occorre federare quell'area liberale e popolare di cui Fi resta il punto di riferimento, con programmi e uomini nuovi. Io continuo a girare il Paese con il network "Energie per l'Italia". Riparto dall'Emilia, le Marche, poi Lecco, Genova, Napoli, Roma. L'obiettivo sarà un soggetto unico nuovo, che si muova tra la Lega e il Pd. Di questo anche il presidente Berlusconi mi sembra convinto ".

E lei si candida a guidarlo?
"È presto per parlarne. Intanto c'è parecchio lavoro da fare. Prima le idee, i programmi, le emergenze alle quali trovare soluzioni: banche, immigrazione, politica estera, stallo economico. I leader verranno dopo".

Tutto questo distinti e distanti dalla Lega, sembra di capire.
"Dalla Lega oggi siamo molto lontani su tanti temi fondamentali, dall'Europa alla legge elettorale. Questo è un Paese da ricostruire con gente capace e responsabile, non con politici abili solo nella battuta o nello slogan".

Nell'intervista a "Repubblica" Salvini sostiene che Berlusconi è un nostalgico del craxismo e che sta lavorando al proporzionale per l'inciucio dopo il voto.
"Ho letto affermazioni molto dure e ingiustificate nei confronti di Berlusconi. Il tema oggi non è fare l'inciucio, ma costruire una forte alternativa ai quattro governi che si sono succeduti. Se vogliamo dirla tutta, oggi è giusto che il governo Gentiloni difenda Mediaset, com'era giusto votare il decreto banche per salvare i risparmiatori. Ma questo che c'entra con l'inciucio?".

Anche lei è per il proporzionale?
"Occorre una legge elettorale rappresentativa della volontà degli elettori e che dia stabilità al governo. Io vedo bene il sistema tedesco, con una base proporzionale ma non in stile Prima Repubblica: sfiducia costruttiva, sbarramento, premio al primo partito. Così ci si avvia verso la Terza Repubblica".

Intanto Salvini lancia già le primarie per marzo. Parteciperà?
"Marzo no, bisogna attendere la legge elettorale. Io non sono contrario alle primarie, se organizzate e regolate in modo serio. Tutto dipende dal sistema elettorale: se un maggioritario imporrà una coalizione, allora bisognerà farle nel centrodestra. Diversamente, col proporzionale, le dovremo fare all'interno dell'area liberale e popolare. In ogni caso, non certo con quattro gazebo in giro per le piazze".

Per andare al voto quando? Anche lei come Berlusconi punta al termine della legislatura?
"No, mi auguro che il Parlamento faccia prima possibile, ma è impensabile votare ad aprile, vorrebbe dire farlo col pastrocchio del Consultellum. Penso che la scadenza più opportuna sarebbe dopo le elezioni tedesche: l'autunno è la finestra migliore".

 

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