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L'Italia negli anni '80


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LEZIONE DI STORIA CON ROTWANG

 

Gli anni '80 furono un decennio di prosperità e rapidi mutamenti. Nuovi modelli di consumo si imposero nelle case degli italiani e ne aumentarono gli standard di benessere; i risparmi delle famiglie crebbero come mai prima di allora. L'economia attuò il processo di terziarizzazione con successo. Le donne conquistarono livelli di libertà e di occupazione maggiori rispetto al passato. Crebbero l'individualismo, l'associazionismo e così pure il grado d'istruzione della gente. Per la prima volta nella storia italiana prese corpo una società civile maggiormente variegata e pluralista, iniziando inoltre a vedere il tramonto della società patriarcale con una maggiore democratizzazione dei ruoli familiari, soprattutto nell'Italia del Nord.

 

Queste linee di tendenza non portarono però all'affermazione di nuovi progetti collettivi. La modernità italiana aveva una facciata scintillante, tutta moda, viaggi e telecomunicazioni, ma un cuore antico, dominato dall'attaccamento alla famiglia, dalle gerarchie clientelari, dalla corruzione dilagante. La classe operaia organizzata, che ancora nel 1975 Berlinguer vide come portatrice di nuovi valori, futura classe dirigente, subì un irrimediabile declino, anche per la scomparsa del leader comunista di levatura internazionale, capace di guidarla nel decennio fosco. Ai giovani non vennero offerti nuovi punti di riferimento o prospettive diverse. La grande borghesia, l'unica classe sociale con piena consapevolezza di sé oltre che di grande coesione sociale, che attraversava un momento di rapida espansione, non sembrava capace di offrire molti altri messaggi al di là dell'antico grido di battaglia "Arricchitevi". Per l'appunto nel 1980 si tenne la prima manifestazione dei cosiddetti "colletti bianchi", quadri dell'industria e impiegati che protestarono contro i picchettaggi che impedivano loro di lavorare, la celebre Marcia dei quarantamila. Questo stordì le tradizionali sinistre operaiste, vedendo padroni e impiegati in piazza contro tutto quello che era stata l'epoca precedente della contestazione al sistema capitalistico: allora si puntava all'integrazione massima al sistema, non più alla sua sovversione, mentre l'URSS era in palese decadenza politica, sociale ed economica. L'uccisione di Moro e la violenza del terrorismo degli anni di Piombo portarono all'abbandono dei traguardi collettivi e il trionfo del "riflusso". Esso tolse qualsiasi spazio politico alla protesta sociale, rendendo inevitabile la scelta di accettazione dello status quo, sempre più luccicante e spoliticizzato.

 

I cambiamenti nella sfera pubblica riflettevano e amplificavano questi fallimenti. Lo Stato non svolgeva una funzione pedagogica, la mancanza di investimenti e di riforme delle scuola secondaria e università non facilitarono questa situazione. Il settore privato e finanziario ebbero una nuova ascesa e si espansero senza più confini a danno del settore pubblico. La presidenza della Repubblica di Sandro Pertini e la crescente affermazione di minoranze virtuose in ogni istituzione dello Stato furono alcune eccezioni in questo panorama inquietante. Tra i vari corpi statali, fu la magistratura quella che vide la presenza più attiva di queste coraggiose minoranze. I giudici vennero chiamati costantemente a giocare un ruolo di primo piano per la debolezza di questi piccoli gruppi negli apparati pubblici; una debolezza più che mai evidente nella classe politica dove i quadri dei partiti di governo offrivano un panorama piuttosto squallido. Sul finire del decennio vi erano un debito pubblico in costante aumento, un'opposizione stanca e povera di idee e una maggioranza decisa a spezzare l'autonomia della magistratura.

 

Questi anni furono caratterizzati dall'esplosione di una drammatica attività criminale (compresa la P2). La cultura del clientelismo che aveva dominato tanta parte della politica meridionale fornì l'humus ideale per lo sviluppo delle organizzazioni criminali. Come ha affermato l'antropologa Amalia Signorelli, il clientelismo era "la socializzazione di massa all'illegalità". Lungo l'arco di anni dal dopoguerra alla fine del secolo, i padrini della politica del Mezzogiorno convogliarono le risorse pubbliche verso destinazioni scelte a propria discrezione, con lo scopo preciso di rafforzare il proprio potere e le clientele personali. I boss mafiosi non avevano certo motivo di opporsi a questa prassi. La malavita organizzata non diede quindi inizio a una guerra aperta contro lo Stato, ma un suo avvicinamento, con un approccio cauto e discreto di singoli politici. Il ceto dirigente dell'Italia repubblicana poté contare su una disponibilità di risorse più ampia di qualsiasi élite nella storia unitaria. Dai grandi enti pubblici romani, alla nefanda giunta regionale siciliana, fino alle amministrazioni locali, le opportunità di arricchimento personale attendevano solo di essere colte. Come ha scritto il docente Luciano Violante, mettere le mani sui comuni significava controllare il territorio, costruire in modo selvaggio, inquinare senza controllo, rapinare le risorse naturali e conseguire guadagni giganteschi. I pochi funzionari che tentarono di arginare la marea montante di illegalità venivano sguarniti di mezzi e difese. Mentre la pubblica amministrazione era talmente collusa, burocratica, corrotta e inefficiente che lo stesso accademico Guido Melis ne parlò come di un'amministrazione in briciole.

 

Dopo il breve esperimento dei governi di solidarietà nazionale (1976-1979), caratterizzati da un'effimera alleanza DC-PCI con l'illusione che il secondo potesse introdurre riforme sociali necessarie e venne invece cullato e manovrato dagli anticomunisti, stravolgendo quindi il tradizionale bipolarismo tra i due fronti politici opposti fino a quel momento, la politica governativa tornò ad essere dominata dall'alleanza DC-PSI, ma questa coalizione non si fondava sulla fiducia reciproca o su un accordo programmatico; al contrario, era lacerata dal sospetto e da continui giochi di potere. Questo dato di fatto rese praticamente impossibile ogni piano strategico, comportò enormi sprechi di tempo e di energie in lotte intestine, producendo governi tutt'altro che stabili.

 

Tra la fine degli anni '40, gli anni '50 e '60 le attività sociali e culturali che travalicavano l'orizzonte familiare in Italia erano perlopiù organizzate da due grandi formazioni ideologiche: la Chiesa cattolica e il Partito Comunista. Queste due organizzazioni di massa non si limitavano ad aggregare minoranze istruite, ma coinvolgevano ampi strati delle classi popolari. Negli anni '80, dopo l'epoca della controcultura e delle azioni collettive (1967-1977), il quadro era completamente cambiato. Tanto la Chiesa quanto i comunisti avevano perso gran parte della loro capacità di organizzare attività di massa in modo sistematico. Mentre la Chiesa aveva ancora ruoli significativi nel volontariato ed era possibile parlare di religiosità diffusa anche se la partecipazione alle messe domenicali toccava livelli minimi, il Partito Comunista si trovava in cattive acque: vi fu il definitivo declino delle sue sezioni e dei luoghi di riunione concepiti come punto d'incontro tra strati popolari e classi diverse. 

L'ideologia attenuò dunque la sua presa sulla società, con risultati anche positivi, come l'affermarsi di un nuovo pluralismo liberato dalle gerarchie ecclesiastiche e politiche, un nuovo localismo e la nascita di una società civile non legata ai partiti o alla Chiesa, ma fluida, autoinnovativa e imprevedibile. Quasi tutti gli influssi culturali, politici e religiosi che avevano permeato per decenni la storia della Repubblica e prima, erano decisamente svaniti. Al loro posto c'era un grande vuoto. Milioni di famiglie italiane erano materialmente molto più ricche di quanto non fossero mai state, ma più povere culturalmente. Il loro coinvolgimento in attività associative era minimo. L'influsso culturale dominante nella loro vita era ormai esercitato dalla televisione, soprattutto per la crescita esponenziale di reti tv private e commerciali che stavano scalzando quella pubblica e pubblicizzavano un'opulenza edonista più freneticamente consumista del Miracolo economico della ricostruzione postbellica, anche grazie all'influsso degli USA reaganiani e yuppie e ad un'industria del divertimento sempre più onnipresente.

 

Fu, infine, il decennio della prima immigrazione "extracomunitaria", l'Italia cessò di essere un Paese esportatore di forza-lavoro e divenne meta migratoria (inizialmente dai Paesi nordafricani). Prima la popolazione italiana era sempre stata per diversi motivi, culturali, linguistici, etnici e religiosi straordinariamente omogenea, pertanto apparve molto conservatrice su questo tema, nonché del tutto impreparata e ostile a una nazione multietnica. La televisione italiana diffondeva nei Paesi vicini un autentico miraggio di ricchezza e fortuna, pura illusione anche perché non c'era più l'accesso al benessere immediato attraverso un lavoro stabile, così le prime reazioni degli italiani furono ostili e decisamente xenofobiche.

Edited by Rotwang
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Per chi li visse, non erano così diversi da oggi. Perché poi va bene parlare di storia, ma nel quotidiano? Paradossalmente eravamo più poveri nel complesso, pur avendo cose che oggi come oggi sono da benestanti: la seconda casa ce l'avevano in molti, anche quelli di ceto operaio. In compenso gli acquisti di tecnologia erano cosa rara. Per il resto gli 80 sono già era contemporanea nello stile di vita molto simili in quello che facciamo ai giorni nostri.

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Mi sono dimenticato di aggiungere che il Partito Socialista di Craxi offriva una visione forgiata ad arte sui modi di essere e sui valori dominanti in quell'epoca: la politica doveva essere personalizzata e semplificata, segnata da un forte elemento di spettacolarizzazione in tv. Mentre a parole i socialisti italiani continuavano a caldeggiare i vecchi ideali del partito - giustizia sociale, la partecipazione e democrazia - di fatto non andarono mai oltre il puro esercizio di potere e un'interpretazione del nuovo come sinonimo di yuppismo. Essere socialista significava avere il telefono cellulare e la BMW, frequentare gli uomini d'affari e avvocati più quotati, pranzare in ristoranti di lusso, saper conversare di tecnologia, d'informazione e di vacanze esotiche.

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il Partito Democratico di Renzi offre una visione forgiata ad arte sui modi di essere e sui valori dominanti in quell'epoca: la politica doveva essere personalizzata e semplificata, segnata da un forte elemento di spettacolarizzazione in tv. Mentre a parole i democratici italiani continuavano a caldeggiare i vecchi ideali del partito - giustizia sociale, la partecipazione e democrazia - di fatto non andarono mai oltre il puro esercizio di potere e un'interpretazione del nuovo come sinonimo di yuppismo. Essere democratico significava avere l'iphone e il SUV, frequentare gli uomini d'affari e avvocati più quotati, pranzare in ristoranti di lusso, saper conversare di tecnologia, d'informazione e di vacanze esotiche.

 

Un paio di aggiornamenti ed ecco che il 1986 diventa 2016  :D

Edited by Fabius81
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Siccome c'ero, diversi punti di questa tua analisi mi sembrano quanto meno perfettibili,

ma ora non ho tempo per specificarteli.

 

Per cui, al momento mi limito a dirti quali sono, secondo me, i tre macro-fenomeni da considerare per capire il decennio

  1. le ragazze fast-food (nel senso televisivo E della moda paninara che imperava)
  2. il rampantismo yuppie
  3. in politica interna, il CAF, ossia l'alleanza tra il craxismo e le vecchie mummie dc, che si odiavano e si sarebbero sbranati volentieri; era un sistema che si reggeva sul vecchio smiul stabunt, simul cadunt. Come accadrà nel '92
Edited by freedog
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Siccome c'ero, diversi punti di questa tua analisi mi sembrano quanto meno perfettibili,

ma ora non ho tempo per specificarteli.

 

Tesoro, non vuol dire niente che tu abbia vissuto quegli anni, ho rappresentato la realtà storica dell'epoca, non è la mia opinione quella che leggi, è com'è stata, e forse è un boccone amaro da mandare giù alle generazioni più vecchie e nostalgiche che idealizzano decenni passati per la loro giovinezza, mi spiace per voi ma era un'epocaccia.

Edited by Rotwang
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Gli anni 80 sono stati una MERDA completa i cui effetti deleteri li viviamo ancora oggi .

1 costume degli italiani : la merda negli anni 80 non cadde dal cielo ma arrivava via etere con le televisioni mediaset , se la spazzatura intelletuale il modello del fotti il tuo prossimo avesse una immagine non potrebbe che essere canal.5 . Indimenticabile la moda dei paninari modello del pensiero fotti gli altri fai i soldi e mostrali per essere piu figo .

2 religione : il mitico papa polacco quello che appoggiava pino chet e reciclava i soldi sporchi per conto della cia con la banca del vaticano . Esempio di uomo d onore a cui interessava solo della sua polonia a tal punto che il pericolo rosso comunista veniva prima del vangelo , esempio illuminato.

3 politica : il mitico caf craxi andreotti forlani il top della pattumiera che un paese avanzato potesse avere , i debiti della milano da bere li stiamo pagando e li pagheremo per i prossimi 50 anni . Ma adesso dicono che faranno craxi santo perseguitato come l altro barlusca suo fidato braccio destro , mammi mammi ..

Mi fermo qua meglio dimenticare e fare l itagliano medio .... ..

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Che poi, intervistando un esperto di musica e costume secondo lui il periodo che identifichiamo con "gli anni '80" è in realtà molto più lungo. Inizia attorno al 1973-74 e finisce nel 1991-92, me l'ha fatto notare dicendo di fare caso alla musica, che da impegnata e sociale degli anni '60-primi '70 diventa improvvisamente lustrini e paillettes, il cinema che passa dalla commedia sociale di denuncia, non solo in Italia ma anche in Francia e negli Stati Uniti, a quella scollacciata o demenziale fino al look e alla ricerca dell'immagine a tutti i costi.

 

Nel 1992 c'è una sorta di cambio, che ci riporta indietro al sociale, alla famiglia, ecc... finito qualche anno fa, adesso stiamo rivivendo in tutto e per tutto un revival degli anni ruggenti.

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intervistando un esperto di musica e costume secondo lui il periodo che identifichiamo con "gli anni '80" è in realtà molto più lungo. Inizia attorno al 1973-74 e finisce nel 1991-92, me l'ha fatto notare dicendo di fare caso alla musica, che da impegnata e sociale degli anni '60-primi '70 diventa improvvisamente lustrini e paillettes, il cinema che passa dalla commedia sociale di denuncia, non solo in Italia ma anche in Francia e negli Stati Uniti, a quella scollacciata o demenziale fino al look e alla ricerca dell'immagine a tutti i costi

pure qui, mi sembrano giudizi tagliati con l'accetta per quanto sono grossolani!

con ordine:

  • musica: ok, c'è la disimpegnatissima disco music che manda in soffitta sia i vecchi crooner alla Sinatra che il folk impegnato alla Johan Baez. però la suoniamo ancora!
  • cinema: qui ha proprio toppato! i film demenziali o leggeri c'erano pure negli anni 60 (tanto Totò, Franco&Ciccio, Buzzanca, i peplum, i musicarelli..), ed incassavano un botto; coi soldi di quei film lì poi si producevano quelli "d'arte" dei vari Fellini, Antonioni, Visconti, Scola eccetera che facevano razzia di premi everywhere

Di fondo c'è che si cercava di uscire da grossi traumi sociali (il Vietnam & il Watergate, per tacer degli anni di piombo qui da noi) richiudendosi nelle (poche) certezze che erano rimaste, visto che la società fuori stava dando il peggio di sè in troppe occasioni.

 

E una di queste residue àncore era la cura di sè,

dal proprio fisico (vedi alla voce fitness) alla propria immagine (vedi alla voce cura fin troppo maniacale del look)

Edited by freedog
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