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Vita

Mentre è in discussione in Parlamento, Google anticipa i tempi sul decreto dignità e avverte gli inserzionisti: stop alla pubblicità del gioco d'azzardo. Google aggiorna così la sua policy in materia di advertising del gioco d'azzardo.

Nella guida per gli inserzionisti, gli unici prodotti di gioco consentiti per l’Italia - così come previsto dal Decreto Dignità - sono quelli relativi alle «lotterie ad estrazione differita gestite da entità statali (nel caso italiano la Lotteria Italia). Google non ammette annunci di casinò con sede fisica e di scommesse online. Gli inserzionisti, inoltre, devono essere certificati da Google».

«Capiamo che questa potrebbe essere una notizia deludente per alcuni inserzionisti, tuttavia, come azienda, Google è tenuta a prendere decisioni su quali annunci accettare - si legge nella comunicazione dell’azienda - e abbiamo valutato con molta attenzione la nostra posizione in merito agli annunci su questo tipo di contenuti», oltre al «potenziale effetto che tale nostra decisione potrebbe avere sugli inserzionisti AdWords».

Vedremo ora se e come queste disposizioni verranno rispettate.

AndrejMolov89

Mettiamola così. Abbiamo un tessuto industriale talmente schifoso che dovrebbe essere una fonte di vergogna. I datori di lavoro al più sono fermi ai rapporti di lavoro che sussistevano a fine ottocento.
Il mio ragazzo ora fa uno stage presso una azienda. E' un ingegnere, laureato abbastanza bene. I primi 3 mesi gli hanno fatto fare quello per cui ha studiato. Poi lo hanno obbligato ad accettare un posto di lavoro che potrebbe fare un diplomato di ragioneria, ed ora lo assumono per un anno a fare questo suddetto lavoro per 1200 euro (-200 euro di viaggio perché non lo hanno neppure avvertito che la sede sarebbe stata spostata a 50 km da Padova).
Lui non solo non può essere scontento (in fondo che sono 10 anni di sacrifici economici e morali per prendersi una laurea in ingneria?) Ma hanno anche il coraggio di dirgli che dovrebbe essere flessibile, e che se non si dimostra contentodi non fare quello per cui ha studiato potrebbero non rinnovargli il contratto l'anno prossimo perché vogliono "entusiasmo".  Ora, sinceramente, nella sfiga ha anche uno stipendio decente, ma nella pratica lui perde un ulteriore anno spendibile in formazione in ambito tecnico, e se l'anno prossimo lo lasciano a casa lui come ingegnere ha un esperienza quasi nulla. Ora, vi sorprendete che vi sia una fuga generale dall'Italia? E queste merdate le fanno i datori di lavoro che non hanno nessunissima intenzione né di creare un ambiente di lavoro decente, né di trattenere le persone capaci, o sotto sfruttare i ragazzi che dovrebbero essere base dell'innovazione e della competitività. Ma vi pare il caso di dover negare l'evidenza? Che sostanzialmente non ci sia un problema sostanziale nelle piccole-medie aziende, ed in alcune grosse? Seriamente.

La Repubblica

È una mamma la prima vittima del decreto Dignità. "Mio figlio è nato 2 settimane fa e ne ho un’altra di 3 anni. Ma adesso ho paura per il futuro", dice Valeria, 35enne romana che ha raggiunto i 24 mesi previsti come tetto massimo per i contratti a tempo determinato.

Era arrivata prima al bando che le ha permesso di lavorare con Anpal servizi, azienda che fornisce operatori all’Agenzia per le politiche attive del lavoro utilizzando fondi nazionali ed europei. Ma, invece dell’orgoglio sente che su di lei si è abbattuta una "profonda ingiustizia" e preferisce non essere fotografata perché esponendosi teme di non trovare un nuovo impiego. A ferirla è anche il fatto che a una donna e neomamma "venga fatto capire che era meglio rimanessi a casa invece di essere stabilizzata".

Il motivo ufficiale con cui a Valeria è stato detto che non avrebbe più lavorato, attraverso una chiamata e con soli 5 giorni di preavviso, è proprio l’impossibilità dell’azienda di prorogare il contratto, a causa delle nuove regole previste dal dl Dignità.

Per l’Anpal servizi Valeria, laureata in Scienze politiche internazionale alla Sapienza, si occupava di selezionare le aziende che potevano accedere ai finanziamenti previsti per chi attiva contratti di apprendistato o l’alternanza scuola - lavoro. E per il braccio operativo dell’agenzia nazionale che si occupa di politiche attive (e dunque di trovare un impiego a chi è disoccupato), lavorava dal 2014 con un contratto a progetto prima e con il tempo determinato da agosto 2016. Ma ecco raggiunto il periodo massimo di 24 mesi. Dopo, il nulla.

Proprio pochi giorni fa, durante un’audizione al Senato, l’amministratore unico di Anpal servizi Maurizio Del Conte aveva solidarizzato con il Coordinamento nazionale dei precari dell’azienda stessa che avevano protestato per le condizioni di lavoro incerte.

Un paradosso diffuso, quello dei precari che devono occuparsi al meglio di politiche attive: sono 800 su 1200 gli operatori che sul territorio nazionale lavorano per Anpal servizi. "Vorrei insegnare ai miei bambini che l’autonomia è un valore" dice infine Valeria. "Anche se a me l’hanno appena tolta".

TPI

Dopo una campagna elettorale in cui il Movimento Cinque Stelle aveva attaccato ferocemente le politiche sul lavoro del Pd, e in particolare il Jobs act, ieri i pentastellati, alla Camera, hanno votato contro un emendamento che predisponeva il ripristino dell’articolo 18.

Si trattava di uno degli emendamenti al Decreto dignità, ed era stato proposto da Liberi e Uguali: ha ricevuto solo 13 voti a favore (quelli appunto di Leu) a fronte di 317 contrari e 191 astenuti.

Tra questi ultimi figurano i deputati di Forza Italia. Come ha spiegato la forzista Renata Polverini, la scelta di astenersi è stata motivata dal fatto che “noi non ci stiamo a coprire con il nostro voto contrario la propaganda del ministro Di Maio e per questo chiedo all’Aula di lasciare esprimere con voto contrario solo il M5s perché si abbia una plastica rappresentazione di quando si fa propaganda e quando poi ci si deve assumere la responsabilità in questa Aula”.

Una linea, quella dell’attacco frontale ai grillini, condivisa da tutte le forze di opposizione. In prima fila, come ovvio visto il tema trattato, il Pd.

“Prendiamo atto che M5S e Lega lasciano intatto il Jobs act voluto e attuato dai governi Renzi e Gentiloni – ha detto Deoborah Serracchiani – e lo fanno dopo che per tutta la campagna elettorale hanno detto che lo avrebbero abolito e reintrodotto l’articolo 18”.

Era stato lo stesso Roberto Speranza, coordinatore nazionale di LeU, a incalzare Di Maio e soci sull’emendamento proposto dal suo partito: “Quando questo provvedimento è stato annunciato, da sinistra in tanti sia nelle forze politiche che nelle forze sociali hanno dato segnali di attenzione e addirittura è stato detto: ‘Sarà la Waterloo del Jobs Act’. Bene, Ministro, questa è la grande occasione, dica al gruppo del MoVimento Cinque Stelle di votare a favore di questo emendamento e sarà davvero la Waterloo del Jobs act, altrimenti difendete le politiche fatte da Renzi in questi anni”, ha detto Speranza in aula.

A votazione avvenuta, e certificata la contrarietà dei Cinque Stelle alla reintroduzione dell’articolo 18, il deputato di LeU ha attaccato i pentastellati su Twitter: “Dalla Waterloo del Jobs act alla Waterloo dei 5 stelle. Avevano promesso di reintrodurre l’art 18 e cancellare il jobs act e invece votano contro l’emendamento di LeU che avrebbe ripristinato l’articolo 18”

Pochi commenti dal fronte grillino, praticamente nessuno sull’oggetto del contendere. C’è chi sposta l’attenzione sui dati Istat, che segnalano un record dei contratti precari, dando la colpa ai precedenti governi, chi sottolinea come il Pd non possa parlare di diritti dei lavoratori non avendoli mai davvero difesi.

Sull’articolo 18, però, tutto tace.

Delle due l'una però...o il Decreto contiene troppo, o contiene troppo poco

La verità è che il ripristino dell'articolo 18 lo hanno votato solo in 13

Cioè forse ancora meno voti di quanto prenderebbe una ipotetica proposta sul matrimonio gay

La Repubblica

Si è conclusa al Senato l'approvazione del cosiddetto decreto Dignità: il testo è passato con 155 voti favorevoli, 125 contrari e 1 astenuto. L'Aula si è espressa sul testo che era uscito dalla Camera e l'approvazione è dunque definitiva.

Prima del voto finale, i singoli schieramenti erano intervenuti per anticipare la loro intenzione. "Se l'intento era quello di andare verso la decrescita felice, forse ci state riuscendo. Le piccole imprese stanno reagendo con rabbia a questo decreto che impone lacci e lacciuoli. Questa non è dignità, è creare complicazioni alle imprese", ha rimarcato in Aula Andrea De Bertoldi, di Fratelli d'Italia. "Aumenterà la disoccupazione. Questo è il decreto della disoccupazione, e così andrebbe chiamato. La nostra visione era più complessa, e parlava di percorso formativo scuola-lavoro, incentivi agli investimenti tecnologici, agevolazioni per i contratti indeterminati. Avete messo in piedi invece un meccanismo infermale che lega le mani alle imprese e alimenterà il lavoro nero", ha incalzato Andrea Marcucci, capogruppo del Pd.

Anche Anna Maria Bernini, capogruppo di Forza Italia, ha attaccato: "Questo è il governo dei 'No'. Il governo deve avere il coraggio di dire più 'SI'. Finora abbiamo ascoltato no alla Tav, no al Tap, no ai vaccini. Non vaccinarsi - attenzione - è una libertà esercitata in modo arbitrario a scapito di chi si vaccina e anche di chi non può esporsi al rischio contagio, per esempio a scuola, perchè ha disfunzioni per cui ne morirebbe. La mia libertà finisce dove comincia la tua: questa è la base della nostra cultura liberale. Adesso sembra che si voglia invertire tutto questo. Noi ci batteremo fino allo spasimo per non essere travolti da questa deriva". E Francesco Laforgia è tornato a incalzare per il mancato impegno a ripristinare l'articolo 18: da parte del governo c'è stato un "atteggiamento incomprensibile sull'impegno di ritornare a parlare della possibilità di reintrodurre l'articolo 18. Una scelta incomprensibile. C'è una distanza molto forte, incolmabile, tra il titolo 'dignità' e gli effetti che il decreto dispiegherà".

Diversa impostazione dall'alleato di M5s, il leghista Alberto Bagnai, che ha parato i colpi dalle critiche degli industriali: "Confindustria attacca questo decreto? Fiat, Marcegaglia, Luxottica, Honda Italia, sono tutte aziende che recentemente hanno scelto di uscire da Confindustria, che è sempre più lontana dalle piccole e medie imprese. Abbiamo migliorato una legge che per qualcuno era già perfetta, vediamo cosa dirà Confindustria dopo l'approvazione di questo decreto". Infine, Stefano Patuanelli per il M5s ha parato le accuse: "Ci hanno detto che dobbiamo vergognarci di questo decreto, ma di cosa? Di aver messo le imprese che vengono a sfruttare gli aiuti sul nostro territorio e poi lasciano da soli i lavoratori? Di aver rimesso al centro i diritti dei lavoratori? Questo provvedimento non esaurisce i temi che tocca, ma aggredisce i problemi entrando in una nuova dimensione politica. Non accettiamo le lezioni di chi ha governato questo paese per 25 anni portandolo in queste condizioni".

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