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essere ma non definirsi lesbiche


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TheWhiteSwan

io sono tutt'ora innamorata di una ragazza.. la mia ragazza..e andrei di certo a convivere con lei.. ma.. ok forse è solo perchè è la prima volta che sto con una ragazza, ma ..mi fa comunque strano.. dopo che..per 20 anni mi hanno inculcato in testa l'idea della famiglia mulino bianco con maritino e figlioletti...

sarà questione di tempo.. sarà che devo abituarmi.. ma resta il fatto che la trovo una vita "diversa" quella che devo affrontare..e che, sono sicura per i miei sia una delusione..anche se minima..data la mia felicità..

vedremo!

 

Ogni libertà comprende sempre anche la libertà di non avvalersene: avere la libertà di mostrare la propria identità sessuale significa anche essere liberi di non mostrarla.

rischia di finire in un ragionamento circolare: la libertà di mostrare la propria omosessualità è la conseguenza e non la premessa di un'evoluzione sociale in cui si arriva a una situazione omogeneità tale tra i diversi orientamenti da poter scegliere liberamente.

Ma poi soprattutto parliamo del fatto che certe persone sono cosi' visibilmente lesbiche, che invocare la "scelta" di non fare coming out diventa veramente una barzelletta. Se vuoi stare nascosta e tenere segreta la tua sessualita' allora vestiti anche di conseguenza. No che ti manca solo la parola "lesbica" scritta in fronte pero' scegli di non discutere la tua sessualita' perche' "sono affari tuoi". Un po' di coerenza per favore.

 

Io ho l'aspetto fisico della classica "insospettabile" e questo giocherebbe a mio estremo favore se fossi una di quelle persone che non vogliono esporsi.

@Sweet: non è un pochino estrema l'osservazione sul modo di vestire?

Quello che dovrebbe spingere a fare co dovrebbe essere il desiderio di non autocensurarsi, un bisogno interiore, non il fatto che ci sono altri fattori esteriori che ti "outano"...

Certo, essere insospettabili può essere una bella palla (es.: -sai, sono lesbica- -non ci credo! - ho detto "lesbica", non "elefante viola", e così via), ma non credo che tu intendessi che se una lo è può evitare il co più comodamente, vero? :naa:

Non trovo sia estrema... io trovo sia incoerente attaccarsi tanto a una parola (o meglio, a non voler usare una certa parola) e poi a portare i segni di quella "condizione" sul proprio corpo... come se una persona senza capelli si rifiutasse di definirsi "calva"... o una persona con gli occhiali si rifiutasse di definirsi "miope"... usiamo parole e definizioni ogni giorno della nostra vita, ma le uniche che ci danno fastidio, sono quelle riferite alla sfera della sessualita' perche' e' un campo talmente delicato che siamo tutti diversi e ad alcune persone da' fastidio sentirsi accomunare sotto uno stesso fascio... questo e' stupido. Non dovrebbe dar fastidio che un gruppo di persone si raggruppino sotto il termine "lesbica", perche' e' SCONTATO che all'interno di quel gruppo esisteranno migliaia di identita' e personalita' diverse... ma intanto pero' lesbica definisciti!!

 

Io non sto dicendo che le femme evitano il coming out piu' comodamente, perche' non voglio assolutamente spingere nessuno o piantargli un seme d'idea in testa che sia giusto o desiderabile evitare il coming out... dico solo che A ME e' stato detto "che culo che sei femme, cosi' non devi fare coming out se non vuoi" cosi' come su questo forum da un'utentessa e' stato scritto "per fortuna che sono femme cosi' non si capisce che sono gay"... non e' che io lo intendessi/non lo intendessi, e' che per quanto sia agghiacciante, c'e' gente che effettivamente la pensa cosi'!!!

In quel senso, le sgamabili neanche hanno bisogno, spesso, di discutere la loro sessualità, quindi possono permettersi di non farlo :P

Sono convinta che quando passeggio per strada con la mia ragazza, che è visibilmente butch, a meno che non vuoi avere i prosciutti sugli occhi lo intuisci che siamo queer. Poi noi facciamo CO praticamente sempre anche a parole, per esserne sicure, però non penso che ce ne sarebbe effettivamente bisogno come per una coppia di femme (che dio ce ne scampi magari vengono passate per BFF fauxmosexual).

 

E devo dire che se capisco qualcuno di confuso in realtà sono le persone androgine: ho un amico che è sembrato una ragazza per tutta la vita, l'hanno sempre preso in giro dandogli del frocio, praticamente lui le sue esperienze le ha fatte paradossalmente più per peer pressure che altro, e finché non ha provato anche con le ragazze non l'ha mica capito che era etero. Però in retrospettiva ha avuto ragione a non definirsi gay e a tergiversare per quei cinque-sei anni di comprensione di sé. Anche perché di anni ne aveva 15 e non 30, diciamolo, non è come certi elementi di cui stiamo parlando qui, ma comunque mostra un altro lato della questione...

toraepantote

A meno che il "principio" non valga più della "persona":

Obbligare, pretendere, spingere qualcuno a manifestare la propria omosessualità sorvolando sulla situazione personale del singolo è presuntuoso. Inculcare l'idea che tutti debbano uscire allo scoperto "a tutti i costi", in ogni luogo e ambito (familiare, lavorativo, ecc...) in nome di una comunità, mi suona come scarsa attenzione verso la persona.

Non tutti sono nelle condizioni di farlo.

Su questo tema dovrebbe essere condiviso il principio di libertà personale, a tutela del proprio benessere (soprattutto psicologico). Sorvolare su questo aspetto e minimizzarlo porta alla grossolana conclusione che tutti coloro che "si nascondono" sono dei codardi smidollati (certamente esistono anche loro!) e finiamo con lo svalutare e perdere di vista le infinite, diverse e peculiari realtà che ogni persona si ritrova a vivere.

scusami sweet ma il tuo più che un "incoraggiare" mi sembra tanto un voler giudicare. Non è che tutti vivono le stesse situazioni quindi ok, incoraggiamo a fare coming out, incoraggiamo a non vergognarsi di se stessi ma senza esagerare perchè già una persona (soprattutto all'inizio) vive questa situazione con difficoltà, se poi ci mettiamo pure noi a non accettarle (perchè il tuo ragionamento mi suona tanto di non accettare chi non fa coming out) allora siamo alla frutta. Tu dici un po' di coeranza x favore e hai ragione, ma io dico anche "un po' di comprensione x favore".

Per me il “non definirsi” e il “non rivelarlo a tutti” sono due concetti distinti.

Io sono la prima a non averlo detto a tutti i nuovi miei amici e non andare a dire che sono lesbica a chiunque incontro. Sono una abbastanza riservata e, al di là di qualche battuta ogni tanto, non parlo facilmente di certe cose. Perciò non credo che spingerei qualcuno a fare CO senza considerare la sua situazione personale e penso che non giudicherei codarda una persona che non lo fa (nonostante se si decide una cosa del genere lo si fa al 90% per paura :sorriso:).

 

Eppure continuo ad essere convinta che definirsi sia fondamentale: è qualcosa che ha a che fare con se stessi prima che con la società o la famiglia o il papa o chi più ne ha più ne metta! Permette di prendere coscienza di sé e di tutto ciò che ci riguarda. In questo caso parlo anche dei problemi sociali legati alla definizione di “omosessuale”, e in questa ottica ritengo importante identificarsi nella comunità gay. Ma con ciò non intendo affatto che una volta accettato di far parte di questa realtà si debba per forza partecipare attivamente in favore della causa.

Credo soltanto che se una persona si rifiuta categoricamente di definirsi snobberà in toto i problemi che in verità sono anche suoi e non deciderà mai se interessarsi o meno di una questione... non se ne interesserà a priori!

Boh, so che alla fine dei conti a livello pratico non cambia nulla e direte: ok, questa è cretina! Ma io trovo molto importante il poter scegliere cosa fare e ciò deriva direttamente, secondo me, da una buona coscienza di sé e quindi dalle definizioni che diamo di noi. ^_^

 

 

scusami sweet ma il tuo più che un "incoraggiare" mi sembra tanto un voler giudicare. Non è che tutti vivono le stesse situazioni quindi ok, incoraggiamo a fare coming out, incoraggiamo a non vergognarsi di se stessi ma senza esagerare perchè già una persona (soprattutto all'inizio) vive questa situazione con difficoltà

Infatti se rileggi il topic, si parla di gente che ha convissuto con donne per anni, che l'ultima relazione avuta con un uomo la vedono solo col binocolo e che quindi non hanno la giustificazione de "e' un nuovo sviluppo della mia vita al quale mi devo abituare e che devo capire in che modo influenzera' la mia vita da adesso in poi".

NESSUNO dice e nessuno ha mai detto che fare coming out tre secondi dopo aver intuito di essere lesbica sia l'unica soluzione corretta ed ammissibile. Ma quando passano le settimane, i mesi e gli anni, secondo me il coming out smette di essere un diritto e diventa un dovere morale.

 

Per me il “non definirsi” e il “non rivelarlo a tutti” sono due concetti distinti.

Questo e' molto vero, pero' hai notato come di solito le due cose vanno di pari passo? Non tanto in entrambi i versi - molte persone che decidono di non fare CO si definiscono dentro di se' come lesbiche, ma il 99% di quelle che non si definiscono sono anche forti sostenitrici del "no al coming out".

Credo soltanto che se una persona si rifiuta categoricamente di definirsi snobberà in toto i problemi che in verità sono anche suoi e non deciderà mai se interessarsi o meno di una questione... non se ne interesserà a priori!

 

Mah. mi sembra un discorso un po' contorto. L'arcigay di Bari è diretto da un eterosessuale. Chiunque può lottare per una causa se la ritiene valida, anche se non ne è coinvolto in prima persona (lui che è etero lotta per la comunità gay). Io lotto per i diritti degli animali, eppure non sono un animale. Alcuni uomini lottano per i diritti delle donne eppure non sono donne. Quindi dire che definirsi gay aiuta a lottare per i diritti dei gay mi sembra giusto fino a un certo punto.

 

Ma quando passano le settimane, i mesi e gli anni, secondo me il coming out smette di essere un diritto e diventa un dovere morale.

Il dovere morale di un'altra persona non siamo noi a stabilirlo.

Beh oddio allora non dovrebbero esistere leggi, divieti, ne' il buonsenso generale. Mi sembra un'affermazione quantomeno estrema.

 

Le nostre leggi oggi non sono regole morali, ma giuridiche, ovvero, tecnicamente, "regolano i rapporti fra soggetti... definiscono i confini dei rispettivi interessi... tutelano beni e valori ad essi comuni".

Perciò concordo con Divine, non siamo noi a stabilire il "dovere morale" delle persone. Personalmente ho un orientamento abbastanza relativista, perciò credo che la morale non stia scritta da nessuna parte in senso assoluto; e le regole derivano da meri accordi. (Questa divagazione è leggermente OT e non intendo proseguire sul tema, mi serviva solo per spiegare come mai l'obiezione di Sweet non mi pare sufficiente a controbattere la frase che ha quotato.)

Mah. mi sembra un discorso un po' contorto. L'arcigay di Bari è diretto da un eterosessuale. Chiunque può lottare per una causa se la ritiene valida, anche se non ne è coinvolto in prima persona (lui che è etero lotta per la comunità gay). Io lotto per i diritti degli animali, eppure non sono un animale. Alcuni uomini lottano per i diritti delle donne eppure non sono donne. Quindi dire che definirsi gay aiuta a lottare per i diritti dei gay mi sembra giusto fino a un certo punto.

Hai ragione. Nessuno mi vieta di occuparmi di questioni che non mi riguardano personalmente: ho amici etero che sono sensibili ai diritti gay. In generale credo che le persone tendano a pensare a ciò che le tocca da vicino, ma chiaramente non tutti sono così egocentrici da ignorare completamente gli altri. ^_^

 

 

Guarda, è un discorso contorto perché parlo da ignorante e sto cercando di farmi un'idea di come può funzionare la cosa. Di sicuro sono di parte e assolutamente poco obiettiva, dato che anch'io sono passata per queste perifrasi, ma non voglio certo pretendere di avere la verità assoluta in mano. :sorriso: Sicuramente è perché non capisco tutti i motivi che possono portare a non definirsi, ma quando penso a qualcuno che non si definisce io credo che lo faccia principalmente perché ha “qualche problema” con questa definizione.

Non dico tanto problemi ad accettarsi perché non so se, sempre parlando di donne che hanno lunghe relazioni con altre donne, si possa dire che non si siano accettate. Penso che si tratti più di trovare scomoda la definizione di lesbica. Può essere una scomodità sociale e qui parte anche la tiritera sul CO (e forse capisco perché, Sweet, dici che le due cose sono legate) oppure... boh, magari è scomoda a livello personale perché non vogliamo sentirci tirati in causa quando si parla di omosessualità. Ma magari anche questo è indice di una non accettazione di base, non saprei. :boh:

Cioè, in realtà non è che se una dice che è una persona che ama persone non si sia definita in qualche modo, semplicemente a me pare che, non mettendosi nello scatolone “lesbica”, non voglia prendere coscienza dei problemi e delle tematiche relative all'omosessualità. Affrontarli a livello personale intendo, non tanto combattere delle battaglie in nome della causa. Insomma mi sembra una posizione che manca di sincerità verso se stessi e di consapevolezza, proprio perché tutti sono persone che amano persone e questa è una definizione che non aggiunge nulla alla coscienza di sé.

 

 

 

guarda, io ho avuto un percorso molto complesso e tuttora non ho completato il mio percorso. Sono passata per varie fasi, tante fasi... e proprio perchè certe cose le ho vissute sulla mia pelle penso che ognuno di noi ha la libertà assoluta di prendersi il proprio tempo, di riflettere e di fare il proprio percorso senza stare a giudicare o a guardare le scelte altrui.

 

Non è che se tu (intendo tu in senso generale) ti definisci dopo due settimane o dopo tre mesi, lo debbano fare anche gli altri. Ok tu (sempre in senso generale) hai trovato la tua etichetta, buon per te, avrai la vita più facile. Ma io ho il mio percorso e il mio percorso è importante quanto il tuo.

Cioè, alla fine il metro con cui facciamo i nostri ragionamenti e le nostre argomentazioni siamo quasi sempre noi stessi ma dimentichiamo che non tutti hanno la stessa vita, le stesse esperienze ecc. Se tu la fai tanto facile, magari per un altro è più difficile.

 

Perciò parlare di "dovere morale" di fare Co, o accanirsi contro chi non si definisce tirando in ballo la lotta per i diritti civili o quanto altro... mi sembrano ragionamenti anche un po' indelicati, che tengono conto di un solo punto di vista. Se io faccio/non faccio una cosa c'è sempre un motivo dietro e finchè la mia scelta non lede te (in generale)o gli altri, io (in generale) sono libera di fare ciò che voglio, di definirmi o di non definirmi, di fare Co quando e con chi voglio... senza per questo ritenermi inferiore a chi lo fa subito, perchè io non sono te. Certo, uno può non accettarsi (e secondo me chi non si definisce obiettivamente o non si è accettato o ha ancora dei dubbi) ma anche per accettarsi ci vuole tempo, per alcuni. C'è chi si accetta subito e chi ha bisogno di tempo. E quindi? Io non vedo il problema, perchè so bene che non siamo tutti uguali.

E se vogliamo parlare del fatto di visibilità, di diritti civili.. ripeto, ognuno può lottare per qualcosa se ci crede, etero gay o quanto altro.

 

Poi bò, io la penso così...

x Sweet (scusate ma non mi fa più modificare e ho letto tardi la sua risposta): il paragone che hai fatto lo trovo assai poco calzante: le leggi di cui parli tu sono leggi che regolano la vita sociale. La nostra vita ognuno se la gestisce a modo proprio, come meglio crede. Le tue leggi sono le tue. Le leggi degli altri sono le loro e non è detto che le tue leggi vadano bene anche per gli altri.

Bene mi fa piacere sapere che se secondo la legge del mio cervello e' giusto torturare e uccidere i gattini allora tu non mi potrai dire niente perche' le tue leggi sono le tue e le mie sono le mie. Viva il caos! Ad ogni modo vediamo di chiarificare dove sta il disaccordo:

 

Perciò parlare di "dovere morale" di fare Co, o accanirsi contro chi non si definisce tirando in ballo la lotta per i diritti civili o quanto altro... mi sembrano ragionamenti anche un po' indelicati, che tengono conto di un solo punto di vista. Se io faccio/non faccio una cosa c'è sempre un motivo dietro e finchè la mia scelta non lede te (in generale)o gli altri,

 

La scelta di qualcuno di non fare coming out lede me eccome, innanzitutto, tanto per cominciare, per quale motivo mi devo fare il culo io per il bene di qualcun altro che apertamente si affretta subito a specificare che non e' come me, in quanto io lesbica sono una creatura "inferiore" a lei "persona che ama persone" che invece e' tanto piu' aperta di mente e non si pone restrizioni (parafraso quanto mi e' stato detto attraverso gli anni da ben piu' di una persona che ama persone - le quali MAI si fermano un attimo a constatare che, essendo tutti esseri umani, siamo TUTTI persone che amano persone e stanno praticamente affermando l'ovvio).

 

In secondo luogo, la scelta di non fare coming out e conseguente disinteresse di questa persona per le questioni politiche/diritti gay fa si' che i nostri numeri non saranno mai abbastanza nutriti, laddove ci sono file e file di preti che additano i registri battesimali per dire quaaaaaanti italiani sono membri della chiesa cattolica, quelle stesse persone stanno li' e guardano le statistiche di quanti gay dichiarati ci sono (nelle associazioni, in piazza ai pride) e poi usano quei numeri per dire che non ci devono essere leggi a favore dei gay perche' il numero dei gay e' talmente irrisorio da non giustificare queste leggi. Se non fate coming out, state appoggiando tutto questo, sappiatelo.

 

In terzo luogo, anche senza tirare in ballo politica, pride e manifestazioni, la scelta di qualcuno di non fare coming out lede la societa' perche' si sta rinunciando alla possibilita' di sensibilizzare qualcuno e fargli cambiare opinione in merito. Tutti questi cambi che vi auspicate dalla societa' italiana come aspettate che avvengano?? Visto che nessuno in Italia sembra accettare che il cambiamento deve partire dall'alto, ma tutti stanno ad aspettare che parta dal basso, allora AGITE. Il basso siamo noi. Se di dieci coming out uno fa cambiare idea a una persona, e' gia' una conquista. La gente che non fa coming out si lava completamente le mani di questa responsabilita', rinnega di poter avere una qualsiasi influenza sul mondo esterno. Se un giorno ci saranno leggi bene, se no sti cazzi, io per ora non muovo un dito. In questo modo lede me, lede la societa', nel senso che la lascia stagnare nello schifo che e', e non ha nessun interesse a farla cambiare in meglio.

Sono sostanzialmente d'accordo con sweet sulle motivazione per cui fare co e' un dovere morale. Continuo a pensare che ci sia un limite tra dovere morale e legge (torturare i gattini e' reato, non aiutare i poveri pur potendo no), ed e' stabilito dalla societa' e dalle costituzioni varie. Quindi per quanto io sia d'accordo non ho la forza io come cittadina per obbligare qualcuno a fare co. Posso solo sostenere che e' un dovere morale, e che cercare di convincere altri... Usando lo specchietto di sintesi di sweet ad esempio, senza spaccare la testa a nessuno.

  • 6 months later...
  • 2 months later...

Non condivido quello che dici... Io non credo che quella ragazza abbia problemi a definirsi lesbica semplicemente afferma di essere una persona che si è innamorata di un'altra persona. Se parti dal presupposto che una persona d'innamora o è attratta da un'altra persona per quello che è, per i suoi modi di pensare, per il suo modo di fare, per le emozioni che da, per la complicità che c'è, capirai bene che è giustissimo affermare quello che dice. Poi io ragazza posso anche sempre innamorarmi di ragazze, ma nn sta scritto da nessuna parte che sono lesbica. Io semplicemente mi trovo bene con certe persone e se ste persone so femmine amen. Anzi nel caso mio ben venga xD Io non avrei problemi a dire di essere lesbica, sono bisessuale tendente al lesbo, ma lo dico solo perchè con le donne ho più complicità e affinità.

Ma quindi cosa ci sarebbe scritto al posto di lesbica :huh: ?

il fatto è che non bisogna classificarsi per forza... avete presente l'astrazione? Ci sono persone che riescono solo a ragionare per concetti predefiniti, ma i concetti siamo noi umani che li diamo per semplificare la nostra conoscenza del reale, di ciò che ci circonda... Provate a immaginare di avere davanti agli occhi un fiore e provate a descriverlo semplicemente senza descriverlo utilizzando il nome della specie a cui appartiene. Fate lo stesso con le persone, semplicemente questo vorrei far capire...
il fatto è che non bisogna classificarsi per forza... avete presente l'astrazione? Ci sono persone che riescono solo a ragionare per concetti predefiniti, ma i concetti siamo noi umani che li diamo per semplificare la nostra conoscenza del reale, di ciò che ci circonda... Provate a immaginare di avere davanti agli occhi un fiore e provate a descriverlo semplicemente senza descriverlo utilizzando il nome della specie a cui appartiene. Fate lo stesso con le persone, semplicemente questo vorrei far capire...

 

Il definirsi attraverso delle etichette non è tanto questione di ricorrere a dei concetti predefiniti o di semplificare un fenomeno, quanto di indicare il nostro essere con un termine abbastanza univoco.

Se parlando mi riferissi ad ogni fiore secondo un dato iponimo (es. rosa) solo perché me lo ricorda, porterei avanti una sorta di equivoco e banalizzerei l'oggetto in questione; viceversa, non banalizzerei i fiori che presentano le caratteristiche della rosa e non correrei il rischio di creare equivoci.

Certo, potresti farmi presente che ogni oggetto o persona può differire da altro/e e quindi avere delle peculiarità rispetto al significato del termine utilizzato, ma il problema principale dell'abuso/mancato utilizzo delle etichette è proprio legato all'approssimazione o alla mancanza di contorni nella percezione di sé.

Non sono le etichette ad essere sbagliate, ma l'utilizzo spesso incauto che se ne fa.

Alla fine è una questione di accettazione. Non credo esista una persona che non attui delle classificazioni, anche riferendosi a sé. Peccato poi che arrivando nella sfera sessuale la vista si annebbi e, d'improvviso, classificarsi non si ritiene più necessario.

Capisco i disagi provocati da un CO ed anche il fastidio che nasce quando ci vengono appiccicate etichette in maniera leggera, però almeno con se stessi un po' di sincerità ci vorrebbe. Se tu ragazza ti innamori sempre di ragazze difficilmente puoi scappare da una etichetta, che alla fine tanto invisibile non è.

La capacità di astrazione usiamola per altro, con criterio.

Il definirsi attraverso delle etichette non è tanto questione di ricorrere a dei concetti predefiniti o di semplificare un fenomeno, quanto di indicare il nostro essere con un termine abbastanza univoco.

Se parlando mi riferissi ad ogni fiore secondo un dato iponimo (es. rosa) solo perché me lo ricorda, porterei avanti una sorta di equivoco e banalizzerei l'oggetto in questione; viceversa, non banalizzerei i fiori che presentano le caratteristiche della rosa e non correrei il rischio di creare equivoci.

Certo, potresti farmi presente che ogni oggetto o persona può differire da altro/e e quindi avere delle peculiarità rispetto al significato del termine utilizzato, ma il problema principale dell'abuso/mancato utilizzo delle etichette è proprio legato all'approssimazione o alla mancanza di contorni nella percezione di sé.

Non sono le etichette ad essere sbagliate, ma l'utilizzo spesso incauto che se ne fa.

Secondo me non tutto può essere classificato come univoco e tra le tante cose ci potrei mettere in mezzo anche il criterio con cui ci dedichiamo, scegliamo, viviamo e percepiamo il nostro ''oggetto d'amore''. Concedimi il termine ''oggetto d'amore'' che non preoccuparti non manca di rispetto e importanza... Quello che penso è che siamo estremamente condizionati dal nostro vissuto, dal contesto in cui ci troviamo in un certo dato momento per pensare che i sentimenti che proviamo o le nostre scelte più profonde siano governate solo da un assoluto movente che te definisci come ''univoco''.

Io non sto classificando tutto come univoco, ma indicando il ricorso a dei termini univoci per l'identificazione del proprio essere.

Nella lingua corrente, che piaccia o meno, una donna che è attratta sessualmente ed affettivamente solo da altre donne è indicata come "lesbica", il che permette a chi si sente tale di definirsi in quel modo e con buona pace di chi invece aborra le etichette.

 

Quello che penso è che siamo estremamente condizionati dal nostro vissuto, dal contesto in cui ci troviamo in un certo dato momento per pensare che i sentimenti che proviamo o le nostre scelte più profonde siano governate solo da un assoluto movente che te definisci come ''univoco''.

 

Univoco era legato ad altro, non alla/e ragione/i dell'orientamento.

Tra l'altro neanche escludo a priori l'eventualità di alcuni condizionamenti o fattori tali da incidere sulla sessualità (e, volendo, sull'orientamento in termini di pratica), ma non capisco perché non trarre delle conclusioni sulla lunga distanza ( = etichettarsi) e limitarsi invece a considerare ciò che siamo derivante dall'esterno.

E' per questo che ho parlato di utilizzo errato/mancato delle etichette: è indubbio come il definirsi prima del tempo possa comportare delle complicazioni inutili per chi non è certo del proprio essere, però dirsi "omosessuali" piuttosto che "attratti/e solo da persone del proprio sesso" non dovrebbe comportare problemi nel momento in cui si è già delineato un certo contorno e si omosessuali anche nella pratica; come scritto anche da @Kyos, si può girare intorno alle etichette ma a lungo andare, se si predilige in maniera spontanea un sesso o entrambi, difficilmente si può scappare alle stesse o ai significati che racchiudono.

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