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La disabilità


Guest Irish Dragon

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Guest Irish Dragon

Girando un po' in giro per il forum stasera, mi son resa conto che non esiste alcun topic relativo all'essere disabili o al come ci si rapporta ad un argomento così delicato... Cercando di colmare questa "mancanza", pensavo quindi di chiedervi le vostre esperienze in merito.

Conoscete persone disabili o lo siete a vostra volta ( anche temporaneamente)? Come vivete queste situazioni, sia che si tratti di handicap fisici che mentali in conoscenti\parenti\sconosciuti?

Il vivere una sessualità\situazione sociale spesso discriminata in quanto "diversa", in qualche maniera vi ha resi più "propensi" a comprendere anche questo tipo di situazioni? Avete fatto esperienze legate al volontariato o ad altre attività che si occupano di questo frangente?

A voi :no:

 

N.B: dato il tema trattato, gradirei vedere post seri, ponderati e non buttati qui tanto per dire... vi prego :kiss:

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conosco parecchie persone disabili . ma quelle di qui vorrei parlare ora sono due.

il primo e' un cantante francese (di cui non faro' il nome) che si e' appena affacciato al grande mondo della tv.

l'ho conosciuto grazie ad una manifestazione a beausoleil e la sua conoscenza mi ha dato modo di riflettere su certe cose.

ha  una malattia incurabile.. per ora riesce a passare inosservato(nessuno sa della malattia) ma ben presto ogni suo muscolo sara' colpito.. un giorno mi disse che vorrebbe morire cantando a Prigi.... disgraziatamente e' quello che gli auguro.

 

La seconda e' la figlia di un amica di famiglia.

 

anche lei ha una malattia incurabile e per ora e' sulla carozzina... ho assistito al degenerare della sua vita.... visto che fino a qualche anno fa correva e giocava come qualsiasi bambina di 10 anni.

ha cominciato a non vedere bene, a non riuscire ad articolare alcuni movimenti...

 

entrambe queste persone io le ho gia' perse... le famiglie si sono ritirate nel silenzio e io non ho piu' modo di vederli... in un certo senso e' meglio... il mio cuore non reggerebbe

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Ho fatto la volontaria per qualche tempo in una comunità di disabili della mia città,un amica di mia sorella mi disse che cercavano "personale",così sono andata a vedere di che si trattava.Ho stabilito un bel rapporto con i ragazzi,che poi tanto ragazzi non sono,anzi ci sono di tutte le età,anche 50enni o più,non è stato altrettanto buono con alcune delle mie colleghe volontarie,(coi maschi invece,sia che fossero obiettori o volontari non c'è mai stato uno screzio).I primi sintomi che qualcosa non andasse li ho notati quando un giorno un disabile che soffriva di epilessia si sentì male diverse volte perchè non aveva preso la sua pillola in tempo o non so per quale altro motivo.La mia collega mi rimproverò che non facevo niente per aiutare questo ragazzo e che era dovuta intervenire lei,ma io non sono un medico e nemmeno un infermiera,per quanto in tv con tutti questi telefilm medici,tipo E.R. o Dottor House si vedano spesso tecniche di salvataggio,da lì a metterli in pratica nella vita reale c'è di mezzo una vita da salvare.Dissero che doveva esserci sempre un medico presente ma l'ho visto una sola volta,poi non so che fine ha fatto.Sono rimasta per un altro anno credo,ma visto che poi sono successi altri episodi che non mi piacevano affatto e che non sto qui a scrivere perchè sennò mi dilungherei troppo ho deciso di andarmene perchè ne avevo ababstanza di gente che si finge dirigente di comunità oppure volontaria quando l'unico interesse è prendere soldi o farsi belli agli occhi altrui.Nessuno a parte una ragazza che conoscevo perchè eravamo a scuola insieme mi ha chiesto spiegazioni del perchè me ne fossi andata,non perchè erano obbligati,ma perchè data la carenza di volontari se qualcuno se ne va forse sarebbe lecito chiedersi il motivo.Non sono più tornata in quella comunità anche perchè lì ho vissuto anche una storia d'amore poi finita e mi risveglierebbe troppi ricordi,belli perchè c'è stata,ma brutti per come è finita.Scusate se vi ho annoiato con le mie disavventure,buona giornata:)

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Io ho iniziato a lavorare nella Scuola, naturalmente come supplente, a 20 anni, e uno delle prime "supplenze lunghe" che mi capitò fu in una Scuola Media interamente formata da ragazzi disabili. Questo lo appresi dopo, e la cosa incredibile è che nessuno mi avvertì di quello che avrei trovato e dovuto affrontare in classe. Parlo di colpo al cuore e di emozioni varie, perché all'atto pratico non dovevo fare niente di particolare oltre il mio mestiere, essendoci personale ausiliario che ad esempio si prendeva cura dei ragazzi quando andavano in bagno (alcuni dovevano essere presi in braccio per essere portati). La supplenza fu breve, ma le emozioni forti. La dolcezza e il bisogno d'amore dei ragazzi li ricordo ancora. Lì conobbi una professoressa di italiano che entrata lì come incaricata non aveva avuto più il coraggio di andarsene, benché avesse da anni raggiunto il punteggio per insegnare in una Scuola più "facile". In seguito, tra i 24 e i 25, insegnai in una Scuola Media Sperimentale (oggi non esistono più) integrata con un certo numero di portatori di handicap per classe. Eravamo assistiti da una psicologa, che ci dava alcune nozioni elementari, una psichiatra che si vedeva due tre volte l'anno, e un medico. In questa Scuola rimasi un anno e potei assistere ai piccoli progressi dei ragazzi colpiti da handicap vari i quali avevano anche diversi anni più degli altri, al rapporto tra gli uni e gli altri, non sempre facile anche perché ci possono essere poussées di violenza, o esagitazione, che non vanno trascurate ma neppure mitizzate. Ricordo il buon recupero, alla fine dell'anno scolastico, di un ragazzo in particolare, Luca, recupero sul piano emotivo-relazionale e in parte anche cognitivo.

 

Quando ero ancora più giovane, al Liceo, avevamo una compagna di classe disabile. Era molto carina di viso, il corpo era molto piccolo. Riusciva a muoversi aiutandosi con le stampelle ed era un esempio di forza e (apparente) serenità. Tutta la sua vita è coincisa con la ricerca e appropriazione della sessualità, la possibilità di avere una vita sessuale. Essendo una persona molto forte, determinata, essendosi anche notevolmente indurita, ci è riuscita, e ebbi con lei una lunga conversazione sul tema una ventina d'anni dopo. Ha scritto un libro, partecipato a sfilate di moda fatte da persone disabili, ha fatto della sua condizione svantaggiata il centro della sua vita, con forse qualche inevitabile disarmonia, non diversamente da come un gay potrebbe decidere, ad esempio, di diventare un attivista glbt. Il suo libro di tanti anni dopo fu per alcuni/e una lettura inattesa, perché veniva in piena espressione il suo "risentimento" verso compagne o compagni, questa o quello. Il velo di sorrisi e serenità che pur c'era era solo un velo. E mi sono formato l'idea che il sesso negato c'entrasse non poco in tutto quell'intreccio di ricordi, accuse, rimpianti.

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Personalmente non ne conosco. Magari di vista, so che c'è il non vedente che gira nel quartiere, o quello in carrozzina, ma dire che li conosco sarebbe eccessivo.

Purtroppo la loro vita, oltre ad essere già difficile per colpa del loro handicap, è peggiorata da barriere architettoniche e l'indifferenza della gente.

All'estero ho notato molte più persone paraplegiche per strada. Cos'è? Hanno più paraplegici? No, loro possono e riescono ad uscire di casa. In Italia molti non possono mettere il naso fuori di casa! :asd:

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Domanda complessa quella di Irish!Di esperienze ne faccio oramai ogni giorno, dato che alla nascita ho subito una paralisi ostetrica al braccio destro(forse qualcuno al raduno di settembre se ne è reso conto), e posso dire che le occhiate non mancano mai...vivere con determinati handicap è impegnativo perchè richiede un grande sforzo mentale e fisico, indipendentemente dalla gravità della malattia(quando si cade nello sconforto le differenze diventano inutili). La cosa più dura da affrontare sono la società ed il tempo: da piccoli non si ha una coscienza totale del problema, anche se i tuoi coetanei ti prendono in giro. Si: piangi e ti lamenti, ma non ti rendi mai del tutto conto di cosa succede esattamente; il tempo è l'altro problema perchè cominci a crescere, e se ti indebolisci per poco rischi veramente di cadere nella depressione(ed è ragionevole visto che con molti handicap bisogna viverci a vita), e di certo la gente che vedi non ti aiuta. Tutt'ora mi tocca al liceo mandare a quel paese persone che non capiscono praticamente nulla  :rotfl:. Fino a poco tempo fa frequentai un centro di fisioterapia, e non potete immaginarvi cosa vi trovate appena entrate; quelle persone che hanno ancora coscienza di sè gli si stringe il cuore a vedere ragazzi e bambini con ogni genere di malattia, praticamente è quasi una tortura vedere tali problemi(immaginate per chi li ha!). Ovviamente la società discrimina e si dimostra anche ignorante, limitandosi a lanciare occhiatacce a destra e manca. Conobbi un ragazzo con una malformazione alla mano sinistra(era di scuola), prima tutti ci parlavano allegramente, poi si giarava e subito la gente si metteva a parlare, creando in lui un senso di disagio enorme. Ma tutto questo è colpa dei medici(per cui la maggior parte delle volte non sono competenti), e poi dei genitori; spesso sono loro stessi a rifiutare i propri figli per un handicap. L'unica "cosa positiva"(un pò di speranza ci vuole) e che questo genere di cose sensibilizza molto l'uomo che ne è affetto. Verrebbe da dire "è la vita", ma così non è  :)

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Una delle persone a cui più tengo è completamente cieca da anni a causa della retinite pigmentosa. È una persona assolutamente geniale, anche senza prendere in considerazione il fatto che pur non vedendoci è un virtuoso del pianoforte. E nutre un odio viscerale verso la quasi totalità dell'umanità, odio motivato dalle stesse identiche motivazioni che mi portano a provare altrettanto odio: il fatto d'essere considerati in qualche modo dei diversi, che per queste diversità meritano compassione, compatimento... ed ogni sorta di "trattamenti speciali".

Non tollera alcun tipo di relazione con gente da cui non si senta considerato un pari, non sopporta di ricevere aiuto e talvolta anzi risponde male a gente che si offre di aiutarlo ad attraversare la strada, per dire, e soprattutto si rifiuta categoricamente di suonare in presenza di chiunque non siano i suoi genitori, suo nonno (che è anche colui che l'ha introdotto al piano, n.d.r.) o io.

Il fatto che tollerasse e anzi gli facesse piacere la mia presenza credo fosse dovuto - oltre, vabbè, alla grande amicizia che ci legava - dal fatto d'essere entrambi oggetto di discriminazioni, derisioni e compatimenti vari. Lui era "cieco, poverino" o "l'orbo", io "deviato, poverino" o "il frocetto epilettico" (non sono propriamente epilettico, ma è così che mi addita(va?)no). Quindi sì, il fatto di vivere entrambi situazioni particolari - il fatto d'essere entrambi in qualche modo "handicappati" - è stato un collante, che ci ha portato ad avvicinarci in un primo momento e a capirci in seguito. Ed in effetti, credo sia stata la persona che più mi abbia capito - e che più io stesso ho capito - in tutta la mia vita.

Poi un giorno è finito tutto in uno scambio di calci e pugni, mistero della fede.

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