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L'utilizzo del respiratore o l'idratazione/nutrizione artificiale costituiscono delle cure?

Da quel che ho sentito o letto in italia il respirare, bere e mangiare non sono considerate cure ma cose naturali di normale amministrazione che dunque non possono essere sospese.

 

PS. la finite di tirar fuori cose che non c'entrano?

stiamo a parlà di malattie croniche TOTALMENTE invalidanti & irreversibili, quando non progressive:

depressione, demenza eccetera c'entrano assai poco, ok?

Forse tu non sai che la depressione puo' essere invalidante

 

http://www.oggisalute.it/2015/10/depressione-male-oscuro-al-quarto-posto-per-le-cause-dinvalidita/

 

http://www.intelligonews.it/articoli/15-ottobre-2015/31735/depressione-e-invalidita-nel-2020-sara-seconda-solo-a-malattie-cardiovascolari

 

e che la demenza nella stragrande maggioranza dei casi e' sempre progressiva e porta all'allettamento. Le persone alla fine si muovono pochissimo e capiscono nulla.

 

Il problema supplementare della depressione e' che tra i suoi sintomi ha i pensieri suicidi e che non sempre si riesce a curarla adeguatamente. Dunque uno vuole ammazzarsi perche' malato di depressione e contemporaneamente si e' magari cronicizzata e non si riesce a curarla bene.

Edited by marco7
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credo sia difficile arrivare ad una soluzione senza rischiare, da una o dall'altra parte, di veder non rispettati i diritti della persona.

 

Il problema è stabilire quali siano i diritti della persona:

ad esempio si disputa se sia ci sia un diritto al suicidio, indipendentemente dall'integrità fisica o psichica dell'interessato, e d'altronde anche sul significato d'integrità fisica e soprattutto sul significato d'integrità psichica (vedi opinioni in merito alla gravità della depressione) direi che sia difficile formulare definizioni inconfutabili, forse anche in ambito strettamente scientifico, dato che c'è sempre un principio ideologico che ci trae da una parte o dall'altra nell'interpretazione degli atti e dei fatti:

così un tetraparaplegico, cieco, sordo eccetera può essere da alcuni equiparato ad una persona sana nel senso comune della parola in forza della sua piena coscienza di sé, mentre da altri può essere equiparato ad un vegetale in forza della totale incapacità di fare che rispondano alla sua volontà le sue facoltà fisiche e forse anche buona parte delle sue facoltà psichiche.

 

E' chiaro che, se non tutto, molto dipende dall'ideologia presupposta:

ad esempio altro è pensare l'uomo come un sinolo (per usare un termine antico ma efficace) cioè un tutto inscindibile di corpo ed anima che vive solo qui ed ora, altro è pensarlo come un'anima immortale rivestita, anzi costretta temporaneamente in un corpo mortale e destinata ad una vita migliore dopo la morte in grazia delle sue scelte terrene.

 

A tali difficoltà nel formulare definizioni condivise, s'aggiungono alcune "rotture" nella catena consequenziale delle deduzioni razionali, soprattutto, ma non solo, nel caso dei credenti in un dio creatore e provvidenziale:

la vita è un dono di dio che provvede al meglio anche quando all'uomo sembra altrimenti, quindi la vita è intangibile e non può essere manipolata dalla medicina umana, cui di contro si chiede di fare il possibile per conservarla in ogni persona su questa terra anche quando, se lasciassimo fare a dio e l'uomo non ci mettesse mano, si estinguerebbe irrimediabilmente e celermente.

 

Forse è più semplice (entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem....) riconoscere che non abbiamo diritti, ma che ce li creiamo per adeguare il mondo ambiente alle nostre illusioni.

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hai centrato il punto

 

 

Il problema è di chi, pur volendo farla finita, non può, perché bloccato irreversibilmente in un corpo paralizzato e sofferente. Il primo passo è il testamento biologico. Ma visto l'andazzo italiano, meglio farsi una bella assicurazione in una clinica svizzera, in caso di incidente o malattia degenerativa grave, doversi sorbire le remore di un paese che antropologicamente dà un valore positivo alla sofferenza e alla sopportazione delle pene... è un po' troppo!
 
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Francamente non capisco la vostra insistenza, DJ Fabo era

perfettamente in grado di esprimersi non aveva bisogno di una

dichiarazione anticipata di trattamento ( o testamento biologico )

 

Non era in grado di andare in Svizzera e non era in grado di assumere

il veleno, come fu in grado di fare Lucio Magri, perchè cieco e tetraplegico

quindi aveva bisogno di un aiuto materiale al suicidio

 

La legge sul testamento biologico non servirà a niente

 

Semmai potrebbe servire l'autodenuncia di Marco Cappato se i giudici

l'assolveranno dal reato di aiuto al suicidio

 

In questo modo i parenti di una persona che volesse morire, potrebbero

aiutarla senza temere conseguenze legali ( anche se ovviamente dovrebbero

andare in Svizzera per disporre del macchinario idoneo nel caso di suicidio di

persona cieca )

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Insomma il caso di Dj Fabo è un caso di suicidio assistito, non di eutanasia passiva.

 

A mio parere per affrontarlo giuridicamente, insieme all'eutanasia attiva, non esiste altro modo se non quello di riconoscere il diritto al suicidio, inteso come diritto a che sia posto termine - per il tramite/sostegno di interposta persona - alla propria esistenza nel momento in cui non esiste possibilità di recupero e al contempo non esiste la capacità del malato di andarsene con le proprie forze, e il malato è consapevole e lo richiede.

 

Questo è il momento supremo in cui l'Ordinamento dovrebbe riconoscere la potestà assoluta della persona sulla propria vita.

 

E invece non lo fa, perché la legislazione italiana non concepisce questa ipotesi, con il risultato automatico di scegliere "di default" al posto del malato sul da farsi.

 

E' una situazione paragonabile ad altri eventi cruciali della vita delle persone nei quali uno Stato confessionale decide al posto dell'individuo, mentre uno Stato non confessionale riconosce il diritto della persona a decidere che strada prendere, cioè lascia aperte almeno un paio di opzioni giuridicamente rilevanti (nel caso di cui parliamo, appunto il diritto al suicidio, cioè il diritto di farsi da sé la comparazione dei costi atroci da subire per rimanere ancora in vita e optare per la fine di essa da soli, senza che sia un ente astratto ad effettuare tale comparazione).

 

Come si riconosce giuridicamente tale diritto? Fondamentalmente non incriminando per istigazione al suicidio oppure aiuto al suicidio il personale medico preposto.

 

Onestamente l'obiezione generica del seppur affascinante Demò non la colgo, non capisco di preciso cosa ci voglia dire.

 

Il solo modo che mi viene in mente per opporsi all'eutanasia attiva e al suicidio assistito è essere cattolici praticanti (o essere uno Stato a residuo confessionale) perché è quello l'unico modo per inserire surrettiziamente una valutazione eteronoma sulla decisione del singolo, ossia che Iddio non perdoni al sopravvivente la collaborazione nel compimento di un atto empio che dal punto di vista precettistico implica l'inferno tanto per il malato che per l'aiutante.

 

In fondo è per questo che, per esempio, (ahinoi) esistono medici, infermieri e ginecologi obiettori di coscienza per l'interruzione di gravidanza: costoro si rifiutano di prendere parte ad un atto che li condannerebbe all'inferno. Con l'istituto dell'obiezione di coscienza lo Stato non confessionale si obbliga a dare rilevanza alla superstizione, ma almeno la sposta "all'esterno" dell'ordinamento, come dato di fatto umano non giuridico, ossia si arrende dinnanzi all'esistenza di cittadini che credono all'inferno, però perlomeno non la usa come guida di ispirazione nella produzione della norma, evitando di stritolare "di default" l'altra porzione di cittadini che non vive nella superstizione.

Edited by Sampei
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Insomma il caso di Dj Fabo è un caso di suicidio assistito, non di eutanasia passiva.

 

Avrebbe potuto essere un caso di eutanasia attiva o di omicidio del consenziente, se

non fosse che in Svizzera è in linea di massima vietato ( c'è stato un caso di una volontaria

svizzera processata perchè una persona non riusciva ad assumere il veleno col piede...ed alla

fine causa stress etc lo fece lei )

 

Mi pare però che il progresso tecnico abbia aggirato il problema attraverso macchinari che a

comando vocale etc ti "suicidano" quindi si riesce tecnicamente ad evitare l'eutanasia e a fare

un suicidio assistito

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Questo è il momento supremo in cui l'Ordinamento dovrebbe riconoscere la potestà assoluta della persona sulla propria vita.

 

Ma una potestà assoluta sulla propria vita non potrà mai essere riconosciuta entro una qualsiasi aggregazione sociale a chi ne faccia parte:

si tratta invece di contemperare soprattutto, ma non solo, in casi estremi l'interesse comune dell'aggregazione sociale alla conservazione della vita dell'aggregato con l'interesse proprio di costui a porre fine alla propria vita.

 

 

 

 

E' una situazione paragonabile ad altri eventi cruciali della vita delle persone nei quali uno Stato confessionale decide al posto dell'individuo, mentre uno Stato non confessionale riconosce il diritto della persona a decidere che strada prendere, cioè lascia aperte almeno un paio di opzioni giuridicamente rilevanti

 

Più che dello Stato "confessionale" si tratta dello Stato "etico", ma comunque anche uno Stato "non etico"  non potrebbe mai lasciare una libertà assoluta alle persone su cui eserciti la sua potestà, pena il dissolvimento dello Stato stesso, che poi è l'istanza dell'ideologia anarchica.

 

 

 

 

Il solo modo che mi viene in mente per opporsi all'eutanasia attiva e al suicidio assistito è essere cattolici praticanti (o essere uno Stato a residuo confessionale) perché è quello l'unico modo per inserire surrettiziamente una valutazione eteronoma sulla decisione del singolo, ossia che Iddio non perdoni al sopravvivente la collaborazione nel compimento di un atto empio che dal punto di vista precettistico implica l'inferno tanto per il malato che per l'aiutante.

 

Non è che il problema ci sia solo per i Cattolici, praticanti o no, e neppure che ci sia solo per chi, cattolico o no, creda in dio o nell'Inferno post mortem:

il problema di quando, quanto e come si possa disporre a piacimento della propria vita si pone anche per chi non è cattolico o non crede in un dio o non crede nell'aldilà, essendo un problema dipendente, come dicevo sopra, principalmente dai vincoli politici in senso lato, cioè giuridici ed etici posti dalla partecipazione ad un'aggregazione sociale, vincoli a cui quelli religiosi, cioè dipendendenti da ideologie intorno alla divinità ed all'oltretomba, si sovrappongono, ma non ne sono sostituiti.

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Dj fabo per morire ha schiacciato lui stesso con la bocca un pulsante che aveva in bocca. Il giorno prima il suo timore era appunto di non riuscire a schiacciarlo.

 

Dunque ha dato lui il via all'entrata del medicamento ed e' suicidio assistito e non eutanasia attiva o passiva.

 

Gli italiani venuti in svizzera per il suicidio assistito sarebbero 200. 50 pero' sono ritornati in italia vivi perche' hanno cambiato idea.

Edited by marco7
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Da quel che ho sentito o letto in italia il respirare, bere e mangiare non sono considerate cure ma cose naturali di normale amministrazione che dunque non possono essere sospese.

 

Nel caso Englaro, la Cassazione (sent. 21748/2007) e il Consiglio di Stato (sent. 4460/2014) affermarono che l'idratazione e l'alimentazione artificiale costituiscono trattamenti sanitari e, in quanto tali, possono essere somministrati solo con il consenso del paziente.

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Nel caso Englaro, la Cassazione (sent. 21748/2007) e il Consiglio di Stato (sent. 4460/2014) affermarono che l'idratazione e l'alimentazione artificiale costituiscono trattamenti sanitari e, in quanto tali, possono essere somministrati solo con il consenso del paziente.

 

Ma la questione si pone pur sempre per coloro che non siano in condizioni d'intendere e di volere, come appunto la Englaro o come potrebbe essere un bambino od un uomo temporaneamente incosciente od incapace di manifestare volontà:

colui che delibera in sua vece, parente o tutore o medico o magistrato, deve fare una valutazione che per forza di cose dipende dalle sue concezioni etiche, religiose, filosofiche.

 

 

 

 

E allora dj fabo poteva anche ordinare di sospendere l'alimentazione in italia ma ha preferito morire velocemente in svizzera rispetto a una morte lunga.

 

Non è che ci sia sostanzialmente differenza etica e nemmeno, direi, giuridica, sia quanto al paziente sia quanto all'assistente, tra il sospendere l'alimentazione e l'assumere una sostanza venefica, dato che entrambe le azioni portano certamente alla morte..

Così non mi pare si possano dare differenze etiche e giuridiche tra l'uccidere uno tagliandogli la testa ed uccidere uno gettandolo dal centesimo piano di una torre:

è vero che la morte è effetto immediato ed istantaneo dell'azione del decapitare, mentre non è effetto immediato ed istantaneo dell'azione del gettare, ma anche in questo caso la morte necessariamente, se pur non immediatamente, segue l'azione..

 

Al più si potrebbe diquisire sulla differenza tra la sospensione dell'alimentazione ad un paziente che non può spontaneamente alimentarsi perché gravemente impedito, ma che può manifestare il suo consenso alla sospensione, e l'azione mortifera perpetrata dal paziente stesso ingoiando un  farmaco letale che gli è offerto oppure premendo un tasto con la bocca o azionando un dispositivo col battito delle palpebre o con il suono della voce o che so io:

ma sarebbe a mio parere una disquisizione su elementi del tutto formali ed accidentali, dato che sostanzialmente ed essenzialmente in entrambi i casi si tratta di una personale che vuole morire, ma che non può per incapacità fisica di uccidersi e che quindi ha bisogno dell'assistenza altrui.

Edited by Mario1944
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Devo ammettere che mi ha lasciato un po' perplesso il servizio di ieri alle solite Iene (servizio vecchio) sulla vecchia che, per una malattia degenerativa alle ossa, ha deciso di farla finita in Svizzera perchè non poteva più godersi la vita come  voleva . Il filmato mostrava la signora a cui veniva preparato il beverone, lo beveva, si mangiava un po' di cioccolato poichè diceva che era amarissimo, e poi aspettava . "tra quanto mi addormenterò?" " tra un minuto" . "Ah di già? ok...uh che sonn..." .

 

Non so, proprio una terminale non mi pareva dato che camminava con le stampelle e chiacchierava amabilmente (non era in un letto), d'accordo che secondo le perizie la signora sarà stata in grado di intendere e di volere, ma mi pare che le maglie della permissività del suicidio assistito siano un po' tanto molli e larghe .

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..... ma mi pare che le maglie della permissività del suicidio assistito siano un po' tanto molli e larghe .

Non e' che se uno ha una malattia terminale deve aspettare per forza il giorno prima di morire per la malattia per suicidarsi, puo' farlo anche prima se si sente pronto.

 

In svizzera ci sono principalmente due associazioni di aiuto al suicidio: exit piu' seria e dignitas piu' commerciale diciamo e casualmente sembra che gli stranieri che vengono in svizzera finiscono da dignitas mentre gli svizzeri vanno da exit principalmente.

Edited by marco7
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Ognuno è libero di scegliere di farla finita, se si trova in condizioni salutari gravi.

 

Il problema è soprattutto per chi, pur essendo "libero di scegliere di farla finita", non può mettere in atto la sua scelta per incapacità fisica assoluta o relativa, come nel caso de quo.

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  • 1 month later...

Io sono favorevole all'eutanasia. Ognuno è libero di scegliere di farla finita, se si trova in condizioni salutari gravi.

Il punto è anche stabilire quali sono queste condizioni salutari gravi. Solo fisiche o anche psicologiche? E siamo sicuri che quelle psicologiche non possano essere in qualche modo guarite? (prendo per esempio il caso di persone malate di depressione che con la giusta terapia psicologica e psichiatrica potrebbero uscirne o comunque stare meglio vivendo una vita al pari, o quasi, degli altri)

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Per me il discorso non e' vivere una vita al pari pari altri o qualitativamente inferiore.

 

Per me il discorso e' che la vita e' della persona stessa e lei deve poter decidere se viverla o se spegnerla. Se una persona per uno stato di depressione momentaneo o per altri suoi motivi prende una decisione che in futuro negherebbe allora in questo caso va non accettata subito la sua decisione dimfarla finita ma solo quando si e' sicuri della perseveranza della sua decisione ma questo mettere sotto tutela momentaneo la persona va visto solo in un'ottica di compiere la decisione che la persona stessa ritiene corretta e non in un'ottica di altri che decidono per lei.

 

Se possibile fisicamente inoltre per me e' sempre da preferire un suicidio assistito in cui la persona stessa si beve la dose letale a un'eutanasia in cui un'altra persona compie il gesto fisico che porta alla morte.

Edited by marco7
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