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"Pinguineide"


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A seguito del ritorno all'attualità delle discussioni sull'omosessualità in natura (si veda il topic relativo) e a numerose richieste da me ricevute, ben volentieri pubblico di seguito il mio vecchio articolo in cui svelavo tutta la verità sui pinguini. :P

 

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PINGUINEIDE: tutta la verità sui pinguini.

 

Il benevolo lettore chiederà probabilmente quale sia la connessione, misteriosa eppur manifesta, tra pinguini ed omosessualità. Lo rassicuriamo innanzi tutto sul fatto che NON si tratta di grossolana metafora sessuale: il pinguino non è da considerarsi mero simbolo dell’organo sessuale maschile.

 

Tutto ha inizio in tempi recenti nello zoo di Bremerhaven (Germania), in cui sei pinguini maschi formarono tre coppie omosessuali, ignorando le quattro femmine del gruppo. Purtroppo il pinguino di Humboldt (questa la loro appartenenza) è in via di estinzione, per cui la direzione dello zoo, onde favorirne la riproduzione, fece arrivare altre quattro pinguine dalla Svezia: ma a nulla valsero le seducenti scandinave, del cui fascino nessuno obiettivamente dubita.

Ancor più scalpore suscitò la storia di Roy e Silo, due pinguini ospiti dello zoo di Central Park, a  New York, che rimasero inseparabili e fedeli l'uno all'altro per anni, esibendo quello che si definisce "comportamento estatico": se ne stavano cioè appoggiati l'uno sulla spalla dell'altro, si lanciavano richiami, facevano sesso. In questo caso, addirittura, erano le stesse pinguine femmine a disinteressarsi a loro, come riconoscendo la “validità” della loro relazione. I benpensanti, già indignati, trovarono ulteriore motivo di scandalo allorché Roy e Silo, spinti evidentemente da lodevole desiderio di paternità, cominciarono a covare un sasso; la direzione dello zoo, stavolta, diversamente dalla colleganza teutonica, decise di assecondare i “pinguini gay” e sostituì il sasso con un uovo “orfano”: ebbene, Roy e Silo portarono coscienziosamente la covata a compimento e si occuparono anche di svezzare la piccola nata, una baby pinguina battezzata “Tango”. Dalla commovente storia fu tratto un libro per l’infanzia intitolato “E con Tango siamo in tre!”, che numerose associazioni di genitori in tutti gli U.S.A. hanno cercato di proibire, per lo più invano.

Per la cronaca, il sodalizio di Roy e Silo pare essersi ora interrotto causa il ritorno all’eterosessualità di quest’ultimo. La comunità GLBT americana se ne è dichiarata affranta, quella italiana invece, sull’onda della discussione in merito ai PACS-DICO, sostiene che, anche in questo, Roy e Silo abbiano voluto insegnarci qualcosa: una idea di famiglia dinamica e non dogmatica. Al momento in cui scriviamo non siamo in grado di fornire al desioso lettore aggiornamenti sull’auspicato ritorno di fiamma tra Roy e Silo.

Nel frattempo, però, segnaleremo altre occorrenze simili: nello stesso zoo di Central Park identico comportamento tengono attualmente Milou e Squawk, novella coppia di pinguini gay; idem per gli africani Wendell e Cass, nell'acquario di Coney Island, sempre a New York; e Central Park registra anche la prima unione pinguinolesbica ufficialmente accertata, quella di Georgey e Mickey, pinguine Gentoo a loro volta impegnate in una cova. Tratterebbesi adunque di incredibile rigurgito di orgoglio gay tra i pinguini? No, in quanto da sempre gli studiosi registrano comportamenti omosessuali nella fauna più svariata; in particolare essi sono presenti abitualmente nel Bonobo, una specie di scimmia evoluzionisticamente molto affine all’uomo. Inutile aggiungere che la comunità GLBT fa leva su questi dati per dimostrare che l’omosessualità non è contro natura, che non è una scelta bensì un istinto, che l’attività sessuale in genere non è da ritenersi esclusivamente legata alla riproduzione, vibrando (come si vede) un forte colpo alle tradizionali tesi del pensiero omofobo.

 

Queste strane storie han dato la stura a stupefacenti ma non stupidi né astrusi e tanto meno sterili studi, stabilmente ormai nomati “filologia pinguinesca” o, via lo stacco, “pinguinologia”. Tal strada, strappatasi allo strutturalismo, stratifica strettamente e non di striscio stimati studiosi d’alta statura, astenendosi da estenuanti strumentalizzazioni esterne.

 

La pinguinologia ha, ad esempio, appurato la verità sul processo ad Oscar Wilde. Si è infatti stabilito che una prima stesura della controversa opera “The importance of being Ernest” fosse intitolata “The importance of penguin Ernest”. Informiamo l’incuriosito lettore che l’esegesi odierna non cerca più di tradurre il gioco di parole tra “Ernest” ed “earnest” (per il quale si sono fatte proposte invero assai fantasiose: Onesto, Fedele, Felice, Costante) ma si concentra ben sì sulla ricerca dell’identità del “pinguino Ernesto”, a detta dell’autore così importante.

 

Il pinguino sarebbe altresì alla base della leggenda dell’Araba Fenice, l’uccello che rinasce dalle proprie ceneri. Certo il lettore dotto ricorderà il detto “l’araba fenice che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa.” Ebbene, la pinguinologia ha felicemente sciolto l’enigma: l’Araba Fenice era per l’appunto un pinguino. Non si sapeva dove fosse semplicemente perché il simpatico palmipede non vive in Arabia né ivi andava cercato. Esso muore tra le fiamme in quanto, si sa, predilige i climi freddi; e la sua rinascita allude al perpetuarsi dell’omosessualità che, pur non producendo discendenti diretti, si ripresenta misteriosamente ad ogni generazione, in qualsivoglia luogo ed epoca.

 

L’archetipo pinguinesco ricorre in ogni mitologia. Nella Grecia classica, ad esempio, si narrava che Zeus, uso a metamorfosarsi nei più vari sembianti onde accoppiarsi con gli oggetti della sua lussuria, dopo essere stato cigno per Leda, toro per Europa, pioggia dorata (sic!) per Danae, aquila per Ganimede, al fine di circuire un bel pastorello tessalo si trasformasse appunto in pinguino. Il mito tramanda anche il nome del pastorello in questione: Omòphilos. E, laddove il bel Ganimede era diventato coppiere degli dèi, Omòphilos ne divenne lo stylist, come attestato da innumeri esempi di pittura vascolare, che lo ritraggono intento ad adornare le auree chiome di Apollo.

 

Una tradizione induista, anteriore al Mahabharata, narra che Vishnu il Conservatore, nella sua eterna lotta con Shiva il Distruttore, fosse mosso ad invidia delle manifestazioni androgine del rivale. Cercò allora tra i propri avatar e non ne trovò alcuno adatto: non Krishna o Rama (troppo rigidamente eterosessuali), non Buddha o Kalkin (troppo asceticamente asessuati). Decise allora di crearne uno nuovo e si incarnò quindi in Kalamutanda, undicesimo avatar di Vishnu e apportatore della libertà sessuale nel mondo. Dovendosi trovare un vahana (animale veicolo), Kalamutanda riscontrò che serpente ed aquila già obbedivano a Vishnu, il toro a Shiva, l’oca a Brahma, il cavallo ad Agni, l’elefante ad Indra, finanche il topo a Ganesh; la sua scelta ricadde sul pinguino, che (informiamo il perplesso lettore) intensamente popolava l’India prevedica. Magnifici reperti archeologici ritraggono Kalamutanda, in particolare un pregevole bronzetto rinvenuto nei sotterranei di un centro commerciale di Bombay.

 

Dobbiamo invece sfatare la leggenda metropolitana che vuole la presenza di un pinguino ai moti di Stonewall nel 1969, i quali inaugurarono la storia moderna delle rivendicazioni omosessuali. E’ vero che tra gli arrestati di quella tragica notte figura un “Penguin”, ma si è appurato trattarsi di un errore di scrittura commesso nella concitazione da un agente della polizia di New York prendendo i dati di una drag queen il cui nome d’arte era “Pink Queen” (“Regina Rosa”): da qui l’origine della fallace credenza.

 

La più stupefacente conquista della pinguinologia, però, riguarda sicuramente un documento di straordinaria importanza: la cosiddetta “carta di Cagnano Varano”. Siamo soliti considerare la nota “carta di Capua” (“Sao ke kelle terre per kelle fini que ki contene….”) il primo documento scritto in volgare e quindi la prima testimonianza della allor nascente lingua italiana; invece pare che la datazione della “carta di Cagnano Varano” vada fissata a ben tre ore, ventisette minuti e due secondi netti prima della “carta di Capua”.

Cosa contiene questo straordinario documento? Ne riportiamo il testo integrale. “Papparapà ping ping cocò. Tres pinguini su lo comò, ke facebant lo amore, cum lo filio de lo doctore. Papparapà ping ping cocò.” Lo struggente lirismo di questi versi non sfuggirà al sagace lettore, che vi riconoscerà anche la versione originaria di una nota cantilena popolare tutt’oggi cara all’infanzia, pur in differente lezione.

La prima sconvolgente implicazione della “carta di Cagnano Varano” è che essa contiene una sola “k” a fronte delle numerose occorrenze della medesima nell’omologo capuano: possiamo quindi riaffermare con certezza che la “kappificazione” della lingua italiana è un processo decisamente recente e non trova riscontro nella tradizione aulica.

La seconda riguarda la sostituzione dei pinguini con le civette, su cui ci illumina un pamphlet altomedievale. Giusta l’anonimo polemista, tutto va ricondotto ad uno scandaletto locale: un non meglio identificato “doctore” scoprì il proprio figlio in flagrante sodomia e ne venne messo pubblicamente in ridicolo tramite la nota canzonetta; il doctore ricorse all’autorità ecclesiastica, la quale convocò un Concilio cui parteciparono tutti i più integralisti rappresentanti delle religioni allora esistenti (e anche di quelle di là da venire), per una volta tutti d’accordo nel dare contro alla sodomia. Il Concilio aveva in programma di bruciare una cinquantina di vangeli apocrifi e, già che c’era, commise un falso storico modificando i pinguini sodomiti in civette e il figlio del doctore in una figlia; la conseguenza dell’improvvida modifica fu che una banale storia di letto divenne origine della tragica caccia alle streghe (civette e rapaci notturni vari erano infatti in odore di stregoneria); la cosa non turbò l’austero doctore che pare commentasse con la storica frase: “Maeglio striga ke frocius”.

 

Oggidì il pinguino sembra aver conquistato il mondo. Solo lo spauracchio dell’accusa di pubblicità occulta ci impedisce a questo punto di nominare tutti i prodotti commerciali che hanno fatto del delizioso sfenisciforme il loro simbolo: tra questi un noto sistema operativo, una celebre marca di condizionatori, innumerevoli merendine, una quantità inconcepibile di prodotti per l’infanzia, un noto Gay-Forum; per tacer di inelencabili opere fictional con pinguini tra i personaggi. Tuttavia almeno un istante ci si soffermi sull’intenso lungometraggio “Transamerica”, il cui protagonsita, nel fuggire da una famiglia che vorrebbe normalizzarlo, trafuga dal salotto un pinguino di ceramica quale affermazione di libertà e orgoglio, atto che si inserisce nel nutrito filone di iniziative consimili, vedansi le campagne di liberazione dei Babbi Natale Rampicanti e dei Nanetti da Giardino.

La presenza sempre più massiccia del pinguino nella contemporaneità sembrerebbe confermare le teorie del complotto secondo le quali una potente “Lobby Gay” cerca attualmente di impadronirsi del mondo e condurre l’umanità all’estinzione. Noi negheremo fino alla morte di far parte di tale lobby e sosteniamo che solo al puro caso sia dovuta tale attenzione universale per il pinguino; il caso e le indiscutibili qualità dell’adorabile pennuto, che lo rendono non solo simpatico a tutti ma particolarmente adatto a simboleggiare l’orgoglio gay: inadatto al volo ma esperto nuotatore, goffo ma dignitoso, soprattutto – cascasse il mondo – in ogni occasione perfettamente alla moda, il pinguino si configura oggi come il degno erede dell’albatro di baudelairiana memoria e un valido memento per l’umanità omnia.

 

Ma è tempo di appropinquarci al compimento del pingue dipinto: non ci spingiamo oltre in voli pindarici e opinabili pingpong, degni di pincopallini pinnacoluti, e ringraziamo piuttosto il non pignolo lettore, nell’augurio che presto l’universo tutto si riveli nella sua pigmentata e pinneggiante sublime Pinguinità.

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https://www.gay-forum.it/topic/5040-pinguineide/
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