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Apre a Milano lo Starbucks più grande al mondo


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Antonella De Santis

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Il countdown è finito. Apre al pubblico il 7 settembre il primo Starbucks italiano. Una boutique del caffè in cui la bevanda viene celebrata dalla piantagione alla tazzina. Si chiama Starbucks Reserve Roastery.

La vulgata, diffusa dallo stesso protagonista, narra che Howard Schultz – presidente emerito di Starbucks - arrivò a Milano nel 1983, innamorandosi dei caffè meneghini. “Sono stato sedotto dall'aroma e dalla vita che vi si respirava, dal senso di comunità che si viveva in questi bar” racconta lui stesso. È stata una folgorazione che lo ha guidato nel suo cammino con Starbucks (la catena di caffetterie aperta dal 1971), per infondere ai suoi locali quel potere aggregativo. E così è stato: chiunque abbia preso un frappuccino nelle cup con la sirena verde, avrà goduto probabilmente anche del wi-fi libero, del divano per sfogliare un giornale, lavorare al computer o solo riposare un po'.

Un bagno di umiltà
“Non vogliamo insegnare niente a nessuno” ha esordito Giampaolo Grosso, general manager del locale di Milano, quasi a mettere le mani avanti viste le polemiche che il tema caffè porta con sé (polemiche affrontate e sciolte già diverso tempo fa), “solo condividere esperienze diverse rispetto al caffè”. Starbucks non pretende di sostituire il classico espresso consumato al bancone ma far conoscere nuove potenzialità del caffè, puntando su diversi modi di fruizione e preparazione, tenendo saldi il rispetto e la profonda ammirazione (a più riprese dichiarati) per tutto quanto è italiano. “Mi sento italiano” azzarda a un certo punto Schultz, che continua: “non so cosa vi aspettiate da questo locale, ma forse non questo”. Questo, è un'incredibile stabilimento che ricorda da vicino la Fabbrica di cioccolato immaginata da Tim Burton, con tubi di rame e altri trasparenti che si rincorrono sul soffitto e in cui scorrono i chicchi di caffè. “Un sogno che si realizza” lodefinisce emozionato Schultz “ritornare dove tutto ha avuto inizio, dove ho assaggiato la prima tazzina di caffè”. Quella che ha acceso la scintilla che ha portato Starbucks in 78 paesi nel mondo ridefinendo il modo di consumare il caffè. Sono dovuti passare 10 anni (e tantissimi opening) prima di iniziare a pensare che quel sogno - “la somma di tutti i miei sogni” lo chiama – poteva essere realizzato. E così è stato. La tanto attesa Roastery italiana, sarà presentata come omaggio alla città, durante uno spettacolo sulla storia di Howard Schultz, in collaborazione con il Comune di Milano e l’Accademia Teatro alla Scala. Le tappe future saranno poi New York, Chicago, Tokyo.

Le Reserve
Quasi 30mila caffetterie nel mondo, 350mila dipendenti (ops partners), e sole tre Reserve Roastery, torrefazioni, boutique del caffè, vetrine di tutte le potenzialità del gruppo. Insomma locali di categoria superiore in cui non solo si serve caffè in mille varianti, ma lo si tosta al momento e si offre ai clienti un'esperienza approfondita sulla bevanda, grazie a personale preparatissimo, pronto a dare informazioni e spiegazioni per accompagnare l'assaggio nel migliore modo possibile. “Quando 4 anni fa abbiamo aperto il primo Reserve Roastery a Seattle” racconta “mi sono ispirato proprio a Willy Wonka: lui mi ha dato l'idea di un ambiente che portasse le persone in un luogo diverso, in cui vivere l'esperienza multisensoriale del caffè”. Dopo l'apertura di Shanghai, un anno e mezzo fa, ha capito che era giunto il momento di tornare dove tutto aveva avuto origine. “Sono venuto a Milano moltissime volte in questi anni” racconta ancora, aggiungendo: “avrò visto oltre 50 location prima di trovare questa”. L'edificio che ospitava le poste e prima ancora la Borsa Valori di piazza Cordusio. In una parte di città che sta diventando uno dei centri del lifestyle milanese, a pochi passi dal Duomo, Galleria Vittorio Emanuele II e il Teatro alla Scala. In molti già giurano: quello di Milano è uno Starbucks molto più bello di quello aperto a Seattle...

La roastery
Al centro del locale un'enorme Scolari (di Cinisello Balsamo) per la torrefazione. I chicchi di Arabica “provenienti da 30 paesi nel mondo, piccoli lotti esclusivi tostati per la prima volta in Europa”, versati da sacchi di juta, arrivano alla tostatrice attraverso dei tubi trasparenti che corrono sul soffitto e passano per la macchina, dove vengono tostati e raffreddati con un sistema ad aria, in un'enorme ciotola aperta in cui una pala ruotando li muove continuamente abbassandone la temperatura. Tutto sotto gli occhi degli avventori, che possono poggiare la loro tazza sulla lunga mensola che corre intorno all'impianto. Ma la parte più scenografica è la camera di degassificazione, all'interno di una botte in bronzo alta più di 6 metri che si apre come un fiore. Da lì viene portato attraverso tubi di rame su soffitto ai bar o al confezionamento (da cui partirà per gli Starbucks di tutta Europa, Medio Oriente e Africa) nella parte posteriore, non visitabile ma comunque visibile. Non solo: per conoscere meglio le tappe della Roastery ci pensano la realtà aumentata e una rappresentazione visiva della storia dell'azienda incisa in ottone da artigiani locali.

La location
Oltre 2300 metri quadrati in disuso da tempo: “mi piaceva l'idea di restituire alla città di Milano questo spazio” commenta Schultz, in perfetta aderenza alle politiche etiche del gruppo, da oltre 20 anni impegnato con la Starbucks Foundation, che ha già suggerito progetti di valenza sociale, di formazione e inserimento lavorativo, come quelli in collaborazione con la Fondazione Don Gino Rigoldi e con l’Accademia Teatro alla Scala. L'edificio in stile tardo cinquecentesco - firmato da Luigi Broggi nel 1901 – è perfetto, con quella facciata curvilinea che crea uno spazio ideale a mo' di teatro per il dehors in cui sostare per godere dell'esperienza Starbucks (l'area è stata riqualificata, anche con lo spostamento di una edicola, così come Starbucks ha riqualificato nientemeno che Piazza Duomo, già da qualche tempo con le ormai famose palme. Nel portico la statua di una sirena – da sempre simbolo di Starbucks - in marmo di Carrara scolpita da Giovanni Balderi.

“Ringrazio Milano per questa incredibile architettura” spiega la designer Liz Muller dopo aver ringraziato anche Howard Schultz “per il suo sogno”. È lei l'artefice di questo spazio delle meraviglie “la location più bella al mondo” dicono. Ha disegnato ambienti, arredi e dettagli avendo come faro guida l'Italia, il suo stile e i suoi valori. Italiani gli artigiani che hanno tradotto i disegni in realtà, così da creare sinergie e partnership con il territorio. Italiani i materiali, come il marmo. Poi ci sono i vetri soffiati intorno alle colonne, il pavimento alla palladiana cesellato a mano. E la magnifica luce che filtra dal soffitto in vetro. I colori scelti sono un richiamo alla moda e al design italiani e al caffè, a partire dal verde della roastery, vero cuore del locale. Verde come sono verdi i chicchi prima della tostatura.

Il Main Bar
È il bar principale, sul lato destro subito dopo l'entrata, divide l'area centrale della roastery e dei tavolini alti con gli sgabelli in legno, dai divanetti (finalmente! Pensavamo non ci fossero) e dall'iconica dispensa di servizio con zucchero e vettovaglie. Se la tostatrice è il cuore o anche la spina dorsale del locale, il Main Bar ne rappresenta i muscoli e la pelle. Qui si viene per gustare il caffè, e apprenderne storia, caratteristiche, espressioni. E sì, lo ripetiamo, i baristi sono super preparati. “Sembrano appartenere ad una setta” sibila qualcuno sorpreso dall'impeccabile approccio del servizio.

Caffè ed estrazioni
La carta propone 4 monorigine e il blend Pantheon studiato appositamente. 7 i tipi di estrazione proposti. C'è l'espresso (macinato al momento in grinder dedicati), ModBar® Pour Over, Chemex, Coffee Press, Siphon, Cold Brew, e il CloverTM Brewed coffee, il Nitro (un cold brew con lunga estrazione a freddo con azoto, circa 20 ore), l'affogato, con il gelato preparato con azoto liquido (in collaborazione col maestro Alberto Marchetti di Torino, Tre Coni nella nostra Guida Gelaterie), cocktail analcolici a base di caffè. Complessivamente qualcosa come 115 bevande. E poi il comparto dolci: croissant, torte e cookies. Provenienti dal Princi Bar di fronte. C'è infatti una grande joint venture tra Princi e Starbucks che prevede la presenza di un grande punto vendita Princi in tutte le città dove Starbucks via via aprirà delle Roastery Reserve.

Il Princi Bar
È l'angolo di pane, pizza, dolci sul lato sinistro della sala. Da qui arriva tutto il food di questo Starbucks. La famosa pizza al trancio, il pane, le torte e i croissant, una pietanza da forno (oggi melanzane alla parmigiana) macedonia e frutta. Princi è il partner delle Roastery “avevo assaggiato le sue cose a Milano” racconta Schultz “e l'ho pregato in ginocchio di portarle in America, ma lui si è sempre rifiutato” continua “fino a che non l'ho invitato alla Roastery di Seattle. E allora ha accettato”. Ha accettato di essere il partner a Seattle come a Shanghai. E oggi c'è il forno a legna rivestito di porfido giallo nella “sua” Milano. La città che l'ha adottato. “Sognavo di aprire un forno” racconta Rocco Princi. “Il primo è stato in Calabria, a Villa San Giovanni. Poi sono venuto a Milano”. Qui ha aperto 5 forni. Poi è stata la volta di Londra. 5 anni fa il contatto con Schultz. “Oggi sono felice di interpretare le materie prime di piccoli produttori come sono io e di condividerle in tutto il mondo”. E in questa occasione si annuncia il suo primo forno indipendente a Seattle la prossima estate.

Lo Scooping Bar e gli altri shop
Scoop come cucchiaiata. Quella con cui si prendono i chicchi dai loro contenitori per pesarli. È l'angolo per la vendita del caffè sfuso che segue, sul lato sinistro, Princi. Sopra un tabellone verde creato da Solari (l'azienda friulana che ha fornito di tabelloni orari tutte le stazioni d'Italia), sotto i chicchi appena tostati. Si sceglie tra 6 varianti (4 monorigine, il blend Pantheon e un decaffeinato) in chicchi o appena macinati. Qua e là alcuni corner per il retail. In vendita confezioni di caffè, tazze grandi e piccole, mug, termos, macchine per il caffè, ovviamente per varie estrazioni. E una serie di oggetti realizzati espressamente per Starbucks da designers italiani. Ci sono le ceramiche di Aldo Cibic (tra le altre anche una sirena, simbolo del marchio che si trova anche a parete in fondo, accanto alla scala) i vasi di Chiara Andreatti, le tazze scultura di Eligo, la cartoleria di Perpetua, gli occhiali da sole di Super e l'abbigliamento ecosostenibile di Wrad.

L'Arriviamo Bar
Ma la Reserve Roastery di Starbucks non è un bar, è un hub di bar e altri punti vendita, è un villaggio di potenzialità con varie scelte. Eccone un'altra. Proprio di fronte all'ingresso, oltre l'impianto di tostatura, c'è il mezzanino che ospita il bar Arriviamo. Il luogo dell'aperitivo (di nuovo una tipicità tutta italiana) e dei cocktail. Con una drink list di classici come il Negroni e lo Spritz, twist, e signature cocktail a base di caffè freddo (anche analcolici, attingendo alla carta del Main Bar), mantenendo anche in questo caso vivo il legame con la città, come nel cocktail Brera. E poi ancora una scelta ridotta della proposta food del piano di sotto. Anche qui tavolini di fronte al bancone di 10 metri. Giustamente orgoglio di Liz Muller che l'ha disegnato ispirandosi al Castello Sforzesco, con il bel marmo levigato, 10 metri in un unico blocco Calacatta Macchia Vecchia, e la base illuminata che ricorda, nelle scanalature, la vista che lei stessa ha avuto del Castello da piazza Carlucci. “Quando ho spiegato quel che volevo per il bancone all'artigiano che se ne doveva occupare, mi ha risposto che era impossibile un risultato del genere in marmo” ricorda soddisfatta la Muller introducendo una delle perle di questo locale. Solo in questo spazio lavorano 37 persone. 300 il numero complessivo dei dipendenti (7 i tostatori), che hanno seguito il programma di apprendistato dell'azienda.

Bye bye tazza verde?
Niente tazza con la sirena, niente mug di cartone, niente nome scritto e niente frappuccino. “Ma siamo sempre noi” aggiungono sorridendo. Qui i colori sono diversi, anche quelli delle divise dello staff, come diverse sono le proposte. L'obiettivo è puntare sulla qualità e la differenziazione, cavalcando in pieno la third wave coffee di cui, finalmente, anche in Italia si sente il suono e di cui vi abbiamo lungamente parlato (per primi, a dir la verità). Con la crescente attenzione per gli specialty coffee, l'apertura di locali che offrono diversi metodi di estrazione e una grandissima selezione della materia prima seguita fin dalle piantagioni. Ma sono pur sempre nicchie, il grosso dei bar – un comparto che conta oltre 150mila insegne – è di stampo classico, co una fruizzione mordi e fuggi e un prezzo (e spesso anche una qualità) decisamente più basso rispetto a Starbucks, dove l'espresso si assesta a 1,80€, il cappuccino a 4,50 e una degustazione con estrazioni diverse a 14. Cifre che hanno immediatamente scatenato la paradossale denuncia di Codacons all'Antitrust: "prezzi troppo alti, l'autorità verifichi la correttezza delle tariffe imposte ai consumatori" (come se ci fosse un monopolio e un qualche obbligo a entrare e consumare). Una certezza è che questa nicchia, grazie a Starbucks, crescerà esponenzialmente nei prossimi mesi e nei prossimi anni a Milano (dove Starbucks è pronto a immediate nuove aperture, la prossima entro poche settimane a Corso Como) e chissà anche nel resto d'Italia.

“Arriviamo a Milano con umiltà e rispetto per l'identità di questo paese” ribadisce Mr. Schultz che ripete: “vogliamo dare un'esperienza diversa, complementare a quelle che già ci sono”. E farlo attraverso personale giovane e preparato. Che faccia capire il lavoro e l'offerta complessiva di questo Starbucks, il più grande in Europa e il primo in Italia (ma entro la fine dell'anno ne aprirà un altro, stavolta una classica caffetteria, sempre con un occhio di riguardo alla cultura del caffè italiana, sempre a Milano e sempre con il partner Percassi). Concludendo: “So bene che il successo di Starbucks in altre parti del mondo non assicura il successo qui”. E l'accoglienza critica al giardino di palme in piazza Duomo lo ha testimoniato. La sfida, ora, è entrare nella vita milanese come Milano, con il suo stile di vita, è entrato nel cuore di Schultz.

Intanto il colosso del caffè punta sull'Italia e i suoi migliiori artigiani: Rocco Princi, Alberto Marchetti, ma anche Victoria Arduino, Scolari e Aldo Cibic, e tutte le maestranze che hanno contribuito alla realizzazione di questo locale, come quelli che hanno realizzato il bel bancone di marmo (italiano anche quello), dando una enorme visiblità alla professionalità e al valore di ognuno di loro. E anche contribuendo a costruirne altri: le 300 persone impiegate in quest progetto, non prima di un percorso di formazione. E sulla formazione puntano anche le iniziative etiche del gruppo, già messe in piedi in vista dello sbarco a Milano. E Milano risponde come sa: partirà presto un progetto complessivo di riqualificazione urbana di Piazza Cordusio, tutto pagato dai ricchissimi privati che si affacciano sull'ovale tagliato dalle linee del tram, la Roastery, insomma, sarà la mensa e la pausa caffè della Milano più avanzata delle banche d'affari, delle sedi istutuzionali, degli uffici di alta rappresentanza che dietro alle tante impalcature (oggi ricoperte dalle pubblicità dei vari caffè tostati da Starbucks) stanno risorgendo. Perché un progetto come questo è una sfida urbanistica, non solo commerciale e a Palazzo Marino, sede dell'amministrazione comunale, lo sanno perfettamente.

Edited by Rotwang
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