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  • 2 weeks later...

"Terra bruciata" di Ballard l'ho finito, un po' a fatica. Non so, non mi sembra abbia dato il suo meglio, specie nella sezione centrale; poi nel dipanarsi degli eventi verso il finale non fa altro che anticipare lo svolgimento de "Il condominio", solo che quest'ultimo è decisamente superiore.

 

Poi ho letto "Seminario sulla gioventù" di Aldo Busi. Ve lo straconsiglio! Personalmente, non penso che mi riprenderò facilmente dopo aver letto qualcosa scritto con una tale proprietà di linguaggio, con una così solida forma e che riesce anche a trovare il tempo di inserire un paio di misteri che si svelano solo nelle pagine finali, in un'opera dove non ci si aspetta altro che scavo psicologico e si vanta dall'inizio alla fine di non avere una trama - che invece ha.

Ripeto, consigliatissimo.

 

Ora sto leggendo "Il matematico indiano" di Leavitt, finalmente; sono più o meno a un terzo. Devo dire che dopo Busi tornare al linguaggio più "sempice" di Leavitt (e dell'odiosa traduttrice) è straniante. Il libro è spesso un po' "asettico", la narrazione procede come se fosse una biografia o peggio ancora un libro di storia... Ma ha i suoi punti di forza. Aspetto di finirlo per confermare o smentire questre impressioni.

"Crepuscolo degli idoli", di Friedrich Nietzsche. Avevo abbandonato da un po' Federico, ma se ci si ama davvero ci si incontra di nuovo. È uno dei suoi scritti più tardi, e quindi più radicali ed antisistemici. Un gusto molto forte, non per tutti.

 

"Bioenergetica", di Alexander Lowen. Sostanzialmente un saggio che riassume le teoria di Lowen sul rapporto mente-corpo. Non si può certo definirlo "scientifico", ma contiene spunti interessanti.

 

"Dal big bang ai buchi neri: piccola storia del tempo", di Stephen Hawking. Ormai mi manca sì e no un capitolo. Immenso divulgatore, oltre che immenso scienziato, assolutamente consigliato.

 

"Il denaro in testa", di Vittorino Andreoli. una prospettiva psicologica/psichiatrica sull'importanza assunta dal denaro e dell'economia nella nevrosi dell'uomo contemporaneo.

 

"L'unico e le sue proprietà", di Max Stirner. Manifesto dell'anarco-individualismo. Quell'uomo era un genio.

 

"The mysterious stranger", di Marx Twain. Se ho ben capito, è un'opera incompiuta. Siamo nel 1590 in Austria, e la vita di un tranquillo villaggio viene sconvolta dall'arrivo di uno spirito sovrannaturale che si presenta come "un angelo", ma è in effetti una figura abbastanza inquietante...

Conoscere il titolo del libro che sta leggendo un forumista è sempre una scoperta eccitante,

carica di insegnamenti :P

 

Nelle ultime tre pagine, solo Kuyashi, Quint e FreakyFred hanno dato delle informazioni, o fatto delle notazioni,

sui libri che stanno leggendo. Perché non facciamo tutti altrettanto?

 

Altrimenti questo topic si riduce a un elenco privo di ogni utilità, no?

Conoscere il titolo del libro che sta leggendo un forumista è sempre una scoperta eccitante,

carica di insegnamenti :P

L'ho dovuto rileggere un paio di volte per cogliere il sarcasmo. :asd:

 

Io sto quasi finendo "Il matematico indiano".

C'è una cosa che non mi torna. E qui metto sotto spoiler, per chi non vuole anticipazioni.

 

Sulla trama scritta in quarta di copertina (non letta su un sito internet a caso, ma proprio quella stampata sul libro) c'è scritto che la vicenda è quella dei matematici Hardy e Ramanujan, che si incontrano e "tra i due nascerà una proficua collaborazione destinata a sfociare in una difficile e contrastata storia d'amore".

Ecco, io sono a pagina 523 su un totale di 586, Ramanujan ha un piede nella fossa e questa storia d'amore ancora non è neanche lontanamente cominciata, né mi pare che i suddetti protagonisti siano inclini a darle inizio.

Sì, lo so, il libro ancora non è finito, ma mancano 60 pagine e sono un po' perplesso. :look:

 

Quint, non so usare il difficile marchingegno che hai usato tu, ma posso dirti che le cose a p. 586 non cambieranno.

Tutto il libro è in realtà su Hardy.

La spiegazione che mi sono dato è che Ramunajan è segretamente amato, e ha questo ruolo nella biografia di Hardy.

Il quale invece si rivolge ai giovani spettatori maschi della sua conferenza descritta all'inizio.

Conoscere il titolo del libro che sta leggendo un forumista è sempre una scoperta eccitante,

carica di insegnamenti :P

 

 

Chiedo venia, e cercherò di rimediare in futuro :)

... Anzi rimedio subito: questo pomeriggio sono arrivato quasi a metà e devo dire che è un ottimo libro/svago, magari dopo averlo letto non sarà cambiata la mia visione del mondo ma almeno mi sarò fatto una risata in compagnia di alcuni personaggi unici (prima fra tutti proprio Zia Mame). L'unica pecca che posso trovargli è che, purtroppo, leggendo ai nostri giorni parte della stravaganza e dell'anticonformismo della protagonista mi sfugge, e forse non è il massimo della verosimiglianza, ma non mi importa: io i libri li leggo per sognare!

Comunque nel complesso i personaggi sono ben strutturati, anche quelli minori, e ho trovato abbastanza carino l'espediente usato dallo scrittore/narratore dell'articolo riguardante un'eroica vecchina letto su una rivista, per fare un paragone con la zia e dare il via al racconto.

La spiegazione che mi sono dato è che Ramunajan è segretamente amato, e ha questo ruolo nella biografia di Hardy.

Talmente segretamente da non dirlo nemmeno a se stesso?

Comunque, al di là delle nostre speculazioni circa i rapporti dei personaggi, è evidente che la "collaborazione destinata a sfociare in una difficile e contrastata storia d'amore" è un parto di una mente malata che lavora alla Mondadori.

Piuttosto, in tema di speculazioni: mi è parso di capire che Leavitt appoggi la teoria dell'avvelenamento da piombo o comunque da metalli pesanti, visto i ripetuti accenni alla pentola del rasam che stava perdendo la placcatura interna... è solo una mia impressione? Guardo troppo Dr. House? :rolleyes:

 

***

 

Dunque, finito "Il matematico indiano", ho iniziato "Tre millimetri al giorno", di Richard Matheson (da cui venne tratto il film "Radiazioni BX: distruzione uomo").

È l'incredibile storia di un uomo che misteriosamente rimpicciolisce, appunto, di tre millimetri al giorno: lo troviamo, all'inizio del libro, già alto un paio di centimetri, intrappolato nella cantina di casa sua insieme a un ragno velenoso; vari flashback ci mostrano come tutto è iniziato e come è stata vissuta la trasformazione dal protagonista e dai suoi cari.

Inquietante, claustrofobico.

Devo dirti che leggendo il libro mi sono quasi completamente scordato della "promessa" fatta dallo squinternato

notista della Mondadori. Anche se, a pensarci bene, quella nota è davvero enorme.

Mi ha affascinato la ricostruzione dell'omosessualità negli anni Dieci e Venti, e anche dopo, quando ancora non era

diffusa la parola «omosessualità». E la prospettiva di vita era totalmente diversa.

 

Secondo me, Hardy non lo confessa compiutamente nemmeno a se stesso: è qualcosa di segreto anche per lui,

qualcosa che rimane nell'anticamera della sua coscienza. Non ne è lontana, ma è lasciata in anticamera.

Io sto leggendo Le corps lesbien di Monique Wittig, la scrittrice, oltre che teorica queer, già evocata in altri topic.

 

È un libro che solo le donne possono giudicare, credo, perché è un flusso di coscienza volto a esprimere emozioni

relative alla fisicità e al corpo femminile e quindi alla sessualità lesbica, la scoperta/appropriazione per sé del corpo,

attraverso cui è filtrata una storia, ridotta però a attimi, momenti. È innegabilmente scritto da una persona che aveva

testa e cervello, e s'indovina anche, dietro queste immagini fluttuanti, per contrasto, la grande forza dell'autrice, il suo

peso specifico, la sua radicalità. Ma non c'è storia, né struttura. Viceversa, intervengono invenzioni tipografiche,

mutamenti di caratteri grafici, probabilmente dotati di un significato che sta al lettore scorgere.

 

Il libro ha una particolarità, che non è spiegata da alcuna avvertenza o nota (cosa senz'altro voluta),

vale a dire il fatto che Wittig scrive «io» e tutte le forme del pronome possessivo («mio», «mia», «miei», «mie»),

trafiggendole con uno slash, così: j/e, m/on, m/es. Credo significhi la coscienza della separazione della donna proprio

nel corpo e nella sessualità, da sé stessa.

 

Ecco, è una lettura di questo genere...

Tanta roba... ora che ho rinunciato a facebook mi accorgo di quanto tempo esso togliesse ad attività più proficue per il mio animo.

Alcuni titoli cui mi sto dedicando:

 

"Lezioni di filosofia della storia", di Hegel. Curiosamente comprensibili, anche se scarsamente condivisibili. Ogni volta che leggo Hegel, lui rimanda tutte le spiegazioni e le dimostrazioni inconfutabili di ciò che dice alla Fenomenologia dello Spirito. Poi se provi a leggere quest'ultima ti accorgi che in realtà non dimostra proprio niente di quello che dava per scontato altrove.

Continuo a considerare tutto quello che dice tutto sommato una specie di teologia, all'interno della quale i pensieri di qualche valore sono pochi. Però ci sono e vale la pena di cercarli.

 

"Godel, Escher, Bach: un'eterna ghirlanda brillante", di Douglas Hofstadter. D.H è un teorico dell'intelligenza artificiale. Il libro in questione prende lo spunto dai tyre autori menzionati nel titolo per un discorso complesso e interessante sulla ricorsività logica. Lo scopo dichiarato dell'autore è mostrare come i fenomeni dell'intelligenza e della coscienza possano emergere naturalmente dall'interazione di parti più semplici.

Ho conosciuto Hofstadter per via della sua collaborazione con l'amato Dennett, e finora sembra all'altezza di quest'ultimo.

 

Sul mio comodino hanno spazio anche molti altri volumi che vengono presi in mano a turno (è un periodo in cui sono particolarmente "affamato"). In particolare ho preso in mano l'Etica Nicomachea di Aristotele e i Tipi psicologici di Jung. Dunque mi vergogno quasi un po' ad affiancare a tutti questi illustri pensatori il misero Peter Singer, coi suoi "Liberazione animale" e "etica pratica".

"Filosofo" dedito allo studio dell'etica, Singer argomenta la sua tesi secondo la quale gli animali dovrebbero ricevere pari considerazione degli umani rispetto al nostro agire etico. Agire del quale, come si vede in "etica pratica", ha una visione alquanto poetica e sentimentale, anche se camuffata da pseudorazionalismo becero.

Sono stato portato a visionare l'opera di Singer dopo aver visto con quanto rispetto egli sembra purtroppo esser trattato negli ambiti della bioetica e dei movimenti animalisti. Ma ogni passo che leggo mi lascia sorpreso per la sua banalità, per la povertà dell'argomentare, per il gusto della superficialità sofistica che lo accompagna, per la penuria di metodo.

Forse su una cosa Hegel aveva ragione, ogni filosofia è l'espressione del suo periodo storico. Infatti l'hegelismo è espressione di un'epoca barocca ed altezzosa, mentre Peter Singer è espressione di un'epoca ipocrita e superficiale. Plus ça change, plus c'est la même chose...

il misero Peter Singer, coi suoi "Liberazione animale" e "etica pratica".

 

 

Però non è banale il principio sul quale Singer fonda il principio dei diritti degli animali: la loro «capacità di soffrire».

Il principio può essere accettato o contestato, ma non è banale.

Al contrario, si tratta di un approccio all'etica assolutamente scontato. Singer si gloria tanto di aver trovato il principio che distingue gli enti morali, qualcosa di sostanzialmente diverso da chi distingue sulla base della razionalità, o del colore della pelle, o del sesso. E sbaglia grossolanamente. Ha solo tracciato una linea come le altre; prima erano tenuti fuori donne e neri e animali, adesso sono tenuti fuori gli animali, con Singer verranno tenuti fuori piante e minerali. Posso proporre io stesso su due piedi un numero letteralmente infinito di possibili principi, da quelli con una parvenza di razionalità (hanno diritti solo i primati, o solo i mammiferi, o solo i vertebrati, oppure tutti gli eucarioti) a quelli palesemente assurdi (hanno diritti le rocce basaltiche, i cavolfiori, gli uomini col naso lungo), ma non c'è nulla di originale in un simile procedimento.

Originale sarebbe l'approccio metaetico, tentato pateticamente da Singer in "Expanding the circle", l'unico suo testo che ho finora trovato in cui egli faccia uno sforzo, ancorché superficiale, di indagare sulla genealogia dell'etica e quindi, implicitamente, sulla ragion d'essere dell'etica. Ed è così cieco, o ipocrita, da arrivare ad un passo minuscolo dal vedere l'essenza del problema (parla tranquillamente della genetica, dell'evoluzione dei comportamenti altruisti, di teoria dei giochi), ma riesce comunque dove qualunque pensatore profondo fallirebbe: non scalfire quel nucleo. E' pronto a riconoscere con rilassatezza l'importanza del gene egoista nell'origine dell'etica, ma poi prontamente la sradica (forse terrorizzato dallo spauracchio della fallacia naturalistica), e trasforma tutto il processo di evoluzione morale in un semplice "espandere il cerchio" dei principi fondamentali che ne derivano (fin dove? Fin dove ha deciso lui, non ha criteri di base da seguire se non quelli che ha inventato da solo). Trascura completamente tutto il mondo dei rapporti fra individui e fra società, non riesce a pensare all'umanità come un sistema integrato, come dimostrano anche le sue visioni infantilistiche sul piano dell'economia (Singer è convinto che se trasformassimo i pascoli in campi coltivati la fame nel mondo finirebbe. Qualcuno glielo dica a Marx, lui non se n'era accorto). Eppure solo all'interno di una dimensione relazionale-dialettica ha potuto nascere una morale!

Cercate una trattazione di questo tema nell'opera di Singer. Se la trovate, fatemi un fischio, perché mi sono abbastanza stancato di vedere paragonata la pesca al merluzzo alla Shoah.

Freaky, sto parlando del Singer teorico dei diritti degli animali, non di Singer come filosofo morale. La mia notazione verte solo sui diritti animali,

e il fondamento che Peter Singer ha trovato per conferire all'animale un diritto, -quindi diritti-, il diritto di non soffrire, è innegabilmente

originale, per la semplice ma decisiva ragione che nessuno prima di lui lo aveva sostenuto. Ed è anche un principio rivoluzionario: non a

caso, dal 1968 (data che dovrebbe dirti qualcosa) a oggi, si è imposto a livello mondiale, e ha modificato in modo sensibile il comune sentire

verso gli animali.

Fammi capire, secondo te si può parlare di diritti senza parlare di etica? Ammettiamo che sia possibile... Singer non lo fa. Singer è, o dovrebbe essere, un filosofo morale. E seguendo lo stile "specializzante" che ha ormai assunto il sapere, ti accorgerai che non ha mai scritto nulla di più teoretico, ma si è strettamente attenuto a parlare di etica, come gli scienziati si attengono al laboratorio senza mai parlare di epistemologia. Ma se la scienza almeno ha raggiunto un certo grado di indipendenza e le sue basi filosofiche possono essere considerate tutto sommato formate, quando mai si è vista una cosa del genere per l'etica? Come si può pretendere di fare etica senza una filosofia dell'etica, e quindi senza una filosofia della natura, della persona, della mente a sostenere il tutto? Spinoza intitolò la sua opera più grande all'Etica, con la maiuscola, ma ritenne opportuno cominciare col concetto di sostanza, con Dio, per poi passare all'anima dell'uomo e via dicendo, non si può byassare tutte le necessità di struttura con quel genere di sofisma. Sì, sto giudicando Singer come filosofo morale, non come avvocato furbetto, perché è nelle prime vesti che si è ed è presentato.

Poi se vogliamo semplicemente riconoscere che Singer non è, come alcuni dicono, un filosofo per non filosofi, ma un non filosofo per non filosofi, allora ci posso stare. Almeno non è offensivo nei confronti dei grandi pensatori del passato e del presente, delle menti profonde e cristalline che hanno davvero contribuito alla crescita del pensiero.

Sono certo che Singer non contribuirà alla crescita del pensiero filosofico, ma a un mutamento del sentire verso gli animali,

sì. Il suo obbiettivo, almeno nel libro iniziale, è estremamente limitato, e mi sembra fuori luogo scomodare Spinoza e la

grande tradizione della storia della filosofia: se lo compari ai giganti lo puoi facilmente distruggere, ma, in fondo, non ti sei

ancora confrontato con la sua tesi. Sono convinto, pur non avendolo letto, che il resto della sua produzione possa essere

addirittura mediocre, ma non è mediocre il libro del 75, e non è banale la proposizione sulla quale edifica il concetto di

diritti degli animali, un concetto nuovo e per molti anni ostico da accettare, anche e proprio perché è un concetto che

sembrerebbe rifiutare ed escludere di per sé una sistemazione concettuale rigorosa. Averci provato, ed essere pervenuto a

un risultato accettabile, non è un'impresa da mediocre.

 

Ma, se ti conosco bene, a te non piace, anzi dà un intimo fastidio, proprio il chiamare in causa il concetto di capacità di soffrire

come fondamento della tesi dei diritti animali. Dai, confessalo :guitar:

Mi perdonerai la presunzione... ma io credo di avere un'intelligenza un pochino superiore alla media. Sarà per questo che a me uno come Singer sta proprio lì. Io voglio essere sorpreso, voglio vedere qualcosa che possa sconvolgermi, aprirmi nuovi orizzonti; non so che farmene di libretti sofistici che danno per scontata la mia totale ignoranza di ogni sistematizzazione filosofica. Prendo il pensiero di Singer come un'autentica offesa alla mia intelligenza. Un'offesa inferiore soltanto al plebeo belato di approvazione che la massa gli concede. Questo è l'intimo fastidio.

Nel merito, non ritengo che la grandezza del pensiero, e dunque del pensatore, si misuri dal numero di copie vendute. E questo è tutto ciò che Singer ha a suo favore: ha venduto molte copie e convinto molte anime semplici. Il che è un'opera molto, molto mediocre; l'ha fatto anche Dan Brown.

Capisco, Freaky. Ma Peter Singer ha a suo favore molto più di quanto tu immagini.

 

Ad esempio, è stato a lungo professore all'Università di Princeton, una delle tre più importanti università

americane, forse la più prestigiosa degli USA. Tu non immagini neppure quale sia il livello di Princeton.

Definire « plebeo belato di approvazione che la massa gli concede » il riconoscimento ricevuto

da una delle più importanti Università del mondo significa...beh significa che la polemica ti ha preso la mano!

 

Non ti sembra di essere un po' troppo presuntuoso?

Non concordavi poco più su che la sua produzione filosofica sia probabilmente mediocre? Be', lo è, te l'assicuro! Prima abbiamo detto che non potevamo confrontarlo coi grandi, ma adesso pare che stia tornando nel pantheon... Allora, adesso posso distruggerlo nel modo che si conviene ad i grandi (o almeno a chi vorrebbe imitarli)?

Forse il fatto che Singer riceva tanta stima anche negli ambienti accademici vuol dire solo una cosa: che la plebe è arrivata più in alto di quanto non credi...

 

Aaaah... scusa l'edit, ma forse ho capito ora dove volevi arrivare. Volevi che belassi anche io adorante, non al nome di Singer, ma almeno a quello dell'illustre Princeton University.

Allora facciamo così: belerò in ammirazione quando smetterò di avere un cervello che mi permetta di andare oltre.

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