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Le nostre poesie preferite: regaliamocele


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Guest liverpool

Il mio occhi s'è fatto pittore e ha fissato

i tratti della tua bellezza nel quadro del mio cuore,

il mio corpo è la cornice in cui essa è racchiusa,

e, in prospettiva, è la migliore arte del pittore;

 

poiché attraverso il pittore devi vedere la sua abilità,

per scoprire dove giace la tua vera immagine dipinta,

che sempre é appesa alla fucina del mio petto,

le cui finestre sono i tuoi occhi.

 

Ora vedi quali buoni servizi hanno reso gli occhi agli occhi:

i miei occhi hanno disegnato la tua figura, e i tuoi per me

sono finestre sul petto, attraverso cui il sole

si diletta per ammirarti.

 

Ma gli occhi sono privi della capacità di dare grazia alla loro arte;

essi ritraggono solo ciò che vedono, sono ignari

del cuore.

 

 

 

                                                                William Shakespeare:  Sonetti d'amore 24

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Bianca tartaruga,

luna addormentata,

come cammini

lentamente

Chiudendo una palpebra

d'ombra, guardi

come un'archeologica

pupilla.

 

Forse sei…

(Satana è guercio)

una reliquia.

Viva lezione

per anarchici.

 

Geova usa

seminare il suo podere

con occhi morti

e le teste

delle milizie

nemiche.

 

Severo regge

la face divina

col suo turbante

di nebbia fredda,

mettendo dolci

astri senza vita

al biondo corvo

del giorno.

 

Per questo, la luna,

luna addormentata!

protesti

priva di brezza,

per il grande abuso

la tirannia

di questo Geova

che vi incammina

su un sentiero

sempre lo stesso !

mentre lui gode

in compagnia

di Donna Morte

che è la sua amata.

 

Bianca tartaruga

luna addormentata,

Casta Veronica

del sole che pulisci

al tramonto

il suo volto rosso.

 

Abbi speranza,

morte pulita,

che il gran Lenin

della tua compagna

sarà Orsa

Maggiore, la selvaggia

fiera del cielo

che andrà calma

a dare l'abbraccio

di saluto

al vecchio enorme

di sei giorni.

 

E allora, luna

bianca, verrà

il puro regno

della cenere.

 

(Avrete capito

che sono nichilista)

 

 

 

Federico García Lorca

Libro de poemas

Agosto 1920

Dormono le cime dei monti, e le gole,

le balze e le forre;

la selva e gli animali che nutre la terra nera:

le fiere dei monti e la stirpe delle api,

e i pesci nelle profondità del mare agitato.

Dormono le stirpi degli uccelli, dalle ali distese.

 

(Alcmane VII sec. a.c. -Sparta )

Guest liverpool

Col gran mazzo di fiori, il fazzoletto, i guanti,

della regal statura come un vivo fanatica,

essa incede con agio, e i modi noncuranti

ostenta d'una magra civetta un po' lunatica.

 

Si vide mai al ballo vita più smilza? Effuso

in ampi e ricchi giri, con nobile turgore,

l'abito le trabocca sul piede scarno, chiuso

da uno scarpino a fiocchi, vezzoso come un fiore.

 

La calza che le sfiora e infora le clavicole,

come un rivo lascivo le rocce delle sponde,

pudicamente salva dalle celie ridicole

le sepolcrali grazie che a tutti essa nasconde.

 

Buio e vuoto s'annidano in quelle occhiaie spente

ed il cranio, di fiori con somma arte adornato,

sulle fragili vertrebe trema langidamente.

O fascino d'un nulla follemente agghindato!

 

C'è chi in te vede appena una caricatura:

amanti che s'inebriano di carne ed hanno a vile

l'eleganza indicibile dell'umana struttura.

Tu assecondi, o gran scheletro, un mio gusto sottile!

 

Se qui per disturbare la festa della Vita

con la tua forte smorfia? O superstiti brame

credula alla tregenda del Piacere t'invitano

dando di sprone ancora al tuo vivente ossame?

 

Al canto dei violini, al calore dei lumi,

speri di spazzar via le visioni beffarde?

O forse vieni achiedere di placare nei fiumi

della crapula il fuoco infernale che t'arde?

 

Cisterna senza fondo di stoltezze e di sbagli,

dell'antico dolore alambicco tenace!

Bramosa ancora vedo, torcersi tra i tramagli

delle tue curve costole, l'aspide senza pace!

 

Ma gli amorosi inviti e i vezzi sono vani,

io temo, né ti valgono un solo ammiratore:

chi comprende lo scherzo, fra questi cuori umani?

Solo i forti innamora l'incanto dell'orrore

 

I tuoi occhi profondi la vertigine danno,

e celano pensieri terribili: oh, i prudenti

ballerini fissare a lungo non sapranno

il perpetuo sorriso dei tuoi trentadue denti!

 

Ma chi non s'è mai stretto uno scheletro al petto?

Chi non s'è della morte cibato ogni mattino?

Cosa importano l'abito, il profumo, l'aspetto?

Presume d'esser bello chi diserta il festino.

 

Baiadera camusa, baldracca trionfale,

dì a questi ballerini che fanno i ghiribizzi:

"Cupidetti sdegnosi, cipria o minio, che vale?

Voi puzzatedi morte. Scheletri ambrati, vizzi

 

Antinoi, bellimbusti dal mento sbarbatello,

salme lustrate a nuovo, Adoncini canuti,

di questa danza macabra l'eterno carosello

vi trascina in lontani paesi sconosciuti.

 

Dai freddi lungosenna all'infocato Gange

salta e si sdiliquinsce l'uman gregge, né scorge

da una crepa del tetto la tuba dell'Arcangelo,

quel tenebroso schioppo sinistramente sporgere.

 

Sotto ogni sole e clima, o buffa Umanità,

mentre tu ti dimeni sta la morte a guardare,

e spesso come te mirra al capo si dà,

e ironica accompagna te demente a danzare!"

 

 

Charles Baudelaire:                Danza macabra

Odi et amo

quare id faciam fortasse requiris.

Nescio,

sed fieri sentio et excrucior.

 

                                        Catullo

 

(non garantisco al 100% la correttezza grammaticale)

Guest liverpool

Convinti di caducità

per tante nobili certezze della polvere,

noi indugiamo e abbassiamo la voce

nei lenti filari di pantheon,

la cui retorica di ombra e di marmo

promette o prefigura la desiderabile dignità

di essere morto.

Belli sono i sepolcri,

il nudo latino e le unite date fatali,

la congiunzione del marmo e del fiore

e le piazzette con frescura di patio

e i molti ieri della storia

oggi imprigionata e unica.

Equivochiamo quella pace con la morte

e crediamo anelare la nostra fine

e aneliamo il sogno e l'indifferenza.

Vibrante nelle spade e nella passione

e addormentata nell'edera,

solo la vita esiste.

Lo spazio e il tempo sono forme sue,

sono strumenti magici dell'anima,

e quando questa si spegnerà,

si spegneranno con essa lo spazio, il tempo e la morte,

come al cessare della luce

si estingue il simulacro degli specchi

che già la sera stava spegnendo.

Ombra benigna degli alberi,

vento con uccelli che sui rami ondeggia,

anima che si disperde in altre anime,

sarebbe un miracolo se un giorno finissero di esistere,

miracolo incomprensibile,

sebbena la sua immaginaria ripetizione

infami con orrore i nostri giorni.

Queste cose pensai alla Recoleta,

nel luogo delle mie ceneri.

 

 

Jorge Luìs BORGES,  La Recoleta.

 

N. B. La Recoleta è uno dei cimiteri monumentali di Buenos Ayres, dove é sepolta tra l'altro Evita Peron.

Ivi Borges pensava di essere sepolto, ma a causa dell'avvento della dittatura militare, in pieno dissenso con il popolo argentino per la sua condiscendenza al regime dei colonnelli, se ne andò in Svizzera e non fece più ritorno in patria.

Molti intellettuali non gli perdonarono l'abbandono del paese, tanto meno il suo non dissimulato amore per l'Inghilterra, e così lo condannarono ad una sorta di oblio.

Non sapendo queste cose, guidato da questi versi, andai alla Recoleta per visitare la sua tomba e chiesi ad un signore: "Por favor, donde se encuentra la tumba de Borges?"  " No lo sè" -mi rispose seccamente-  "No està aquì?" "No" fu la risposta che non ammetteva repliche alla mia petulanza.

Fanciulla snella e bruna, il sole che crea la frutta,

quello che incurva le alghe e fa granire i grani,

creò il tuo corpo gaio, i tuoi occhi di luce

e la tua bocca che sorride col sorriso dell'acqua.

 

Un sole nero e ansioso ti si avvolge a ogni filo

Dei tuoi neri capelli, quando stiri le braccia.

Tu giochi con il sole come con un ruscello

e due oscuri ristagni lui ti lascia negli occhi.

 

Fanciulla snella e bruna, niente a te mi avvicina.

Tutto da te mi scosta come dal mezzogiorno.

Tu sei la gioventù frenetica dell'ape,

l'ubriachezza dell'onda, la forza della spiga.

 

Eppure, tenebroso, il mio cuore ti cerca:

amo il tuo corpo gaio, la tua voce svelta e lieve.

Farfalla bruna, dolce e definitiva,

come il frumento e il sole, il papavero e l'acqua.

 

Pablo NERUDA                             

 

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Dio, che belli i lirici greci... grazie per avermeli fatti ricordare!

         

Guest liverpool

Dedicato a parole alate:

 

 

La dea augusta dalla corona d'oro io canterò, la bella

Afrodite

che ha in suo dominio le mura di tutta Cipro

circondata dal mare, dove la forza di Zefiro che umido soffia

la portò sull'onda del mare risonante

tra la soffice spuma: e le Ore dall'aureo diadema

l'accolsero litamente; la vestirono con vesti divine,

sul capo immortale posero una ben lavorata corona,

bella, d'oro, ed ai lobi traforati

fiori di oricalco e di oro prezioso;

intorno al delicato collo ed al petto fulgente

l'adornarono con monili d'oro di cui anch'esse,

le Ore dall'aureo diadema, si adornano quando vanno

all'amabile danza degli dei, e alla dimora del padre.

E quando le ebbero fatto indossare tutti gli ornamenti

la condussero agli immortali; al vederla, essi le davano il

benvenuto

e la salutavano levando le mani; e ognuno desiderava

che fosse sua legittima sposa, e di condurla alla propria casa,

e ammiravano l'aspetto di Citerea coronata di viole.

Salve dea dagli occhi neri, dal dolce sorriso; concedimi

di ottenere la vittoria in questo agone, e detta il mio canto;

ed io mi ricordero di te,e di un altro canto ancora.

 

 

Inno VI AD AFRODITE  (Inni Omerici).

parole_alate

Ama

saluta la gente

dona

perdona

ama ancora e saluta

(nessuno saluta

del condominio,

ma neppure per via).

 

Dai la mano

aiuta

comprendi

dimentica

e ricorda

solo il bene.

E del bene degli altri

godi e fai

godere.

 

Godi del nulla che hai

del poco che basta

giorno per giorno:

e pure quel poco

- se necessario –

dividi.

 

E vai,

vai leggero

dietro al vento

e il sole

e canta.

Vai di paese in paese

e saluta

saluta tutti

il nero, l’olivastro

e perfino il bianco.

 

Canta il sogno del mondo:

che tutti i paesi

si contendano

d’averti generato.

 

 

David Maria TUROLDO.

 

 

Sono affezionata a questa poesia. Mi fu regalata il giorno dell'esame di terza media da un'insegnante a cui ero molto legata. Pensate all'effetto che fa riceverla quando un ciclo si chiude e tu ti prepari a uscire e ad affrontare il mondo!

Guest liverpool

Apeneck Sweeney spreads his knees

Letting his arms hang down to laugh

The zebra stripes along his jow

Swelling to maculate giraffa.

 

The circles of the stormy moon

Slide westward toward the River Plate,

Death and the Raven drift above

And Sweeney guards the hornèd gate.

 

Gloomy Orion and the Dog

Are veiled; and hushen the shrunken seas;

The person in the Spanish cape

Tries to sit on Sweeney knees

 

Slips and pulls the table colth

Overturns a coffee-cup

Reorganised upon the floor

She yawns and draws a stocking up;

 

The silent man in mocha brown

Sprawls at the window-sill and gapes;

The waiter brings in oranges

Bananas figs and hothouse grapes;

 

The silent vertebrate in brown

Contracts and concentrate,withdrows;

Rachel neé Rabinovitch

Tears at the grapeswith murderous paws.

 

She and the Lady in the cape

Are suspect thought to be in league;

Therefore the man with heavy eyes

Declines the gambit, shows fatigue,

 

Leaves the room and reappears

Outside the window, leaning in,

Branches of wistaria

Circumscribe a golden grin:

 

The host of someone indistinct

Converses at the door apart,

The nigthingales are singing near

The Convent of the Sacred Heart,

 

And sang whithin the bloody wood

When Agamemnon cried aloud,

And let the liquid siftings fall

To stain the stiff dishonoured shroud.

 

 

 

T.S. Eliot:    Sweeney among the Nightingales

Paris di notte

 

Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte

Il primo per vederti tutto il viso

Il secondo per vederti gli occhi

L’ ultimo per vedere la tua bocca

E tutto il buio per ricordarmi queste cose

Mentre ti stringo fra le braccia.

(Jacques Prèvert)

Guest liverpool

Sono io l'attore.

E' difficile per una donna sola

recitare una commedia intera.

Recitare la mia vita.

Il mio monologo.

Inseguo le mie mani

senza raggiungerle mai.

(Le mani sono fuori campo -

anzi, dietro le quinte)

L'unica azione scenica è correre,

correre per stare al passo,

senza riuscirci mai.

 

All'improvviso smetto di correre

(questo movimenta un po' la trama).

Tengo discorsi, a centinaia,

preghiere monologanti.

Dico cose assurde del tipo:

le uova non devono bisticciare con le pietre

o tieniti il braccio rotto dentro la manica

o io sto in piedi eretta

ma la mia ombra è obliqua.

E via discorrendo.

BUUU! BUUU!

 

Ma io imperterrita fino all'ultima battuta:

"Chiè senza Dio è come un serpente

che vuole ingoiare un elefante!"

 

                                                      (SIPARIO)

 

Il pubblico scappa subito via.

E' stato un cattivo teatro.

Questo perchè sono io l'unico attore

e sono pochi gli esseri umani la cui vita

detterebbe una commedia interessante.

Siete d'accordo?

 

 

Anne SextonLa commedia

parole_alate

Dopo tante cupe meditazioni sulla morte e sulla vita vi propongo questa... 

Prendetela come un passatempo...  :rotfl:

 

 

 

E' la fede degli amanti

come l'àraba fenice

che vi sia ciascun lo dice

dove sia, nessun lo sa.

 

Se tu sai dove ha ricetto

ove muore e torna in vita

me l'addìta, e ti prometto

dl serbar la fedeltà.

 

Pietro METASTASIO

La nature est un temple où de vivants piliers

Laissent parfois sortir de confuses paroles

L'homme y passe à travers des forêts de symboles

Qui l'observent avec des regards familiers.

 

Comme de longs échos qui de loin se confondent

Dans une ténébreuse et profonde unité,

Vaste comme une nuit et comme la clarté,

Les parfums, les couleurs et les sons se répondent.

 

Il est des parfums frais comme de chairs d'enfants,

Doux comme les hautbois, verts comme les prairies,

—Et d'autres, corrompus, riches et triomphants,

 

Ayant l'expansion des choses infinies,

Comme l'ambre, le musc, le benjoin et l'encens,

Qui chantent les transports de l'esprit et des sens.

 

Baudelaire

nonsochisonoio

Il più bello dei mari

 

Il più bello dei mari

è quello che non navigammo.

Il più bello dei nostri figli

non è ancora cresciuto.

I più belli dei nostri giorni

non li abbiamo ancora vissuti.

E quello

che vorrei dirti di più bello

non te l'ho ancora detto.

 

Nazim Hikmet

Le cose che ho imparato sulla vita

 

Ho imparato che non importa quanto sia buona una persona, ogni tanto ti ferirà.

E per questo, bisognerà che tu la perdoni.

Ho imparato che ci vogliono anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per distruggerla.

Ho imparato che non dobbiamo cambiare amici, se comprendiamo che gli amici cambiano.

Ho imparato che le circostanze e l'ambiente hanno influenza su di noi,

ma noi siamo responsabili di noi stessi.

Ho imparato che, o sarai tu a controllare i tuoi atti, o essi controlleranno te.

Ho imparato che gli eroi sono persone che hanno fatto ciò che era necessario fare,

affrontandone le conseguenze.

Ho imparato che la pazienza richiede molta pratica.

Ho imparato che ci sono persone che ci amano,

ma che semplicemente non sanno come dimostrarlo.

Ho imparato che a volte, la persona che tu pensi ti sferrerà il colpo mortale quando cadrai,

è invece una di quelle poche che ti aiuteranno a rialzarti.

Ho imparato che solo perché qualcuno non ti ama come tu vorresti,

non significa che non ti ami con tutto se stesso.

Ho imparato che non si deve mai dire a un bambino che i sogni sono sciocchezze:

sarebbe una tragedia se lo credesse.

Ho imparato che non sempre è sufficiente essere perdonato da qualcuno.

Nella maggior parte dei casi sei tu a dover perdonare te stesso.

Ho imparato che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato;

il mondo non si ferma, aspettando che tu lo ripari.

Ho imparato che forse Dio vuole che incontriamo un po' di gente sbagliata prima di incontrare quella giusta,

così quando finalmente la incontriamo, sapremo come essere riconoscenti per quel regalo.

Ho imparato che quando la porta della felicità si chiude, un'altra si apre,

ma tante volte guardiamo così a lungo a quella chiusa,

che non vediamo quella che è stata aperta per noi.

Ho imparato che la miglior specie d'amico è quel tipo con cui puoi stare seduto in un portico

e camminarci insieme, senza dire una parola,

e quando vai via senti che è come se fosse stata la miglior conversazione mai avuta.

Ho imparato che non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo,

ma è anche vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima che arrivi.

Ho imparato che ci vuole solo un minuto per offendere qualcuno,

un'ora per piacergli, e un giorno per amarlo,

ma ci vuole una vita per dimenticarlo.

Ho imparato a non cercare le apparenze perché possono ingannare.

Ho imparato a non cercare la salute perché anche quella può affievolirsi.

Ho imparato a cercare qualcuno che mi faccia sorridere

perché ci vuole solo un sorriso per far sembrare brillante una giornataccia.

Ho imparato a trovare quello che fa sorridere il mio cuore.

Ho imparato che ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto,

che vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero!

 

E tu:

impara a sognare ciò che ti va; vai dove vuoi; sii ciò che vuoi essere,

perché hai solo una vita e una possibilità di fare le cose che vuoi fare.

Impara che puoi avere abbastanza felicità da renderti dolce,

difficoltà a sufficienza da renderti forte,

dolore abbastanza da renderti umano, speranza sufficiente a renderti felice.

Impara a metterti sempre nei panni degli altri.

Se ti senti stretto, probabilmente anche loro si sentono così.

Impara che le più felici delle persone, non necessariamente hanno il meglio di ogni cosa;

soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino.

Impara che l'amore comincia con un sorriso, cresce con un bacio e finisce con un the.

Impara che il miglior futuro è basato sul passato dimenticato,

non puoi andare bene nella vita prima di lasciare andare i tuoi fallimenti passati e tuoi dolori.

 

E sappi una cosa:

Quando sei nato, stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano.

Vivi la tua vita in modo che quando morirai,

tu sia l'unico che sorride e quelli intorno a te a piangere.

 

Paulo Coelho

Paulo Coelho, ma dove?

 

Sissignora! E se la cerchi la trovi anche sul web abbastanza facilmente!

Comunque io ce l'ho su un libretto di poesie di autori vari intitolato "Parole di Pace" edizioni PIEMME Pocket anno 2002, 298 pagine. Seconda ristampa anno 2007.

parole_alate

No, no, capiamoci: il tono non era ironico o incredulo, volevo semplicemente sapere in quale dei suoi libri era scritto. Mi rendo conto rileggendolo che poteva essere frainteso, ma non era per nulla mia intenzione. Davvero.

parole_alate

Il sissignora però era forte.   :rotfl:

 

Comunque:

 

Non chiedere, o Leuconoe (è illecito sapero) qual fine

abbiano a te e a me assegnato gli dei,

e non scrutare gli oroscopi babilonesi. Quant’è meglio accettare

tutto ciò che sarà! Siano molti gli inverni assegnati da Giove,

oppure sia l'ultimo quello che ora affatica il mare Tirreno

contro gli scogli: sii saggia, filtra i vini, tronca

lunghe speranze per la vita breve. Parliamo e intanto fugge l’astioso

tempo. Afferra l’oggi, credi al domani quanto meno puoi.

 

Quinto ORAZIO Flacco

 

 

Questa piccola ode è per me fantastica. Non è la solita poesiola in latino che tiri fuori per farti bella nel circolo di amici colti. E' vera poesia: il significato che le dai cambia e cresce con te, e poi misurare i tuoi cambiamenti nei suoi. Sa trasformarsi, pur nella sua semplicità.

Guest liverpool

Molte sono le cose tremende

ma nulla è più tremendo dell'uomo,

che valica il mare candido di schiuma,

al soffio tempestoso del vento del Sud,

fendendo il fragore delle onde,

e travaglia al giro degli aratri, di anno in anno,

la più eccelsa tra gli dei,

la Terra eterna, infaticabile,

e la rivolta con la stirpe dei cavalli.

 

E serrandoli nei lacci delle reti,

l'uomo con mente accorta,

cattura la razza spensierata degli uccellli,

e i popoli delle fiere selvagge

e le creature marine;

e con le sue astuzie

domina gli animali selvaggi che vagano sui monti,

e aggioga per il collo

il cavallo crinito, il toro infaticabile, montano.

 

E apprese la parola

e il vento del pensiero

e l'impulso al vivere civile

e come fuggire i dardi a cielo aperto

dal gelo inospitale, dai rovesci di pioggia,

moltiplicando le sue risorse.

Mai senza risorse

affronta il futuro, e soltanto dall'Ade

non avrà scampo;

ma ha inventato rimedi

a malattie inguaribili.

 

Oltre ogni speranza

signoreggia l'intelligenza

che escogita risorse,

e inclina ora al male, ora al bene:

e si innalza nella città

quando serba rispetto per le leggi

e per la giustizia giurata nel nome degli dei.

Ma è fuori dalla città

chi frequenta il male

per compiacere la sua audacia temeraria.

Stia lontano dal mio focolare,

stia lontano dalla mia amicizia,

colui che agisce in questo modo!

 

 

 

Sofocle  Antigone  (II coro)

parole_alate

Wow! Sembra che abbiamo scovato un classicista... bene, bene.

 

CONGEDO DEL VIAGGIATORE CERIMONIOSO

 

Amici, credo che sia

meglio per me cominciare

a tirar giù la valigia.

Anche se non so bene l'ora

d'arrivo, e neppure

conosca quali stazioni

precedano la mia,

sicuri segni mi dicono,

da quanto m'è giunto all'orecchio

di questi luoghi, ch'io

vi dovrò presto lasciare.

 

Vogliatemi perdonare

quel po' di disturbo che reco.

Con voi sono stato lieto

dalla partenza, e molto

vi sono grato, credetemi

per l'ottima compagnia.

 

Ancora vorrei conversare

a lungo con voi. Ma sia.

Il luogo del trasferimento

lo ignoro. Sento

però che vi dovrò ricordare

spesso, nella nuova sede,

mentre il mio occhio già vede

dal finestrino, oltre il fumo

umido del nebbione

che ci avvolge, rosso

il disco della mia stazione.

 

Chiedo congedo a voi

senza potervi nascondere,

lieve, una costernazione.

Era così bello parlare

insieme, seduti di fronte:

così bello confondere

i volti (fumare,

scambiandoci le sigarette),

e tutto quel raccontare

di noi (quell'inventare

facile, nel dire agli altri),

fino a poter confessare

quanto, anche messi alle strette

mai avremmo osato un istante

(per sbaglio) confidare.

 

(Scusate. E una valigia pesante

anche se non contiene gran che:

tanto ch'io mi domando perché

l'ho recata, e quale

aiuto mi potrà dare

poi, quando l'avrò con me.

Ma pur la debbo portare,

non fosse che per seguire l'uso.

Lasciatemi, vi prego, passare.

Ecco. Ora ch'essa è

nel corridoio, mi sento

più sciolto. Vogliate scusare.)

 

Dicevo, ch'era bello stare

insieme. Chiacchierare.

Abbiamo avuto qualche

diverbio, è naturale.

Ci siamo - ed è normale

anche questo – odiati

su più d'un punto, e frenati

soltanto per cortesia.

Ma, cos'importa. Sia

come sia, torno

a dirvi, e di cuore, grazie

per l'ottima compagnia.

 

Congedo a lei, dottore,

e alla sua faconda dottrina.

Congedo a te, ragazzina

smilza, e al tuo lieve afrore

di ricreatorio e di prato

sul volto, la cui tinta

mite è sì lieve spinta.

Congedo, o militare

(o marinaio! In terra

come in cielo ed in mare)

alla pace e alla guerra.

Ed anche a lei, sacerdote,

congedo, che m'ha chiesto se io

(scherzava!) ho avuto in dote

di credere al vero Dio.

 

Congedo alla sapienza

e congedo all'amore.

Congedo anche alla religione.

Ormai sono a destinazione.

 

Ora che più forte sento

stridere il freno, vi lascio

davvero, amici. Addio.

Di questo, sono certo: io

son giunto alla disperazione

calma, senza sgomento.

 

Scendo. Buon proseguimento.

 

Giorgio CAPRONI

 

 

PS: Scusate. Questa era un po' lunghina, ma così semplice e bella che non ho resistito alla tentazione di postarla. La prossima, comunque, sarà una vera chicca.

Guest liverpool

Tu scrutando mi penetri Signore

 

 

io mi levi o riposi tu lo sai

 

Tu scorgi il mio pensiero di lontano

T'insinui nel mio andare e nel mio stare

 

L'intimo di ogni mia abitudine tu sei

Appena un suono mi vibri in bocca

Tutto il discorso mio é già da te inteso

 

Tu da tergo m'incalzi mi combatti di fronte

E la tua mano di sopra mi preme

 

Oh conoscenza per me troppo arcana

La cui altezza io non posso attingere!

 

Smagliarmi dal tuo Soffio come potrei?

Dove mai del tuo Volto mi spoglierei?

 

Scalo il cielo e la tu già sei

Mi calo tra i morti eccoti

 

Piglio le ali dell'aurora

Mi poso là dove confina il mare

 

Anche laggiù mi tiene la tua mano

E' la tua destra che mi racchiude

 

Quando la tenebra mi morde dico

Attorno a me tutto é fatto notte

 

Ma non c'é tenebra che per te sia oscura

Per te la notte splende come il giorno

 

Oh mirabile fonte di prodigi

Sii ringraziato!

 

Che io m'imbeva di conoscenza

Delle tue opere prodigiose

 

Creatore dei miei reni!

Tu eri nel ventre di mia madre

E una tenda per me cucivi

 

Non c'era del mio corpo

Che si andava formando arcanamente

Segmento che tu ignorassi

 

Grumo informe mi videro i tuoi occhi

E già nel Libro tuo ero tutto scritto

 

Troppo é l'intrico dei tuoi pensieri

Più fitti a noverare che la rena

Irragiungibili le loro essenze

 

Uscii dal sogno e ancora

Sentivo che mi avvolgevi

 

 

Uccidi gli empi Dio mio!

Scioglimi dal loro abbraccio sanguinoso!

 

Usano la tua parola per mentire

Il tuo Nome per fare il male

 

Non devo odiare chi odia te Signore?

E avere orore dei tuoi nemici?

Io li odierò di un odio assoluto

Nemici anche miei saranno

 

Sondami o Dio e penetra il mio cuore

Scrutami fino in fondo nel pensiero

 

Vedi se in me sia la distorta via

Addirizzami tu all'eterna Via

 

 

 

Salmo 139  (dalla Bibbia) nella traduzione di Guido Ceronetti.

 

 

Sarei grato a chi volesse aggiungere un suo commento a questo salmo, che devo presentare in un corso su mistica e letteratura agli studenti della facoltà di Lettere della città in cui vivo. Si tratta di un componimento in grado di suscitare molti sentimenti e quindi spero di raccogliere dei validi commenti.  Grazie.

Il lonfo

 

Il lonfo non vaterca nè gluisce

e molto raramente barigatta,

ma quando soffia il bego a bisce bisce

sdilenca un poco, e gnagio s'archipatta.

E' frusco il lonfo! E' pieno di lupigna

arrafferia malversa e sofolenta!

Se cionfi ti sbiduglia e t'arrupigna

se lugri ti botalla e ti criventa.

Eppure il vecchio lonfo ammargelluto

che bete e zugghia e fonca nei trombazzi

fa lègica busìa, fa gisbuto;

e quasi quasi in segno di sberdazzi

gli affarferesti un gniffo. Ma lui zuto

t'alloppa, ti sbernecchia; e tu l'accazzi.

 

Fosco MARAINI

---questo amore---

 

 

Questo amore

Questo amore

Cosi violento

Cosi fragile

Cosi tenero

Cosi disperato

Questo amore

Bello come il giorno

E cattivo come il tempo

Quando il tempo è cattivo

Questo amore cosi vero

Questo amore cosi bello

Cosi felice

Cosi gaio

E cosi beffardo

Tremante di paura come un bambino al buio

E cosi sicuro di sé

Come un uomo tranquillo nel cuore della notte

Questo amore che impauriva gli altri

Che li faceva parlare

Che li faceva impallidire

Questo amore spiato

Perché noi lo spiavamo

Perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato

Perché noi l'abbiamo perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato

Questo amore tutto intero

Ancora cosi vivo

E tutto soleggiato

E tuo

E mio

E stato quel che è stato

Questa cosa sempre nuova

E che non è mai cambiata

Vera come una pianta

Tremante come un uccello

Calda e viva come l'estate

Noi possiamo tutti e due

Andare e ritornare

Noi possiamo dimenticare

E quindi riaddormentarci

Risvegliarci soffrire invecchiare

Addormentarci ancora

Sognare la morte

Svegliarci sorridere e ridere

E ringiovanire

Il nostro amore è là

Testardo come un asino

Vivo come il desiderio

Crudele come la memoria

Sciocco come i rimpianti

Tenero come il ricordo

Freddo come il marmo

Bello come il giorno

Fragile come un bambino

Ci guarda sorridendo

E ci parla senza dir nulla

E io tremante l'ascolto

E grido

Grido per te

Grido per me

Ti supplico

Per te per me per tutti coloro che si amano

E che si sono amati

Sì io gli grido

Per te per me e per tutti gli altri

Che non conosco

Fermati là

Là dove sei

Là dove sei stato altre volte

Fermati

Non muoverti

Non andartene

Noi che siamo amati

Noi ti abbiamo dimenticato

Tu non dimenticarci

Non avevamo che te sulla terra

Non lasciarci diventare gelidi

Anche se molto lontano sempre

E non importa dove

Dacci un segno di vita

Molto più tardi ai margini di un bosco

Nella foresta della memoria

Alzati subito

Tendici la mano

E salvaci.

Francesco Petrarca, Sonetto Proemiale. (Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono)

 

Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono

di quei sospiri ond'io nudriva 'l core

in sul mio primo giovenile errore

quand'era in parte altr'uom da quel ch'i' sono,

 

del vario stile in ch'io piango e ragiono

fra le vane speranze e 'l van dolore,

ove sia chi per prova intenda amore,

spero trovar pietà, nonché perdono.

 

Ma ben veggio or sì come al popol tutto

favola fui gran tempo, onde sovente

di me medesmo meco mi vergogno;

 

e del mio vaneggiar vergogna è 'l frutto,

e 'l pentersi, e 'l conoscer chiaramente

che quanto piace al mondo è breve sogno.

 

 

Francesco Petrarca, La gola e 'l somno et l'otiose piume

 

La gola e 'l somno et l'otïose piume

ànno del mondo ogni vertú sbandita,

ond'è dal corso suo quasi smarrita

nostra natura vinta dal costume;

 

et è sí spento ogni benigno lume   

del ciel, per cui s'informa humana vita,

che per cosa mirabile s'addita

chi vòl far d'Elicona nascer fiume.

 

Qual vaghezza di lauro, qual di mirto?

Povera et nuda vai philosophia,     

dice la turba al vil guadagno intesa.

 

Pochi compagni avrai per l'altra via:

tanto ti prego piú, gentile spirto,

non lassar la magnanima tua impresa.

 

Cheers!

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