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Rapporto tra civiltà e tolleranza


Cosgrove

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Le civiltà più elevate sono sempre state quelle che hanno tollerato la presenza delle diverse minoranze, perchè la diversità arricchisce una società con i diversi apporti intellettuali e culturali che si amalgamano per giovare alla collettività. Vedi l'Atene di Pericle, la Firenze dei Medici, la Bagdad di harun al Rashid, la Londra elisabettiana. Quando un popolio o una religione decadono o si inaridiscono diventano intolleranti, bigotti, razzisti e omofobi:il razzismo e l'omofobia sono il chiaro segno di degenerazione di una religione o di una società. La cilviltà ama il pluralismo, il rispetto dei diritti dell'Uomo e della Donna, e aborre laq persecuzione e la discriminazione delle minoranze. Il fondamentalismo razzista, omofobo intollerante è tipico di religioni moralmente degenerate.Sana è la società che tollera nel suo grembo la diversità, sana la religione che nella sua carità e giustizia non discerimina. Per ciò permettere il matrimonio alle coppie omosessuali è cosa buona e giusta, che non danneggia la famiglia "tradizionale", ma anzi la valorizza attraverso la diversità.

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Caro Cosgrove, pur omettendo la questione che cosa sia una "civiltà più elevata", come scrivi, non di meno ho assai di dubbii che i casi, che citi, siano stati esemplari per la tolleranza non solo dei governanti, ma anche dei governati, verso fazioni o sette o singoli uomini con opinioni diverse, se non opposte a quelle prevalenti.Le condanne di Anassagora e di Socrate, in Atene, al tempo della democrazia Periclea, dimostrano che la regola, che proponi, sopporta al meno numerose eccezioni, perché non altrimenti, anzi, ben peggio possiamo ammonire, circa l’intolleranza delle opinioni diverse, nella città retta da Lorenzo de' Medici o dall'ultima Tudor.Di contro, possiamo annotare che i popoli, quando corrompendosi decadono, non raramente ostentano, verso chi devii dall'opinione comune, una tolleranza assai maggiore, che abbiano mai avuta quando fiorivano per dignità e magnificenza.Non penso, per altro, che neppure di ciò dobbiamo fare regola, ma reputo sia meglio considerare distintamente i casi singolari.Anakreon.

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La civiltà più elevata è quella che mostra maggior rispetto per i diritti dell'individuo e i cui governanti sono più attenti al generale benessere, all'avanzamento della cultura e della scienza, e c'è maggiore apertura verso la libertà di pensiero e di opinione. I periodi che ho citato certo no erano perfetti, quanto a tolleranza, sono d'accordo con te; ma erano periodi chev comunque favorirono le arti e le scienze. Quanto alla "decadenza" l'irrigidimento di una religione in forme di fondamentalismo intollerante è certo un segno di decadenza per quella religione, come l'arteriosclerosi è una forma di decadimento dell'organismo umano.

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Agli esempi di Anakreon aggiungerei il Rinascimento italiano, e i periodi Kamakura e Muroyama in Giappone: in entrambi i casi si ha grande fioritura delle arti abbinata a gravi disastri, politici e sociali. Con tanto di intolleranza.Mi piacerebbe che certi utenti si infomrassero meglio prima di aprire bocca a sproposito.

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Yrian, mica ho detto che fossero perfette...comunque la cultura e la tolleranza vanno, in genere, di pari passo. Sarò stato inaccurato, ma nello schema generale penso di non essere del tutto in torto.

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Le eccezioni che ti ho citato non sono da poco. E poi tu applichi categorie moderne a civiltà antiche, di cui per di più sospetto tu abbia una conoscenza piuttosto vaga.

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La condanna a morte di Socrate, per quanto possa sembrare un paradosso, è proprio la dimostrazione del livello di tolleranza degli ateniesi.Il suo processo divise la società civile e, per secoli, la coscienza collettiva si interrogò su quella morte e sulla giustezza della pena.Va considerato che Atene, ai tempi del processo, era reduce dalla guerra del Peloponneso contro Sparta; dalla quale uscì rovinosamente.Ovvio che una disfatta militare come quella subita non poteva non avere rilevanza anche sul piano sociale.Spesso sono proprio le "macchie" nella propria condotta a rinsaldare i principi in cui si crede.Lo testimonia anche il fatto che, a quasi 25 secoli di distanza, il processo a Socrate pesi ancora come un macigno.Un altro esempio lo si può riscontrare In Calvino , e piu' in generale, nella condotta dei riformatori nei confronti dei cattolici.Calvino fece ardere sul rogo Sebeto; ma questo fu un episodio isolato, traumatico, che fortificò i protestanti nella convinzione che i riformati non potevano mettersi allo stesso livello della Santa Inquisizione.Vero che ci fu il Sacro Macello di Valtellina, che fu un grave fatto di intolleranza ma, va sottolineato, furono i Cattolici a disonorare i patti di "buon vicinato" coi Grigioni, bruciando la chiesa di Sant'Orsola ( con dentro decine di donne e bambini) dopo che, con atto solenne, l'avevano ceduta al culto protestante.Comunque sono episodi che confermano un comportamento generale.Anche Lutero fece sterminare i contadini ribelli contro i Principi e non si fece scrupoli a scrivere un trattato sui "maledetti ebrei". Ciò non toglie che il comportamento complessivo degli stati riformati sia ispirato alla tolleranza. Del resto lo si vede anche oggi, a proposito dei diritti civili.Nessun comportamento sociale in nessuna epoca è assolutamente lineare. Spetta però al nostro senso critico ( che si condensa nel giudizio storico) depurare le subordinate dagli aspetti principali.Come ha osservato Pareto " the vital few, and trivial many" .In statistica il concetto di "Tolleranza" non sta nell'assenza di "difetti" ma nella quantità accettata e accettabile entro un certo "intervallo di fiducia".Le persone intolleranti, e sono tante, hanno questo "intervallo" molto stretto. In ragione di questo sono spesso e volentieri portati a considerare "idioti" e "ignoranti" Chi non ha il loro stesso modo di vedere e di ragionare.Il tragico è quando una intera civiltà ha un "intervallo di fiducia" molto ristretto.

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Caro Cosgrove,prima definisci: “la civiltà più elevata è quella che mostra maggior rispetto per i diritti dell'individuo e i cui governanti sono più attenti al generale benessere, all'avanzamento della cultura e della scienza, e c'è maggiore apertura verso la libertà di pensiero e di opinione”; poi aggiungi: “i periodi che ho citato certo no erano perfetti, quanto a tolleranza, sono d'accordo con te; ma erano periodi che comunque favorirono le arti e le scienze”.Pur notando che la perfezione non è di questo mondo, se pur sia un altro dov’essa dimori, non di meno osservo che, nell’aggiunta, mi pare Tu sia propenso a soffrire che possano talora mancare quegli elementi che pure, nella definizione, proponi quasi fossero costitutivi della “civiltà più elevata”, come scrivi.Delle due, l’una:o la tolleranza delle opinioni diverse, che siano quelle prevalenti, è costitutiva della definizione di “civiltà più elevata”, oppure non è tale. Se è costitutiva, qualora Tu conceda, e mi pare concedi, che nei tempi citati la tolleranza delle opinioni diverse non sia stata massima; allora devi negare che quei tempi siano stati di “civiltà più elevata”.Se, vice versa, li stimi tuttavia tempi di “civiltà più elevata”, reputo sia meglio, per evitare contraddizioni, che Tu tolga la tolleranza delle opinioni diverse, dalla definizione di “civiltà più elevata”.Oppure, forse meglio, puoi concedere che, diverse essendo le virtù in grazia delle quali assegni la palma di “civiltà più elevata”, la tolleranza delle opinioni non sia sempre necessaria, benché sia una delle virtù, per cui un secolo possa conseguire il primato. Per altro, inclino a dubitare che possiamo stabilire, con definizione universale e perpetua, quando la tolleranza delle opinioni diverse sia esemplare e degna di massima lode, essendo difficile negare che, perché non solo in una società civile, ma anche in un consorzio umano non tutto possa essere lecito e non tutto possa essere sopportato, anche la tolleranza debba ricevere limiti e confini.D’altronde, considera anche questo:se alcun secolo stimi sé stesso e concediamo pure sia veramente superiore, per cultura ed umanità, ad ogni altro; per quale debole ragione esso dovrebbe tollerare opinioni, secondo la sua regola, inferiori e deteriori ?;se hai l’oro, perché dovresti soffrire che alcuno lo confonda col piombo ?.Un popolo, il quale avesse per certo avere arti eccellenti, scienze profonde, sapienza divina, libertà suprema, umanità, in somma, perfetta, perché dovrebbe aprire le porte delle sue mura alla corruzione, accogliendo, in sé, il cavallo insidioso del peggio e tollerando che n’evadessero opinioni mal sane ?.Mi domando, dunque, se la tolleranza delle opinioni diverse dipenda, per necessità, dalla stima della propria eccellenza o se forse, non raramente, essa dipenda dal dubbio che, per alcune virtù, eccellano anche altri.Ma questo dubbio non è forse, troppo spesso, indice e testimone d’un principio di decadenza d’un secolo, d’un popolo, d’una società civile, d’una setta, d’una fazione ?.I Cristiani, trionfando degli antichi numi Olimpii e Capitolini, non dubitarono doverli oppugnare ed opprimere ed estirpare come dai templi così dal cuore dei viventi, perché li reputavano dei falsi e bugiardi, come cantò l’Alighieri.Gli Ateniesi, contro la “parrhesia” la libertà del dire che pure essi professavano, dannarono Socrate, giudicandolo corruttore dei giovani ed innovatore di dei:siano essi stati nel vero o nel falso, rimane per certo che, se stimavano la propria città, la propria legge, la propria tradizione, la propria umanità eccellenti e degne d’essere conservate tali e quali e difese contro ogni assalto, fosse pure portato solo coll’armi del dire; non fecero cosa irrazionale, estinguendo la fonte della corruzione e della novazione.I nipoti di quegli Ateniesi, giudici di Socrate, quasi cinque secoli dopo, quando la città era ombra ben miserabile dell’antica Atene, ascoltando le predicazioni del Giudeo Paolo di Tarso, il quale non poneva un dio nella sua coscienza, ma sull’Acropoli stessa, nel sacello inviolato della Vergine Diva, in una evertendo i numi e la morale patria, spregiando la gloria avita, ingiuriando le arti e le lettere e la sapienza non d’una città sola, ma dei Greci tutti; allora quei nipoti, benché irridessero il Tarsense e l’inaudito nume, lo dimisero tuttavia incolume ed indenne:non fu questo un esempio preclaro di tolleranza dell’opinione altrui ?.Eppure chi oserebbe dire che l’Atene dei nipoti fiorì ?.Non consentiremmo tutti che, per ogni rispetto, fiorì quella dei padri e marcì quella dei nipoti ?.In conclusione, la tolleranza non mi pare possa essere, in sé e per sé, sempre regola d’eccellenza, se non per altro, perché talora è piuttosto effetto d’un anima debole, disperata, corrotta, decadente, che d’un cuore forte, fiducioso, nobile, fiero, ma benigno verso chi opini altrimenti. Anakreon.

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Caro Priapo Romano,dichiari:“La condanna a morte di Socrate, per quanto possa sembrare un paradosso, è proprio la dimostrazione del livello di tolleranza degli ateniesi.”.Forse la condanna fu piuttosto indice di giustizia, perciò che Socrate fu giudicato e condannato secondo le regole vigenti, senza quelle violazioni, alle quali egli stesso aveva, sia pur vanamente, ripugnato ai tempi del processo per i casi delle Arginuse.Ma indice di tolleranza non mi pare sia stata affatto.Annoti:”Va considerato che Atene, ai tempi del processo, era reduce dalla guerra del Peloponneso contro Sparta; dalla quale uscì rovinosamente. Ovvio che una disfatta militare come quella subita non poteva non avere rilevanza anche sul piano sociale. Spesso sono proprio le "macchie" nella propria condotta a rinsaldare i principi in cui si crede. “.Consento pienamente; ma se, come ho scritto nel commento precedente, la condanna di Socrate può essere interpretata quale indizio che gli Ateniesi, non dubitando della propria eccellenza umana e civile, erano pronti ad oppugnarne ed a conculcarne ogni minaccia, vera o congetturata, presente o temuta; mi pare assai difficile proporla quale indizio di tolleranza d’opinioni diverse o come esempio di libertà del dire. Continui:“Un altro esempio lo si può riscontrare In Calvino , e piu' in generale, nella condotta dei riformatori nei confronti dei cattolici. Calvino fece ardere sul rogo Sebeto; ma questo fu un episodio isolato, traumatico, che fortificò i protestanti nella convinzione che i riformati non potevano mettersi allo stesso livello della Santa Inquisizione. Comunque sono episodi che confermano un comportamento generale.”.Sono accidenti clamorosi d’una consuetudine costante e diffusa, che imitava adeguatamente l’uso della Chiesa Romana, né d’altronde è causa di stupore:se Lutero, se Calvino, se altri stimavano essere nel vero, interpretando i libri sacri Giudaici ed i libelli Cristiani, perché avrebbero dovuto tollerare i Cattolici adoratori del Romano pontefice o tutti coloro, Anabattisti, Zuingliani ed altri, i quali, pur rifiutando Roma, dissentivano da loro ?. E veramente non li tollerarono e, ove poterono, li repressero duramente.Lutero non provocò forse i principi dell’Impero, l’imperatore, la Chiesa Romana, il sommo pontefice, reputando essere nel vero ?.Dopo ch’ebbe sommosso la Germania ed affrontata la minaccia del rogo, affinché tutti concedessero che il monaco Martino leggesse ed interpretasse i libri sacri a suo arbitrio; Lutero avrebbe potuto umilmente, sommessamente nascondere le sue lezioni, tacere le sue interpretazioni ?.Il verbo nuovo doveva essere imposto a tutti, a prezzo che si disvelasse la contraddizione più evidente:che colui, il quale libero rigettava l’autorità altrui, imponeva poi arrogante la sua propria.Né gli emuli, prossimi o remoti, fecero altrimenti.Osservi:”Anche Lutero fece sterminare i contadini ribelli contro i Principi e non si fece scrupoli a scrivere un trattato sui "maledetti ebrei". Ciò non toglie che il comportamento complessivo degli stati riformati sia ispirato alla tolleranza. Del resto lo si vede anche oggi, a proposito dei diritti civili.”.Non dimentichiamo che, anche nelle Provincie Batave, le quali pure avevano allora gran fama di tolleranza, i riti Cattolici non potevano essere pubblicamente celebrati;che i primi coloni Britannici delle Indie Occidentali fuggirono la repressione, la quale, nel regno di Gran Bretagna, percoteva tutti coloro, i quali non fossero Anglicani;che quegli stessi coloni, a sua volta, non pativano, ciascuno nel suo dominio, che fossero fedeli di religioni o culti diversi da quelli dei dominatori, parimenti ripugnando a Cattolici, ad Ebrei, ad Anglicani, a Luterani e costringendo anche gli Afri, importati in servitù, alla conversione a Cristo.Concludi:“Nessun comportamento sociale in nessuna epoca è assolutamente lineare. Spetta però al nostro senso critico ( che si condensa nel giudizio storico) depurare le subordinate dagli aspetti principali.Come ha osservato Pareto " the vital few, and trivial many" .In statistica il concetto di "Tolleranza" non sta nell'assenza di "difetti" ma nella quantità accettata e accettabile entro un certo "intervallo di fiducia".”Se qualche cosa d’esemplare, sia pure nei confini angusti posti dal secolo, vogliamo riconoscere in quei tempi, dobbiamo piuttosto considerare gl’innumeri principati e città dell’Impero, e Cattolici e Riformati, per i quali valse la pace di Vestfalia, quale legge di tolleranza dei culti diversi; dei tre culti Cristiani prevalenti, s’intende.Anakreon.

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