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Ho finito ieri questo libro. Mi è piaciuto ma c'è qualcosa che non ho capito.

 

Isherwood scrittore è omosessuale come lo è Isherwood protagonista del libro.

Già nel primo capitolo, il protagonista, si lascia andare ad un sommesso, ma limpido, lamento per il fatto di non essere desiderato dai giovanotti berlinesi.

Dopo di ciò le "situazioni omosessuali" si susseguono con una certa frequenza, però, mi pare (e potrebbe essere solo una mia impressione), che queste sono trattate sempre in maniera obliqua, indiretta, estremamente distaccata.

Isherwood scrittore è chiarissimo nel far capire i fatti, ma evita di spiegarli o dare interpretazioni.

Il lettore indovina benissimo che Otto e l'inglese nevrastenico sono amanti, se è un lettore intelligente può capire anche di più del loro rapporto, ma non gli viene mai detto ciò in maniera aperta, si fanno al massimo accenni. L'inglese, per sua ammssione, prima di conoscere Otto, era un ipocondriaco igienista, ora, grazie all'animalesco ragazzo, ha superato queste manie arrivando anche "a bere dal suo stesso bicchiere": come fa il lettore a non vedere, dietro questa esternazione, che che Otto venga anche sodomizzato (o sodomizzi?) l'inglese?

Gli esempi potrebbero essere moltissimi, scelgo questo perchè è estremamente pasoliniano ed evidente ai nostri occhi.

 

Non capisco questo tono, insomma. Questo: Io so che tu sai, perchè te l'ho fatto capire benissimo, ma non te lo dico.

Come se Isherwood personaggio, e voce narrante, raccontasse le cose con un estremo "senso comune", veramente come un intellettuale sufficientemente intelligente e tollerante di primi anni '30 potesse vedere agli omosessuali. Senza formulare giudizi e neppure definizioni, non tacendo gli aspetti scabrosi, ma costruendo perifrasi per spiegarle.

Perchè tutto questo? E' una scelta stilistica o editoriale? E' dettato dai tempi o da un'intima reticenza di Isherwood scrittore? E' un volere oggettivare o un volere distaccarsi?

Edited by Bloodstar
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Addio a Berlino viene pubblicato la prima volta nel 1939 e ed è

un libro sulla fine della Berlino di Weimar e l'avvento del nazismo

in cui l'omosessualità e l'elemento autobiografico sono evidenti ma

non tematizzati, il libro dichiaratamente vuole "fotografare" un ambiente

alla vigilia di una catastrofe

 

Isherwood ha poi scritto altri libri nel dopoguerra in cui ha potuto trattare

il tema dell'omosessualità in modo più diretto ed esplicito, in particolare

Christopher and his kind da cui è stato tratto un film, che è del 1963 o

Ritorno all'inferno che è del 1965

 

Per i tempi in cui il libro fu pubblicato, già il dire che la preoccupazione

principale di un gay fosse quella di piacere ai ragazzi berlinesi, è qualcosa

di notevole e d'altronde credo che il libro sia stato pubblicato dalla casa editrice

di Virginia Woolf

 

Emerge quindi il fatto che l'elemento costitutivo dell'omosessualità moderna

è il desiderio ( il desiderio e basta, senza tormenti o drammi )

 

Certo, Isherwood fa capire ( e poi meglio lo espliciterà ) che per la prima

volta a Berlino riesce a sbloccarsi sessualmente.

 

Quanto al fatto che sbloccarsi sessualmente significa "riuscire a sodomizzare"

bisogna comprendere che è come se stesse confessando un delitto, siamo in

anni in cui la Sodomia in Inghilterra ( ed anche in Germania ) è un crimine. Mentre

il problema editoriale è questo, quello personale è l'educazione vittoriana che pure

negli ambienti anticonformistici ed omosessuali inglesi "permea" di sé i "borghesi"

 

Berlino è quindi il luogo dell'espressione piena dell'omosessualità

 

Isherwood poi spiegherà che aveva bisogno di giovani proletari, non educati per

riuscire ad esprimersi, ma -a differenza di Pasolini- li desiderava omosessuali come

lui e non etero ( manca ad Isherwood il masochismo morale degli omosessuali italiani )

 

Questo fatto sarà chiaramente detto e spiegato ma non "sviluppato". Isherwood è

in linea generale allergico alle concettualizzazioni, in lui rimane forte l'attaccamento

documentaristico ai fatti, che possono essere detti o non detti ma senza troppi ricami

intellettuali

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Gran bel libro. Ho avuto la tua stessa sensazione nel leggerlo, i sottotesti omosessuali erano evidenti ma mai chiaramente espressi, e questo mi lasciava un po' perplesso all'inizio. Anche perché avevo visto un recente film sulla vita di Isherwood (che viene interpretato da Matt Smith) che era molto esplicito sulla faccenda.

Però alla fine come Hinzelmann l'ho interpretato come un bisogno di autocensurarsi, vista l'epoca.

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manca ad Isherwood il masochismo morale degli omosessuali italiani

non generalizzare troppo però:

mica siamo -o eravamo- tutti pasoliniani! (per restare a quel periodo, vedi Sandro Penna) 


 

 

i sottotesti omosessuali erano evidenti ma mai chiaramente espressi
 

a inizio Novecento quella era la "normalità"

(vedi Narciso e Boccadoro, per esempio)

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Sono certo problemi interessanti che poni e, personalmente (?), propenderei per lo "stilistico" ma, sia pur a costo di deluderti, la prenderei un po' più alla larga nel risponderti  che non mi affascinano granché. Non ha a mio avviso molta importanza arrovellarsi sulla ovvia constatazione dell'esistenza di un uso/non uso alternativo di metafore e categorie, di una "via diretta" ed una "via obliqua" (ché "obliquo" può ben essere anche lo sguardo d'Apollo) che era già ben chiaro agli antichi sofisti nel possibile esercizio, anche eristico, se vuoi, dei 

 

dùssoi lògoi

 

e delle

 

antilogìai

 

Più avvincente e potenzialmente "esplorabile" sarebbe, a mio modo di vedere, il chiarirsi, tanto in senso individuale quanto collettivo, l'operare mentale che, di queste costruzioni, sta alla base. Sono cose sulle quali si passa sopra, per lo più, in maniera estremamente rapida, quasi istantanea e allant de soi. E non dico che tentare di rallentare su di esse sia cosa affatto semplice o scontata ma che, per lo più, non viene intrapresa. E non ho ovviamente la parola che mondi possa aprirti su questo ché, se lo dichiarassi, cadrei ovviamente in immediata contraddizione con le premesse ^_^.

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non generalizzare troppo però: mica siamo -o eravamo- tutti pasoliniani! (per restare a quel periodo, vedi Sandro Penna)

 

Certo generalizzare è un pericolo da tenere in considerazione

ma sarebbe altrettanto errato "pasolinizzare" ( tanto più che

Pasolini, Bellezza, Penna erano tutti amici le esperienze di uno

non erano estranee agli altri ) nel senso di fare di Pasolini una

sorta di esemplare eccezione

 

Solo per fare un esempio banale, l'ambigua relazione fra Pasolini

e la Callas non è poi così distante da quella fra Bellezza e Elsa morante

 

O molto più banalmente tutti e tre andavano a battere in cerca di ragazzi

 

Certo né Bellezza, né Penna hanno mai assunto come narratori lo sguardo

dei "ragazzi di vita" come fece Pasolini ( il ché significava parlare di omosessualità

nell'ottica del marchettaro omofobo, che disprezzava i froci ) ma vivevano anche

una omosessualità simile

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scrivo solo per ricordare, ai pochissimi che non lo sapessero, che da questo libro è stato tratto il film Cabaret di Bob Fosse (un caso di trasposizione cinematografica particolarmente riuscito, un capolavoro derivato dal libro ma a suo modo autonomo)

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scrivo solo per ricordare, ai pochissimi che non lo sapessero, che da questo libro è stato tratto il film Cabaret di Bob Fosse (un caso di trasposizione cinematografica particolarmente riuscito, un capolavoro derivato dal libro ma a suo modo autonomo)

 

Io lo sapevo, amo Cabaret ed ho voluto leggere il libro anche per questo 

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ammetto di non aver capito l'intervento di Agis.

 

Intendevo proprio questo Hinzelmann, mi chiedevo se Isherwood (che non conosco minimamente come scrittore) fosse mai tornato sull'esperienza berlinese, avesse mai più parlato delle sue relazioni col lumpenproletariato.

 

Io mi immaginavo, dopo il primo capitolo, che l'esperienza omosessuale sarebbe stata raccontata con toni tragici che riecheggiassero i tempi tragici. Sono rimasto stupito di questo tipo di narrazione, non certo serena ma abbastanza "accettata", questo l'ho trovato sorprendente. 

 

Sinceramente freedog Narciso e Boccadoro lo trovo parecchio distante, più vicino agli arzigogoli di Thomas Mann che a un libro come Addio a Berlino.

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Sinceramente freedog Narciso e Boccadoro lo trovo parecchio distante, più vicino agli arzigogoli di Thomas Mann che a un libro come Addio a Berlino.

ovvio che sono distanti

considerando quanto fosse represso Hesse!

 

lo citavo solo come esempio per far capire quanto allora si andasse molto per allusioni che poteva capire solo chi era della.. parrocchia

e si evitasse quasi sempre (Wilde a parte, che infatti passò i suoi bei guai anche x questo) di parlarne esplicitamente

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Intendevo proprio questo Hinzelmann, mi chiedevo se Isherwood (che non conosco minimamente come scrittore) fosse mai tornato sull'esperienza berlinese, avesse mai più parlato delle sue relazioni col lumpenproletariato. Io mi immaginavo, dopo il primo capitolo, che l'esperienza omosessuale sarebbe stata raccontata con toni tragici che riecheggiassero i tempi tragici. Sono rimasto stupito di questo tipo di narrazione, non certo serena ma abbastanza "accettata", questo l'ho trovato sorprendente.

 

Si certo che c'è tornato sopra ed ha parlato sia di Otto che di Heinz

a livello storico la relazione più rilevante è la seconda Heinz Neddermeyer

aveva 17 anni i due convissero dal 32 al 33 e poi furono costretti dall'avvento

del nazismo a lasciare Berlino, Isherwood tentò in tutti i modi di portare il ragazzo

in Inghilterra ma non gli riuscì quindi per 4 anni viaggiarono per l'Europa, finché il

ragazzo non fu "beccato" ed espulso in Germania ( con condanna a 6 mesi di carcere

un anno di lavori forzati e due di arruolamento nell'esercito per omosessualità e renitenza

alla leva, da qui il suo matrimonio eterosessuale....il ragazzo ebbe un unico figlio nel 1940

che chiamò Christopher e poi decise nel dopoguerra di vivere a Berlino Est, nella DDR )

 

Anche a seguito di questa vicenda Isherwood decise di lasciare l'Europa e stabilirsi negli

USA

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