SabrinaS Posted April 18, 2020 Share Posted April 18, 2020 (edited) Tutti i 50 motivi per cui all'Italia conviene uscire dall'euro https://www.liberoquotidiano.it/news/economia/13218073/euro-50-motivi-italia-conviene-uscire-dossier-integrale-libero-becchi-dragoni-.html Un anno dopo, le ragioni per uscire dall'euro sono ancora tutte validissime. Ripubblichiamo lo speciale di Paolo Becchi e Fabio Dragoni uscito su Libero il 15 agosto 2016. Mentre tutti i giornali sono pieni e zeppi di Italicum - condito ormai nelle salse più diverse - e di ragioni per il sì o il no ad un referendum su una revisione costituzionale da vero sballo, vi offriremo un piccolo manuale di salvezza nazionale su due temi che riteniamo veramente decisivi per la sorte del nostro Paese e di cui solo Libero parla. L'euro da una parte e l'Unione Europea dall'altra. Il primo è un cappio al collo che sta inesorabilmente umiliando e devastando un Paese che nel dopoguerra ha dimostrato - invece - di saper brillantemente camminare e correre sulle sue gambe fino a diventare una delle principali potenze manifatturiere del pianeta. La seconda è una gabbia soffocante che limita la nostra sovranità in spregio ai più elementari principi di libertà. Riconquistare la propria indipendenza monetaria è condizione necessaria - anche se non sufficiente - per tornare a crescere. Senza questo scatto di orgoglio e libertà ogni altro meritevole sforzo per rilanciare l'economia del Paese si rivelerà purtroppo inutile. Ecco perché abbiamo deciso di elencare “nero su bianco” 50 buoni motivi per dire NO all'euro e NO all'Unione Europea. E lo faremo sfatando uno per uno tutti i luoghi comuni più radicati di volta in volta tirati in ballo da chi sostiene che non ci sia alternativa. 1. PERCHÉ I TRATTATI DELL'UNIONE VIOLENTANO LA NOSTRA COSTITUZIONE L'adozione dei trattati palesa un'esplicita violazione dei più elementari principi fondanti della nostra Costituzione. Tutto è fuorché un progetto che risponde allo spirito della nostra Carta. Ci si riferisce in particolare all'articolo 1. Il secondo comma recita «La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». È impossibile non toccare con mano come il potere decisionale sia stato di fatto delegato ad élite tecnocratiche, non elette ed irresponsabili. Come altrettanto evidente e palese è la violazione dell'articolo 11 della nostra Carta laddove viene scritto che l'Italia «consente in condizioni di parità con gli altri Stati (principio nei fatti già sconfessato dalle cronache quotidiane) alle limitazioni (si badi bene non si parla di "cessioni" ma di "limitazioni") di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni». I Padri Costituenti si riferivano in maniera esplicita ad Organizzazioni transnazionali quali le Nazioni Unite. Non certo ad un mostro giuridico quale l'Unione Monetaria Europea che addirittura pretende di promuovere o bocciare le leggi di bilancio dei singoli Stati aderenti prima ancora che queste siano presentate al voto dei parlamenti nazionali. E cosa c'è dunque di più anticostituzionale che cedere la propria sovranità monetaria? 2. PERCHÉ LA «CASTRAZIONE MONETARIA» OLTRE AD ESSERE ANTICOSTITUZIONALE NON È COSA AFFATTO NORMALE Gli eurofili ritengono che sia assolutamente naturale aver conferito ad un'autorità sovranazionale come la Banca centrale europea il diritto di coniare moneta. Segue un illuminante elenco di alcuni altri Paesi al mondo che hanno deciso di non coniare monete nazionali. E vi assicuriamo che vederli colorati in un planisfero (come ha fatto il sito qz.com) fa un certo effetto. Ecuador, Timor est, El Salvador, Isole Marshall, Micronesia, Palau, Turks and Caicos, Isole Vergini Britanniche, Zimbabwe, Benin, Burkina Faso, Camerun, Repubblica Centro Africana, Ciad, Repubblica del Congo, Guinea Equatoriale, Costa d'Avorio, Mali, Niger, Senegal, Togo, Antigua e Barbuda, Dominica, Grenada, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, Saint Vicent and the Grenadines ecc. Tutti Stati, cioè, con un recente passato da colonia. 3. PERCHÉ L'UNIONE MONETARIA NON È FATTA SU MISURA PER L'ITALIA L'Europa non è affatto una casa comune. L'Italia abbandonò nel 1992 un insostenibile tasso di cambio "fisso" con le altre valute per essere poi sciaguratamente ripreso nel 1996. Nel 1999 - al momento dell'ingresso nell'euro - il reddito pro-capite degli italiani era il 96 per cento di quello tedesco. Nel 2015 dopo sedici anni di euro il reddito degli italiani è il 76 per cento di quello dei tedeschi (Fondo Monetario Internazionale). Le alternative sono due. O Meno Europa oppure Meno Reddito. Tertium non datur. 4. PERCHÉ L'UNIONE MONETARIA È FATTA INVECE SU MISURA DELLA GERMANIA La pretesa di ritenere che l'Unione sia un progetto comune costruito nell'interesse ed al servizio di tutti è una pura utopia. Basta rielaborare i dati relativi al surplus/deficit delle partite correnti di Italia e Germania. Nel periodo intercorrente fra il 1993 ed il 1999 l'Italia ha sempre avuto un surplus positivo per arrivare a toccare il suo massimo nel 1996. Un valore del 2,9 per cento sul Prodotto interno lordo. Purtroppo in quell'anno l'Italia cessa di far fluttuare liberamente la propria valuta per rientrare nuovamente nel Sistema Monetario Europeo, in previsione dell'adozione dell'euro del 1999 (sebbene l'euro sia entrato materialmente in circolazione il primo gennaio del 2002). Nello stesso periodo la Germania ha quasi sempre registrato un deficit (mediamente dell'1 per cento con l'eccezione del 1998). Ma dal 2000 al 2013 la situazione si capovolge radicalmente. L'Italia in questi 14 anni ne colleziona 12 di deficit per arrivare ad un picco negativo di -3,5 per cento sul Prodotto interno lordo nel 2010 mentre la Germania "ingrana la quarta" collezionando 12 anni di surplus ed arrivando al picco positivo del 7 per cento nel 2012 (Fmi). 5. PERCHÉ AVEVANO BISOGNO DI UN POLLO DA SPENNARE: L'ITALIA Queste in proposito le confessioni dell'ex Ministro delle Finanze italiano Vincenzo Visco (esponente del Partito democratico) a Stefano Feltri nel maggio 2012: «L'Italia fuori dall'euro, visto il nostro apparato industriale, poteva fare paura a molti, incluse Francia e Germania che temevano le nostre esportazioni prezzate in lire. Ma Berlino ha consapevolmente gestito la globalizzazione: le serviva un euro deprezzato, così oggi è in surplus nei confronti di tutti i Paesi, tranne la Russia da cui compra l'energia. Era un disegno razionale, serviva l'Italia dentro la moneta unica proprio perché era debole». Ogni ulteriore commento ci sembra superfluo. 6. PERCHÉ ECONOMIE DIVERSE DEVONO AVERE MONETE DIVERSE Ma è semplice: altrimenti il debole diventa sempre più debole ed il forte diventa sempre più forte. La moneta, cioè, assolve al ruolo di "ammortizzatore" nei rapporti fra diverse economie. Quella che si trova in una situazione di difficoltà vedrà la sua moneta svalutarsi. Ovvero il prezzo di quella moneta si riallineerà al giusto prezzo di mercato, così consentendo un recupero di competitività. Ma non potendo svalutare la moneta, l'unica alternativa per recuperare la competitività rimane quella del taglio dei salari e dell'aumento di produttività attraverso licenziamenti. E la conferma arriva addirittura dalla Commissione dell'Unione europea che in un report del gennaio 2014 rivelava: «Venuta meno la possibilità di svalutare la moneta, i Paesi della zona euro che tentano di recuperare competitività sul versante dei costi devono ricorrere alla “svalutazione interna” (contenimento di prezzi e salari). Questa politica presenta però limiti e risvolti negativi, non da ultimo in termini di un aumento della disoccupazione e del disagio sociale». 7. PERCHÉ LA GERMANIA CE LO HA DETTO CHIARO E TONDO 6 Maggio 2014: la tedeschina Ska Keller - leader dei verdi - viene intervistata in televisione su Rai 3. Queste le sue testuali parole: «Se la Germania lasciasse l'euro perderebbe moltissimi posti di lavoro nel settore delle esportazioni perché nessuno comprerebbe più i prodotti carissimi tedeschi». Theo Waigel, ex ministro delle finanze tedesco (10 luglio 2016): «Se la Germania oggi uscisse dall'Unione Monetaria allora avremmo immediatamente, il giorno dopo, un apprezzamento tra il 20 per cento ed il 30 per cento del marco tedesco che tornerebbe nuovamente in circolazione. Chiunque si può immaginare che cosa significherebbe per le nostre esportazioni, per il nostro mercato del lavoro, per il nostro bilancio federale. Invece con un'uscita dall'euro ed un taglio netto del debito la crisi interna italiana finirebbe di colpo». Più chiaro di così. 9. PERCHÉ GLI STATI UNITI D'EUROPA SONO UN PROGETTO ANTISTORICO E FALLIMENTARE Nel 1940 gli Stati indipendenti e sovrani al mondo erano in tutto 69. Nel 2015 erano salite a 205. In 75 anni il numero è quasi triplicato. A chi dice che gli Stati Uniti d'Europa sono un progetto che asseconda la storia noi rispondiamo quindi numeri alla mano che è l'esatto contrario (Cia factbook). E non è neppure vero che l'unione faccia la forza. Chiunque sostenga che la creazione dell'Unione Monetaria risponda all'obiettivo di rafforzare l'intero blocco si scontra con la cruda realtà dei numeri. La quota di Pil mondiale dell'eurozona nel 1999 era pari al 22 per cento Oggi è il 17 per cento. (Fmi). 11. PERCHÉ NON È VERO CHE USCIRE DA UN'UNIONE MONETARIA SAREBBE UNA CATASTROFE È un classico, come l'agnello a Pasqua o il Panettone a Natale. «Se entrare nell'euro è stato un errore, uscirne sarebbe letale». E con queste parole è morta lì. Ma è veramente così? Il Centro Studi Oxford Economics ha condotto nel 2015 un accurato studio evidenziando come dal 1945 ad oggi «oltre settanta Stati hanno sperimentato uscite da unioni monetarie». In media una ogni anno. E non è neppure vero che tali disgregazioni monetarie siano state accompagnate da conseguenze economiche disastrose. Tutt'altro. Dal momento che lo studio rileva che in oltre «due casi su tre si è registrato un tasso di crescita fin dall'anno in cui un il Paese di turno ha lasciato l'Unione con un valore mediano pari al 2,7%». 12. PERCHÉ NON È VERO CHE USCIRE DALL'EURO SIGNIFICHI USCIRE DALL'UE Vi sono Paesi quali, ad esempio, la Svezia, l'Ungheria, la Danimarca ecc. che pur non avendo l'euro fanno comunque parte dell'Unione Europea e guarda caso stanno meglio. Una rielaborazione del Centro Studi Unimpresa sui dati della Banca d'Italia mostra che nel periodo 2008-2015 i Paesi dell'eurozona hanno perso 3,238 milioni di posti di lavoro mentre quelli dell'Unione con propria moneta nello stesso periodo di tempo hanno creato 1,068 milioni di posti di lavoro. L'Eurozona è un'autentica macchina di distruzione del lavoro. 13. PERCHÉ COMUNQUE NON È VERO CHE USCIRE O NON FAR PARTE DELL'UNIONE EUROPEA SIGNIFICHI NON AVERE ACCESSO AL MERCATO CONTINENTALE Vi sono Paesi quali la Norvegia, l'Islanda, il Liechtenstein e la Svizzera che hanno stipulato da tempo accordi per la partecipazione al mercato interno che disciplina la libera circolazione delle merci, dei servizi e dei lavoratori all'interno del cosiddetto Spazio Economico Europeo (di cui fanno parte questi Paesi assieme all'Unione Europea). Ora toccherà alla Gran Bretagna negoziare un accordo che preveda l'uscita dall'Unione Europea nel rispetto dell'esito del referendum del 23 giugno 2016. E sono già tantissimi gli osservatori che prevedono l'adozione del cosiddetto "modello Norvegia" da parte del Regno Unito. 14. PERCHÉ FUORI DALL'UNIONE EUROPEA SI STA COMUNQUE MEGLIO Mentre i Paesi senza euro ma dentro l'Ue stanno meglio dei cugini che hanno scelto la moneta unica, così i Paesi che stanno fuori dall'Unione vivono molto meglio dei vicini condomini dell'Unione Europea. Il Pil pro-capite medio dell'Efta (l'accordo di libero scambio fra Norvegia, Liechtenstein, Islanda e Svizzera) è infatti pari a 62.534 dollari, mentre quello dell'Unione Europea è pari a 37.800 dollari. In altre parole un cittadino dell'Unione mediamente guadagna il 60 per cento del cugino che sta fuori. I dati sono riferiti al 2015 (Fonte Cia factbook). A riprova di quanto detto sia l'Islanda che la Svizzera hanno di recente ufficialmente abbandonato il progetto di adesione all'Unione Europea. Un tempo si facevano carte false per entrare nell'Unione, ora se puoi la eviti. 15. PERCHÉ NON È VERO CHE ABBANDONANDO L'EURO TORNEREMO AI VECCHI MILIONI E MILIARDI Sono in molti quelli che spesso - in cattiva o buona fede - fanno confusione fra tasso di conversione e tasso di cambio. L'Italia uscendo dell'euro potrà scegliere di convertire la propria nuova moneta con un tasso di conversione "convenzionale" rispetto all'euro. Cioè frutto di una deliberata scelta tecnica. Può essere 1 lira per ogni euro e quasi sicuramente così sarà per semplicità. Dopodiché il prezzo della lira sarà libero di fluttuare nel mercato valutario e quasi sicuramente svaluterà del 20 per cento - 30 per cento circa rispetto alle altre monete. Questo è il cosiddetto tasso di cambio. Ma ciò non deve destare preoccupazione. Per caso qualcosa nella vostra vita è drammaticamente cambiato da quando l'euro ha pesantemente svalutato rispetto al dollaro? Due anni fa con un euro acquistavamo 1,35 dollari mentre oggi ne acquistiamo 1,10 circa. Ovviamente nulla è cambiato nella vita quotidiana di ciascuno di noi per il semplice motivo che non facciamo la spesa al supermercato di Cleveland. 16. PERCHÉ NON È VERO CHE SVALUTARE NON SERVE A NIENTE Dopo la conversione la nostra nuova moneta si svaluterà rispetto alle altre. Raggiungerà cioè il giusto prezzo di mercato di mercato rispetto alle altre valute. Tutti i più importanti economisti sono concordi nello stimare il riallineamento in misura pari ad una svalutazione del 20 per cento - 30 per cento. In considerazione dei diversi livelli di prezzo relativo fra le varie economie. Sarà più conveniente per gli stranieri acquistare il Made in Italy, fare le vacanze nel Bel Paese o mettere su una fabbrica da noi. E sarà simmetricamente più costoso per gli italiani acquistare prodotti stranieri, fare le vacanze all'estero o delocalizzare la produzione. Ma per un Paese come l'Italia che vive di manifattura e turismo si aprirebbero enormi opportunità di crescita. Tutto ciò che purtroppo oggi è precluso da una moneta artificialmente troppo forte per la nostra economia. 17. PERCHÉ NON È VERO CHE SE TORNASSIMO ALLA LIRA SAREMMO TRAVOLTI DALL'IPERINFLAZIONE O DALL'INFLAZIONE È questa una delle più ricorrenti mistificazioni. L'Italia sarebbe devastata da una terribile iperinflazione. Innanzitutto partiamo dalla sua definizione. Si parla convenzionalmente di iperinflazione quando il tasso di incremento dei prezzi supera l'1 per cento al giorno o, alternativamente, il 50 per cento in un mese. Il Centro Studi americano Cato Institute ha catalogato e studiato oltre 50 casi di iperinflazione avvenuti nella storia contemporanea fino ai giorni nostri. Tutti sono accomunati da uno o più fenomeni di straordinaria ed eccezionale gravità quali in particolare: (a) conflitti internazionali; (b) devastanti guerre civili interne; (c) instaurazione di regimi totalitari con conseguente adozione di scriteriate e non ragionate politiche economiche; (d) traumatica trasformazione dei modelli economici con successivo passaggio degli stessi da sistemi di mercato a regimi pianificati di tipo socialista o viceversa. Niente a che vedere con la situazione italiana. Quanto ai più tenui timori di inflazione, anche qui occorre fare chiarezza. L'inflazione altro non è che l'aumento generalizzato dei prezzi al consumo dovuto ad surriscaldamento della domanda. Detto in soldoni la gente lavora, ha i soldi in tasca, acquista e quindi i prezzi crescono. Non è un caso che disoccupazione ed inflazione siano inversamente correlate. Più una è alta, più l'altra è bassa. Detta relazione è stata modellizzata dall'economista neozelandese Phillips. Svalutazione e inflazione sono invece fenomeni scorrelati. Ne volete una prova diretta e recente? Negli ultimi sette mesi il prezzo del petrolio è aumentato di quasi il 50 per cento sia in dollari che in euro. Una svalutazione mostruosa. Ebbene: vi risulta per caso che gli italiani stiano tutti andando in giro a cavallo? In sintesi: l'inflazione è direttamente correlata all'occupazione e non alla svalutazione. 18. PERCHÉ NON È VERO CHE SENZA L'EURO I RISPARMI SI DIMEZZEREBBERO Se vuoi impaurire una persona devi colpirla negli affetti più cari. Il risparmio. Che come sapete può essere investito in molti modi: case, azioni, obbligazioni, oro ecc. E non è certo cambiando la moneta che perderebbero mercato. È solo grazie alla ripresa o alla stagnazione che il valore del risparmio sale o scende. Anzi è proprio con l'euro che in Italia i risparmiatori hanno visto andare in fumo i risparmi di una vita grazie al bailin (anzi Belin! come si dice a Genova). Ne sanno qualcosa gli obbligazionisti di Banca Etruria & C. 19. PERCHÉ NON È VERO CHE SENZA L'EURO I MUTUI ANDREBBERO ALLE STELLE Le strategie del terrorismo sulla moneta unica passano con grande spregiudicatezza dai risparmi ai mutui. Il mutuo viene convertito in lire e la sua rata andrebbe alle stelle. Come se con il passaggio dalla lira all'euro questa si fosse dimezzata. Facciamo chiarezza. Il tasso del mutuo non è indicizzato alla valuta. Il debitore deve solo temere la perdita del posto di lavoro, senza il quale non avrà fondi a sufficienza per rimborsare il mutuo. Situazione purtroppo tipica in cui si trovano oggi i molti disoccupati italiani. Circa tre milioni. Aumentati di oltre un milione rispetto al 2004 (Fonte Istat). Provate a pagare il mutuo da disoccupati, in euro o in lire la cosa non cambia. 20. PERCHÉ NON È VERO CHE È TUTTA COLPA DELLA SPESA PUBBLICA La spesa pubblica (assieme ai consumi delle famiglie, agli investimenti delle imprese ed alle esportazioni nette) è una delle componenti del Prodotto interno lordo. Non si vede come la sua semplice riduzione possa determinare un aumento del reddito nazionale. Certamente potremmo meritoriamente utilizzare i risparmi di spesa per abbassare le tasse. Giusto. Ma avremmo comunque effettuato soltanto un'operazione di redistribuzione fiscale. E non si vede come ridurre lo stipendio al segretario comunale per incrementare lo stipendio di un creativo pubblicitario possa alimentare la domanda aggregata. La verità è che quando la crisi economica morde due sono i modi per uscirne: spendere di più e tassare di meno. Ecco, noi in Italia dall'arrivo del professor Mario Monti alla presidenza del Consiglio in poi stiamo facendo invece l'esatto opposto: spendere di meno e tassare di più. E non è neppure vero che l'Italia sarebbe malata di eccessiva spesa pubblica, dal momento che l'incidenza media della spesa primaria (esclusi cioè gli interessi) sul Prodotto interno lordo nel periodo 1999-2012 è stata pari al 40 per cento circa, contro una media del 41 per cento dell'eurozona (Fmi). 21. PERCHÉ NON È VERO CHE TUTTA COLPA DEL DEBITO PUBBLICO Chi dice tutto questo, sia chiaro, non siamo noi, ma addirittura il Vice Presidente della Banca centrale europea Vitor Constancio in una famosa conferenza tenuta ad Atene il 23 maggio 2013 in cui spiega a chiare lettere come il debito pubblico non sia mai la causa bensì la conseguenza di squilibri di finanza privata. Come altrimenti spiegarsi la crisi di Paesi come Spagna, Portogallo o Irlanda che nel 2007 avevano livelli di debito pubblico rispetto al Prodotto interno lordo rispettivamente pari al 36 per cento, al 68 per cento ed al 25 per cento mentre il debito privato era cresciuto nel periodo 1999-2007 (dall'introduzione dell'euro fino allo scoppio della crisi) rispettivamente del 75 per cento, del 49 per cento e del 101 per cento? Per non parlare del Giappone che con un debito del 240 per cento del Prodotto interno lordo registra una disoccupazione giovanile del 4 per cento. Vero è piuttosto che il debito pubblico è la conseguenza della crisi, dal momento che alla fine tocca sempre al contribuente farsi carico degli oneri di salvataggio del sistema bancario. 23. PERCHÉ NON È VERO CHE FAREMO LA FINE DELL'ARGENTINA Pur di impaurire e terrorizzare la gente, gli euroinomani sono soliti sproloquiare che faremo la fine dell'Argentina in caso di uscita dell'euro. Chi non ricorda il più grande default sovrano della storia? Ebbene quasi tutti trascurano che il debito pubblico argentino al momento del default era grosso modo pari al 45 per cento del Prodotto interno lordo. Come si spiega quindi la successiva rovinosa caduta? Semplicemente con il fatto che questo debito era stato contratto in dollari Usa (cioè una valuta straniera). E si dà il caso che l'Argentina non possa stampare dollari alla bisogna per far fronte a questo debito. Illuminanti le parole dell'ex governatore della Federal Reserve Greenspan che risponde ad un preoccupato giornalista della Cnbc: «Gli Usa possono rimborsare qualsiasi debito in quanto possiamo stampare valuta per pagarli. La probabilità di default è ZERO». Non è quindi la quantità di debito pubblico a determinare la maggiore o minore probabilità di default ma la possibilità o meno di coniare la moneta con cui il debito viene rimborsato. Ed è così che che l'Argentina indebitata in dollari ma "virtuosa nei conti" va in default ed il Giappone no. 24. PERCHÉ NON È VERO CHE NEPPURE I PAESI DEL SUD EUROPA NON VOGLIONO USCIRE DALL'EURO Si dice spesso che Paesi come Grecia, Irlanda e Spagna anche nei momenti più acuti della loro crisi mai hanno accarezzato l'idea di lasciare l'Unione Monetaria. Intanto si consideri che nel luglio 2015 gli elettori greci hanno con un referendum sonoramente bocciato i "piani di salvataggio" elaborati dalla Troika (Banca centrale europea, Commissione europea e Fondo monetario internazionale). inoltre si tenga conto del fatto che tutti questi Paesi hanno ricevuto corposi finanziamenti dagli altri cugini europei affinché rimborsassero con questi soldi i prestiti incautamente erogati loro dalle banche francesi e tedesche. Ad esempio nel luglio 2015 per impedire alla Grecia di uscire dall'Unione Monetaria è stato accordato un finanziamento per complessivi 86 miliardi di euro. Quasi il 50% del Pil. Insomma, se li sono comprati per farli rimanere nell' euro, ovviamente con i soldi nostri. 26. PERCHÉ NON È VERO CHE L'UE PROTEGGE LE NOSTRE BANCHE Era il 19 dicembre 2013 e l'allora Presidente del Consiglio Letta così festeggiava: «Finita ora la sessione del Consiglio Europeo. Approvata la Banking Union. Per tutelare i risparmiatori ed evitare nuove crisi. Buon passo verso una Unione europea più unita». Parole che alcuni obbligazionisti di Banca Etruria, Cariferrara, Carichieti e Banca Marche troveranno a dir poco incaute e beffarde 23 mesi più tardi. Ma l'applicazione della direttiva sul bailin ha avuto conseguenze devastanti anche sull'intero sistema bancario. Basti pensare che il comparto delle banche quotate a Piazza Affari ha registrato pesantissime perdite passando da un valore di borsa di 130 miliardi a Novembre 2015 ad uno di 59 miliardi a Giugno 2016. Completamente rovesciato e sovvertito il funzionamento del sistema bancario: dai risparmiatori che finanziano le banche con l'implicita garanzia della Banca Centrale a quest'ultima che le tiene in piedi grazie a copiosi finanziamenti garantiti dagli incolpevoli risparmiatori. 27. PERCHÉ NON È VERO CHE È TUTTO E SOLTANTO COLPA DELLA CATTIVA GESTIONE DELLE NOSTRE BANCHE Al netto di deprecabili episodi di "mala gestio" sui quali sta indagando la magistratura, la crisi delle nostre banche non può essere confinata a semplici episodi di cronaca giudiziaria. L'economista Lars Christensen estensore del blog Market Monetarist rileva che se la crescita del Pil nominale non si fosse arrestata ed invertita in maniera così acuta a partire dal 2008 oggi non staremmo a parlare di una crisi bancaria italiana. Nessuna bolla speculativa prima del 2008 e neppure indizi che le banche italiane fossero state particolarmente irresponsabili. Anche la banca più prudente finirebbe nei guai non appena il Pil nominale scendesse di un quarto del suo valore. Cosa che di fatto è successa in Italia a partire dal 2008. Tutto spiegato da quella che Christensen chiama la "morte incrociata"; da una parte il Pil nominale italiano che nel periodo 2008-2015 crolla di un quarto del suo valore; dall'altro l'esplosione dei crediti deteriorati che in pratica triplicano passando dal 4% al 12% del Pil. 32. PERCHÉ NON È VERO CHE SE I PREZZI CALASSERO NOI SAREMMO A POSTO C'è pure chi magnifica la deflazione perché una diminuzione del livello dei prezzi aumenterebbe, secondo loro, il potere di acquisto dei salari. Niente di più stupido. In contesti deflattivi i consumatori rimandano le scelte di consumo (aspettando che i prezzi calino ancora). Le imprese vendono di meno, rimandano gli investimenti e licenziano. Andate a spiegare al lavoratore disoccupato quanto è bello avere i prezzi stabili o in calo se il suo reddito è zero. Ovviamente il circolo vizioso si autoalimenta in una terribile spirale. Meno salari, meno vendite, meno investimenti, meno produzione, ancora più licenziamenti eccetera. Esattamente ciò che stiamo sperimentando ora. La nostra domanda è semplice: è meglio avere gente che lavora e consuma alimentando l'inflazione o il terribile circolo vizioso della deflazione? 34. PERCHÉ NON È VERO CHE CON UNA SUPERPOTENZA COME LA CINA È IMPOSSIBILE COMPETERE PER UN SINGOLO STATO NAZIONALE Lo spettro della Cina viene costantemente evocato per giustificare la necessità di creare un Superstato Europeo. Ovviamente è una mistificazione sesquipedale. Basti vedere ciò che ha fatto la Corea del Sud. Oltre ad essere il Paese Ocse con il tasso di disoccupazione più basso del mondo (sotto al 4 per cento) la Corea nel periodo 1999-2014 ha visto aumentare la propria quota di Prodotto interno lordo mondiale dall'1,5 per cento all1,8 per cento circa finendo per quasi raddoppiare il proprio reddito. Ed ha la Cina li a due passi. 35. PERCHÉ NON È VERO CHE L'ITALIA DA SOLA NON CE LA FACEVA Ovviamente niente di più falso in quella retorica che dipinge un'Italia di operetta con la sua povera lira. Tutt'altro. L'Italia è dal 1976 che fa parte del G6 (i sei grandi). Che poi sarebbero diventati 7 con l'ingresso del Canada. Illuminanti le riflessioni di Giuseppe Guarino nel suo intervento "Il lungo e sorprendente miracolo italiano": «Nel periodo 1945-1980 l'Italia è stato il primo - non il secondo il primo - Paese al Mondo per tasso medio di crescita annuo. Se si considera anche il decennio 1980-1990 l'Italia è seconda al mondo solo dietro la Germania». 37. PERCHÉ NON È VERO CHE BASTEREBBE «PIÙ EUROPA» PER RISOLVERE I PROBLEMI Dire «ci vuole più Europa» equivale a dire una fesseria. In uno Stato unico le regioni ricche sussidiano quelle povere. E i tedeschi mai e poi mai si sognerebbero di fare trasferimenti in favore dei greci, dei portoghesi, degli italiani e degli spagnoli. E se anche lo volessero ci dovremmo opporre con forza noi a questa soluzione. Lo abbiamo visto col nostro Mezzogiorno. I sussidi creano malcostume e criminalità vanificando ogni sforzo imprenditoriale. 38. PERCHÉ NON È VERO CHE «SBATTENDO I PUGNI SUL TAVOLO» RISOLVEREMMO I NOSTRI PROBLEMI A parte il fatto che a forza di sbattere questi pugni, il tavolo dovrebbe essersi ormai rotto. Ma come diceva Sun Tzu nell'arte della guerra ogni battaglia è vinta prima di essere combattuta. Il Centro Studi a/simmetrie ha accuratamente mappato l'esercito tedesco attualmente stanziato nelle file dell'eurocrazia di Bruxelles pronto a fare gli interessi della Germania e non il nostro. Dodici potentissimi funzionari teutonici sconosciuti al grande pubblico, ma che hanno un potere decisionale enorme. Sono a capo delle segreterie più rilevanti: dalla concorrenza alla commissione Ue; dal Consiglio Ue all'Eurogruppo; dall'Unione bancaria agli affari economici. Tutti i posti chiave sono occupati da tedeschi o da amici di tedeschi. 41. PERCHÉ NON VERO CHE L'AUSTERITÀ PAGA In questi anni la Grecia è stata oggetto dei più feroci ed insulsi esperimenti di politica economica mai concepibili. Il tutto è stato pure giustificato con affermazioni risibili del tipo: «i greci hanno truccato i conti»; «hanno sperperato denaro in apparati pubblici improduttivi» ovvero «sono pigri e lazzaroni». C'è del vero nel fatto che i conti pubblici siano stati oggetto di manipolazione e che il tessuto manifatturiero ellenico sia di fatto inesistente. Ma ciò rende ancor più deprecabile il sadismo delle torture cui il popolo e l'economia della Grecia sono stati sottoposti in questi ultimi anni dalla Troika; peraltro con risultati sconcertanti. La Commissione Europea - ad esempio - riportava nel luglio 2015 che la spesa primaria annua (esclusi cioè gli interessi sul debito) sia stata tagliata da 110 a 81 miliardi nel periodo 2008-2014. Una sforbiciata del 26 per cento circa. La disoccupazione è nel frattempo salita dal 7,8 per cento al 26,5 per cento. Cioè è più che triplicata. Giusto per darvi un'idea dell'ordine di grandezza di questa follia, è come se l'Italia fosse arrivata a tagliare la spesa pubblica primaria annua di quasi 200 miliardi di euro. In pratica cancellando tutto il Servizio Sanitario Nazionale, mandando a casa medici, infermieri ed impiegati, chiudendo tutti gli ospedali e non garantendo più alcun farmaco ai nostri assistiti, dovremmo ancora trovare dagli 80 ai 90 miliardi di euro per raggiungere l'incredibile cifra di 200 miliardi di euro. Viceversa l'esperienza di Paesi quali Stati Uniti d'America, Giappone e Regno Unito dimostra che arrivare a livelli di deficit di bilancio fra l'8 per cento ed il 10 per cento nei momenti di crisi -grazie anche agli investimenti pubblici ed alle minori tasse - aiuta l'economia a ripartire. 43. PERCHÉ NON È VERO CHE IL PROBLEMA SONO LE NOSTRE PENSIONI TROPPO ALTE Altra balla. Il sistema pensionistico italiano sarebbe fuori controllo. Ma qual è effettivamente lo stato del nostro sistema pensionistico? Esiste una grandezza per determinarne la sostenibilità. Si tratta del cosiddetto debito implicito. Ovvero il debito che lo Stato deve pagare per erogare le future prestazioni previdenziali, sanitarie ed assistenziali secondo quanto previsto dalla legislazione vigente, nell'ipotesi che la legislazione sulla previdenza sociale e sulla sanità pubblica resti invariata in futuro. Ebbene uno studio dell'Università di Friburgo in Germania già nel 2011 rilevava come il nostro sistema pensionistico fosse il più sostenibile in Europa. 44. PERCHÉ L'UNIONE EUROPEA NON È DEMOCRATICA L'Unione Europea in generale (e quella monetaria in particolare) tutto sono fuorché democratiche. I cittadini di ben undici Stati membri dell'Unione, non si sono mai potuti esprimere con un voto sull'adesione o meno del proprio Paese all'Europa. Dieci di questi sono anche Paesi che hanno adottato la moneta comune. La cosa ancora più inquietante è che tra questi undici ci sono tutti e tre "soci fondatori" dell'Europa, cioè Francia, Germania e Italia. Ma quello che più fa paura è che la Germania, architrave dell'Europa, il Paese che detta la politica economica dell'Unione e che si è assunta il ruolo di contro-potere rispetto alla Banca Centrale Europea, in 44 anni non ha mai permesso ai propri cittadini di votare su nessuna questione che riguardasse temi europei. L'Italia lo ha fatto una sola volta e la Francia tre, una delle quali (adozione del trattato costituzionale) finita con la vittoria dei no. 46. PERCHÉ NON È VERO CHE NON SAPPIAMO SPENDERE I FONDI CHE L'UNIONE EUROPEA CI ASSEGNA Le regole in materia sono talmente demenziali da far pensare che siano state disegnate pur di non far spendere questi soldi. La normativa europea spesso prevede che i fondi assegnati per determinati investimenti (soldi nostri in quanto l'Italia è un "contribuente netto") possano essere spesi solo se gli Enti destinatari cofinanziano la spesa con altri fondi. E le restrittive politiche di bilancio spesso sono di una tale durezza che gli enti possono benissimo non avere la disponibilità dei soldi per cofinanziare l'operazione. Ma la cosa più incredibile è che talvolta anche riuscendo a racimolare i soldi per miracolo, gli investimenti devono essere comunque rimandati o accantonati pur di rispettare il demenziale vincolo di stabilità interna che obbliga tutta la Pubblica Amministrazione a razionare ogni e qualsiasi spesa pur di rispettare il "sacro" limite del 3 per cento del rapporto tra il deficit e il Prodotto interno lordo. 47. PERCHÉ NON È VERO CHE L'UNIONE EUROPEA HA PORTATO LA PACE L'Unione europea nella sua attuale fisionomia è in vita soltanto a partire dal 1993. Prima di lei c'erano state la Ceca (Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio) e poi la Cee. Organizzazioni di Paesi indipendenti e sovrani e non un superstato; soggetti capaci di assicurare decenni di prosperità e pace. È vero invece che ogni sforzo di costringere all'unità popoli diversi è finito sempre tragicamente. Si pensi, per fare solo alcuni esempi, ai casi della Yugoslavia e dell'Unione Sovietica. In Europa a partire da Maastricht è cominciato il disastro, o come diceva l'antropologa Ida Magli, la «dittatura europea». 48. PERCHÉ NON È VERO CHE È IMPOSSIBILE USCIRE DALLA UE Che l'uscita dalla Unione europea da parte di uno Stato membro sia sempre possibile, lo ha dimostrato, di recente, la Brexit. Ma come funzionano le cose dal punto di vista delle procedure definite dal Trattato di Lisbona? L'articolo 50 del suddetto Trattato ha introdotto una particolare procedura "liberatoria". Al primo paragrafo viene riconosciuto che «ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall'Unione». Lo Stato, tuttavia, ha l'onere di notificare tale intenzione al Consiglio Europeo. Alla luce degli orientamenti formulati da quest'ultimo, «l'Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l'Unione». L'accordo è, infine, concluso a nome dell'Unione europea, dal Consiglio «che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo». Secondo l'articolo 50, pertanto, uno Stato che intenda uscire dall'Unione dovrebbe negoziare un accordo con quest'ultima attraverso una procedura che, per giungere ad un esito positivo, richiede non soltanto il consenso del Consiglio Europeo, ma anche l'approvazione da parte del Parlamento Europeo. Vale la pena, però, notare che il paragrafo 3 prevede che «i trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica di cui al paragrafo 2, salvo che il Consiglio europeo, d'intesa con lo Stato membro interessato, decida all'unanimità di prorogare tale termine». Il recesso non richiede, pertanto, la conclusione dell'accordo previsto dai primi due paragrafi dell'articolo 50: nel caso di fallimento dei negoziati, infatti, i trattati cessano comunque di avere efficacia per lo Stato membro che intenda "uscire" dall'Europa, con il solo limite temporale di due anni dalla notifica dell'intenzione di recedere. L'accordo bilaterale, pertanto, non esclude la possibilità di un recesso unilaterale, ma, al contrario, la presuppone. Nei prossimi mesi vedremo quello che succederà in Gran Bretagna. 49. E SE UNO STATO VOLESSE USCIRE SOLO DALL'EUROZONA? «Se uno Stato non volesse uscire dalla Unione europea ma soltanto rinunciare all'euro si potrebbe fare?» Vi sono, nell'Unione, Stati che non hanno adottato l'euro, come è noto. Logica vorrebbe, pertanto, che sia certamente possibile restare in Europa uscendo soltanto dalla moneta unica. Eppure la cosa sembra più complicata di quanto si penserebbe. Mentre, infatti, il Trattato di Lisbona disciplina, all'articolo 50, la procedura di uscita dall'Unione, nessuna disposizione fa riferimento alcuno al recesso dall'Unione Monetaria (così come, del resto, nulla diceva il Trattato di Maastricht a questo proposito). Sembrerebbe quasi che, una volta accettata la moneta, non si possa più neppure tornare indietro. Impossibile uscirne, dunque? Secondo alcuni costituzionalisti l'uscita unilaterale per decreto è assolutamente legittima. Secondo altri, invece, proprio in forza del fatto che il sistema europeo è stato disegnato sia con Stati dentro che fuori dalla moneta unica comune, l'uscita dovrebbe essere consentita, quantomeno con un negoziato analogo a quello previsto dall'articolo 50 del Trattato. Edited April 18, 2020 by SabrinaS Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
SabrinaS Posted April 18, 2020 Author Share Posted April 18, 2020 io sono d'accordo Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Mario1944 Posted April 18, 2020 Share Posted April 18, 2020 Due mesi fa sarebbe stato opportuno replicare a tante fantastiche inesattezze; ora è solo opportuno tacere, ché, se fossimo fuori dell'euro e senza lo scudo lo BCE, oggi potremmo usare le lire per pulire i pavimenti delle case ed i titoli del debito pubblico per pulire i marciapiedi delle strade. Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
freedog Posted April 18, 2020 Share Posted April 18, 2020 1 hour ago, SabrinaS said: io sono d'accordo oddio, questo s'è scordato le goccine pure oggi... che palle!!! Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
Iron84 Posted April 18, 2020 Share Posted April 18, 2020 Quello che non condivido sono le posizioni da stadio o il pensiero che ci sia un disegno per mettere o spellare l'Italia. Niente di più sbagliato! La verità di tanti problemi nella UE è la convinzione, forse anche vera, che i paesi dell'Unione che hanno guadagnato di più degli ultimi anni lo avrebbero fatto lo stesso anche senza Euro. In realtà l'obiezione numero uno mossa alla Germania è che la stessa abbia goduto della debolezza dell'Euro per le sue esportazioni. La cosa è anche vera ma è dovuta alle politiche di QE messe in atto dalla BCE per aiutare i paesi in difficoltà. La Germania non avrebbe potuto prevedere un tracollo economico così forte per i paesi dell'Europa del sud e la volontà dell'Euro non era per avere una moneta per le esportazioni EXTRAUE ma INTRAUE. Pertanto i tedeschi sentono che per aver goduto di una moneta più debole, adesso si trovino a rischiare inflazione e soprattutto ad accollarsi il rischio di paesi che potrebbero portarla a fondo quando in realtà gode di un'economia solida. Altro elemento percui i paesi del nord sono i veri antieuropei è la convinzione di non aver tanto bisogno di del mercato unico perchè paesi come l'Olanda e la Germania da sempre hanno vissuto di esportazioni in tutto il mondo soprattutto ora. Quando fu fondata la CEE nel mondo il PIL si produceva in USA EUROPA e forsa GIAPPONE. Avere a disposizione un mercato che da solo equivaleva a più di un terzo della domanda globale aveva senso, adesso che quella cifra si è quasi dimezzata, la vera esigenza è quella di essere competitivi nei mercati esteri, cinesi,indiani e sudamericani più che in quelli italiani, greci o portoghesi. La perdita di centralità dell'EUropa anche economica ha fatto venire meno il resto, l'Olanda anche senza UE sarebbe potuta diventare un paradiso fiscale, la Germania avrebbe potuto esportare come esporta adesso e godere dei suoi surplus commerciali senza violare i trattati. La verità è che loro vedono l'UE come una catena pertanto. ECCO I MOTIVI PER CUI I TEDESCHI VOGLIONO USCIRE DALL'EUROPA 1) Per poter tornare al Marco e pagare meno materie prime godendo di una moneta più forte! 2) Per poter sviluppare i commerci con le nuove realtà economiche come la Russia, la Cina, l'India ed il sudamerica senza avere il cappio dei parametri europei che ci rompono sul surplus 3) E'vero godiamo di tassi d'interesse bassi ma ci stiamo accollando i rischi di paesi spendaccioni che si sono adagiati sull'euro e sulla BCE e che se cadranno a fondo porteranno anche noi con loro. 4) Poter aiutare le aziende nostrane che susicono la concorrenza dei paesi dell'est attraverso politiche di protezionismo 5) Una volta chiuso il mercato aiutarne lo sviluppo aumentando la spesa pubblica e facendo aumentare il pil in modo esponenziale 6) Evitare che le aziende tedesche mettano le loro sedi in paradisi fiscali come lUssemburgo ed Olanda con conseguente aumento delle entrate fiscali 7) Con il marco forte avremo meno turismo ma la germania ha sempre fatto cagare come paese e quindi il turismo perderebbe ma senza esagerare Quote Link to comment Share on other sites More sharing options...
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